I bookmaker non hanno dubbi: il ceo di Stellantis, il portoghese 62enne Carlos Tavares, non appena il divieto di licenziamento, individuale e collettivo, cesserà, non perderà tempo e ripagherà il maxi-prestito da 6,3 miliardi di euro ricevuto da Intesa Sanpaolo e all’80% garantito da Sace. Il perché è presto detto. Il gruppo automobilistico, con il portafoglio in Olanda e la testa a Parigi, per ottenere il finanziamento aveva dovuto ingoiare, per quanto riguarda gli investimenti in Italia per 5,2 miliardi, il divieto di delocalizzare e la piena occupazione fino al 2023.
Anche Marchionne restituì in anticipo i soldi a Obama
Una domanda d’obbligo è: Tavares imiterà Sergio Marchionne, il quale il 24 maggio 2011, davanti a un migliaio di dipendenti nello stabilimento di Sterling Heights, che è a una trentina di chilometri a Nord di Detroit e dove si produceva la berlina Chrysler 200 (fu un flop clamoroso tant’è che ebbe vita breve come la Dodge Dart), celebrò il “payback day”? Grazie all’intervento di alcune banche private, Marchionne restituì i prestiti al governo americano e a quello canadese per un totale di 7,6 miliardi di dollari comprensivi degli interessi maturati nel tempo con oltre sei anni d’anticipo. Il ceo italo-canadese, che fece distribuire spillette con il logo Chrysler e scritto “paid” e la data 24 maggio 2011 (rosso e blu e stelle per gli Stati Uniti e rosso e foglie d’acero per il Canada), ricevette il plauso dalla Casa Bianca per la «sorprendente capacità di recupero della Chrysler, un segnale forte di come sta risorgendo l’industria automobilistica americana». In Italia, invece, Marchionne era sotto schiaffo accusato di non fare seguire i fatti a continui roboanti annunci di investimenti. Tavares seguirà le orme di Marchionne che amava le luci della ribalta o preferirà tenere un low profile visto che i soliti bookmaker danno per certa la replica in Italia di quanto già sperimentato da Opel in Germania e Vauxhall in Inghilterra, ovvero importanti tagli di personale?