Tatyana Bakalchuk è da poco la donna più ricca di Russia, almeno stando alle recenti classifiche dei giornali economici che indicano il suo patrimonio attuale intorno ai 13 miliardi di dollari. All’inizio del 2021 ha infatti sorpassato Elena Baturina, oligarca della prima ora, vedova del potente sindaco Mosca Yuri Lushkov, che nella Russia degli Anni 90 era stato uno dei personaggi più effervescenti e discussi della politica e dell’economia. Si tratta anche di un passaggio generazionale, simbolico, tra la quasi 70enne vedova del borgomastro della capitale e la poco più che 40enne Bakalchuk, madre di quattro figli, self-made woman, astro nascente della new economy alla russa targata Vladimir Putin. Se Baturina aveva fatto infatti la sua fortuna sotto Boris Yeltsin, nel primo periodo della transizione postcomunista dopo il crollo dell’Urss, quella delle privatizzazioni selvagge e del turbocapitalismo, puntando su infrastrutture e finanza, Tatyana Bakalchuk è emersa invece nella fase putiniana, concentrandosi nel settore dell’e-commerce, e ora la sua Wildberries è un’azienda globale che dai mercati euroasiatici dell’ex Unione sovietica si sta spostando verso Occidente, un po’ ovunque in Europa e ovviamente, dall’inizio di quest’anno, anche in Italia.
Tatyana Bakalchuk, da insegnante a zarina dell’e-commerce
Leggenda vuole che nel 2004 l’allora 30enne insegnante di inglese alle prese con la prima maternità insieme con il marito Vladislav Bakalchuk, fisico informatico, avesse deciso di aprire un sito web per arrotondare il bilancio familiare. Tatyana, che di cognome da nubile fa Kim – viene infatti da una famiglia di coreani-russi – nel 2005 mise così in piedi Wildberries rivendendo sul mercato russo prodotti d’abbigliamento acquistati in Germania, in partnership con i cataloghi Otto e Quelle, allora colossi della vendita per corrispondenza che si stavano per arrendere allo strapotere di Amazon. Si narra che Tatyana scorrazzasse in metro con pacchi da ritirare o portare alla posta. Inizialmente usava la sua abitazione come magazzino, poi rapidamente il business si è allargato, anche perché di concorrenza non ce n’era. Amazon, infatti, non è mai arrivata in Russia. Oggi ha un catalogo di quasi 40 mila marche con 140 milioni di prodotti che coprono praticamente ogni settore ed è diventata leader del mercato online in Russia. Se 15 anni fa era nata come un’impresa familiare, adesso Wildberries conta oltre 50 mila dipendenti sparsi per ogni angolo del Paese, dal Caucaso all’Asia centrale. A partire dal 2020 è arrivata anche in Israele e in Europa, prima in Polonia, poi Slovacchia e Germania, infine Spagna, Francia e Italia. Lo scorso aprile è stata la volta degli Stati Uniti.

Le conoscenze di Balkalchuck arrivano fino a Sergey Tsoy, numero 2 di Rosneft
Il fatturato del 2020 è stato di circa 6 miliardi di dollari, praticamente raddoppiato rispetto al 2019 (+96%). L’anno della pandemia è stato quello del boom, sia per la società sia per la sua presidente. Miracolo nella Russia di Putin? Più o meno: la leggenda, a questo punto, va corretta. Tatyana Bakalchuk probabilmente qualche aiutino l’ha avuto, facilitata dalle conoscenze familiari che secondo il sito di inchiesta The Bell arrivano sino a Sergey Tsoy, manager nel settore logistica di Rosneft, il colosso statale del petrolio guidato da Igor Sechin, legato con doppio filo al Cremlino. Benché Tsoy e la moglie Anita (in realtà Anna Kim), abbiano sempre negato di avere a che fare con la scalata di Wildeberries, il sospetto che qualche facilitazione ci sia stata. Ciò che è certo è che comunque negli ultimi anni la schiva Bakalchuk, molto gelosa della sua vita privata, è entrata nel giro che conta e il business dell’e-commerce è diventato, per forza di cose, una fetta che fa gola a molti. Pare che abbia già rifiutato una proposta di acquisto da parte di Sistema, la holding del magnate Vladimir Yevtuschenko che controlla anche Ozon, altro gigante del commercio online in Russia. Il vantaggio di Bakalchuk e Wildberries è stato sicuramente quello di non aver trovato ostacoli in un settore non strategico dell’economia russa che sotto Putin ha visto un sempre maggiore accentramento sotto il controllo dello Stato. La Russia può essere sicuramente ancora un mercato dove si può assistere a vere storie di successo industriale, finanziario o commerciale di dimensioni nazionali o internazionali, a patto che non si vadano a intralciare i piani del Cremlino e del sistema oligarchico che lo sostiene su terreni delicati, come quello dell’energia o della sicurezza digitale. Altra cosa è la new economy che punta a far concorrenza ai giganti statunitensi: a casa propria meglio Wildberries che Amazon.