Scomodo, urticante ma perentorio mandato trasmesso da Parigi a Torino e Detroit parlava chiaro: chiudere quanto prima i numerosi e a dir poco gli imbarazzanti contenziosi legali ancora aperti con la giustizia federale, statale e locale negli Stati Uniti, eredità della effervescente quanto turbolenta gestione di Sergio Marchionne alla Chrysler. A costo di perdere la faccia. E non solo quella. La nascita di Stellantis, ovvero la fusione di Psa e Fca effetto della vendita di quest’ultima alla prima, nelle intenzioni del suo amministratore delegato, il 62enne portoghese Carlo Tavares, doveva chiudere i fastidiosi capitoli aperti tra il 2009 e il 2018.

Le sanzioni della Sec sulle vendite gonfiate
La giustizia americana ha i suoi ritmi e rituali. Ma quando vuole, la sua tenacia e fermezza ignorano il calendario. Per liquidare le accuse della Securities and Exchange Commission (Sec), la Consob statunitense, di avere gonfiato i dati sulle vendite mensili di autoveicoli, FiatChrysler era stata costretta a sborsare 40 milioni di dollari. In precedenza, la casa automobilistica ne aveva pagati oltre 100 alla National Highway Traffic Safety Administration (Nhtsa), l’agenzia governativa che si occupa, tra l’altro, di sicurezza e consumi, per la gestione dei richiami di veicoli. Si trattò della più alta sanzione civile mai inflitta dall’autorità di Borsa. Chi sperava che quest’ultimo contenzioso fosse l’ultimo, si è dovuto amaramente ricredere. Tavares in testa. Che subito dopo si è trovato alle prese con una brutta storia di corruzione che ha visto protagonisti alti esponenti di FiatChrysler e i vertici dello United Automobile Workers (Uaw), il sindacato dei metalmeccanici americani, e che tocca molto da vicino lo stesso Marchionne e la sua immagine.
Processi per frode in corso sull’affaire del diesel
Il mese scorso, Sergio Pasini, 43enne ferrarese, Gianluca Sabbioni, 55enne di Sala Bolognese, e Emanuele Palma, 42enne abitante a Bloomfield Hills nel Michigan, a pochi chilometri di distanza dalla storica sede di Chrysler a nord di Detroit, tutti e tre collegati a M.V. Motori spa. di Cento (Fe), società di Fca che produce motori diesel, sono stati accusati di frode sulle emissioni. La contestazione non è nuova. Nel 2019 l’allora società anglo-olandese pagò oltre 800 milioni di dollari per risolvere una serie di cause civili. Nel comunicare le varie transazioni, a Fca fu consentito di affermare che non si era trattato di una frode intenzionale. Ma verosimilmente gli investigatori del ministero di Giustizia e dell’Fbi non si sono bevuti questa versione e non mollano la presa. Si vedrà quando la vicenda tornerà in un’aula di tribunale nel Michigan. Un grosso scorno per Tavares che non più tardi del 14 aprile, intervistato dal quotidiano Le Figaro insieme al ministro dell’Economia e delle finanze francese Bruno Le Maire, ha affermato per l’ennesima volta che l’industria mondiale dell’auto sta pagando un fortissimo pedaggio per i problemi causati “da uno solo dei nostri concorrenti”. Chiaro il riferimento a Volkswagen e al Dieselgate.

Il durissimo attacco a Marchionne di Automotive News
Curiosamente, Tavares ripete quanto sostenuto da Marchionne che lanciava strali contro le case tedesche – Vw in testa (i cui capi azienda notoriamente detestava) e non solo per lo scandalo sulle emissioni. Forse, l’ad di Stellantis dovrebbe rivedere la sua narrazione. Per quanto riguarda Marchionne, il settimanale di Detroit Automotive News ha provveduto a farlo con quella che accompagnava l’immagine dell’ex capo di Fca. In un editoriale del marzo scorso, il periodico ha analizzato lo scandalo che ha visto protagonisti alti dirigenti di FiatChrysler e i vertici del sindacato Uaw. Per mesi, Fca Us aveva ripetutamente e nervosamente negato che l’azienda avesse corrotto segretari generali, vicesegretari generali e funzionari del sindacato. La colpa era di si gole e isolate mele marce.
L’ombra della corruzione nel rapporto con i sindacati
Ma lo scorso marzo il responsabile degli affari legali di Fca Us, Chris Pardi, ha gettato la maschera e scritto al tribunale che Fca è colpevole per aver cospirato, violando il National Labor Relations Act. E ammettendo di aver incanalato più di 3,5 milioni di dollari in pagamenti illegali ad alti esponenti della Uaw, tra il 2009 e il 2016. Passa una settimana e, in un editoriale, Automotive News va giù pesante. “I risultati dell’indagine federale gettano un velo poco lusinghiero sulle relazioni insolitamente affettuose tra l’ex Ceo di Fca Sergio Marchionne e l’ex presidente della Uaw Dennis Williams. I loro abbracci nel 2015, all’inizio e alla fine delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale, avevano turbato molti membri del sindacato. L’accordo legale della scorsa settimana tra il ministero della Giustizia degli Stati Uniti e quella che in passato era Fiat Chrysler Automobiles avrebbe potuto essere molto diverso se Sergio Marchionne non fosse morto nel 2018…. Marchionne è stato l’amministratore delegato di Fca per l’intero periodo della cospirazione e, come qualsiasi fornitore in quegli anni poteva attestare, dalle casse della società certamente non usciva un milione di dollari – per non parlare di 3,5 milioni – senza la sua approvazione. Per cui è difficile credere che qualcuno più in basso nell’organigramma di Fca potesse aver approvato il pagamento del mutuo di 262 mila dollari dell’ex vicepresidente della Uaw, General Holiefield, senza la benedizione del suo amministratore delegato. Se Marchionne fosse vissuto, è probabile che gli stessi ostinati investigatori federali, che hanno giudicato la colpevolezza di 15 esponenti sindacali e dirigenti aziendali, oggi avrebbero messo sul banco degli imputati anche lui”.