Cavo e filo

Camilla Curcio
28/01/2022

Fili Usb, vecchie calze e giacche in pile consumate. Alla stilista Akinola Tega basta poco per creare calzature e accessori in grado di conquistare le fashion victim e la Generazione Z. Contribuendo a diffondere un messaggio di sostenibilità.

Cavo e filo

Non tutti i guai vengono per nuocere. Come dimostra la storia della stilista britannica Tega Akinola che, costretta dal lockdown a rimanere a casa e a mettere in pausa impegni e vita sociale, ha ritrovato nella sua vecchia camera un sacchetto pieno di cavi ethernet inutilizzabili. L’input che le serviva per dare sfogo alla creatività e sviluppare un’idea decisamente insolita. «Poco prima di buttarli, mi è venuta l’illuminazione», ha raccontato la 22enne in un’intervista a Vogue America. «Ho pensato di poterli adoperare per creare una calzatura particolare. E così, mi sono precipitata ad acquistare un tacco, ho incollato i pezzi di cavo e ho proseguito nel lavoro, costruendo il resto della struttura, fino a ottenere una scarpa fatta e finita».

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Tega Akinola, campionessa di riciclo

Le scarpe USB, che hanno riscosso grande successo tra i follower del suo profilo Instagram, sono state il terzo progetto di upcycling a cui si è dedicata, trasformando i materiali di scarto in vestiti e accessori nuovi di zecca. Un metodo che ha utilizzato, ad esempio, nella realizzazione di una mini borsa a partire da un vecchio pile Patagonia arancione, ispirata ai modelli firmati dalla designer sostenibile Nicole McLaughlin, e di una décolleté a punta coperta di rimasugli di calzettoni Nike ormai sdruciti. «Mi ispiro molto alle tendenze che rintraccio online. Avevo visto diverse persone dare nuova vita alle calze, trasformandole in indumenti o in un sacco di altre cose piuttosto curiose», ha spiegato. «Ma, nel mio scrolling online, non mi era mai capitato di trovare qualcuno che le adoperasse sulle sneaker o su scarpe più eleganti. È stato un primo esperimento: allora non ho tentato nulla di complesso, mi sono limitata a tagliare e incollare su una base già esistente».

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Un business nato da un hobby 

Da allora, quello che era iniziato come un semplice passatempo per combattere la noia della quarantena è diventato un vero e proprio business. Con un repertorio di articoli che richiamano molto lo stile personale di Akinola: sportivo, casual e perfettamente in linea coi gusti e con le esigenze della Generazione Z. Tutte caratteristiche che, sin da subito, hanno attirato un numero consistente di clienti. «Dopo aver messo la scarpa USB sui social, tante persone si sono messe in contatto con me per capire come ordinarle», ha sottolineato, «Inizialmente, mi sono sentita davvero sopraffatta. Non sapevo come smaltire quegli ordini. Poi, però, il marketplace APOC store mi ha contattato e mi hanno aiutato a capire come impostare e gestire tutto». 

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Tra formazione e restyling

Grazie ai consigli e alla formazione che ha ricevuto, è riuscita a costruirsi un network di conoscenze che le permette, a oggi, di rivolgersi facilmente alle aziende che si occupano di smaltimento di rifiuti elettrici e alle quali si rivolge quando non riesce a trovare tutto quel che le serve nei mercati dell’usato, sui siti di e-commerce come Depop e Ebay o nell’area marketing di Facebook. Iniziare a concepire la sua attività come un lavoro a tutti gli effetti ha implicato, ovviamente, anche una revisione dei processi di lavorazione e produzione dei capi, qualcosa a cui era stata abituata sin dall’infanzia. «Mia mamma è una sarta e mio padre ha studiato graphic design, sono stata cresciuta in un ambiente creativo», ha aggiunto, «Mi sono sempre cucita molti vestiti da sola e, dal 2017, ho iniziato a postare i miei outfit sul web, arrotondando anche con qualche partnership come influencer. Quando ho deciso di vendere le mie creazioni, però, mi sono sentita in dovere di prepararmi e rivedere il mio approccio. Dovevo iniziare a pensare che quei prodotti non sarebbero stati solo miei, la gente li avrebbe indossati e si aspettava fossero resistenti e di buona qualità. Non era più un gioco».

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Un piccolo, grande passo verso la moda sostenibile

Oltre al feedback esterno, a spingerla a portare avanti quest’avventura è stato, sicuramente, il pensiero di poter contribuire nel suo piccolo alla sensibilizzazione del pubblico sulla sostenibilità. «Quando ho realizzato di avere l’occasione di poter ispirare i miei coetanei a essere più consapevoli rispetto a quel che comprano e a evitare lo shopping indiscriminato, mi sono responsabilizzata ulteriormente», ha concluso, «Non so quanto il mio lavoro impatterà in positivo sul pianeta ma se ognuno di noi facesse qualcosa, la moda avrebbe più chance di diventare un’industria eco-friendly e avviare meccanismi produttivi di gran lunga meno inquinanti».

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