Un forum pubblico in cui dissezionare e criticare senza filtri la vita e le scelte delle influencer e delle star del web britanniche. Nato nel 2018, Tattle Life è diventato, in poco tempo, uno dei siti più cliccati nel Regno Unito, con oltre 43 milioni di visite soltanto negli ultimi sei mesi. Quella che, a primo impatto, sembrava essere l’ennesima piattaforma online di gossip, in realtà è un vero e proprio ricettacolo di odio. Dove i troll spadroneggiano e la cattiveria non ha limite.
Tattle Life, quando il pettegolezzo diventa cattiveria
Del forum si sa davvero poco, a partire dall’identità della fondatrice, la misteriosa Helen che, nell’unica intervista mai rilasciata a Lime Goss, blog affiliato a Tattle Life, ha difeso la sua creazione: «Non è altro che uno spazio per esprimere ragionevoli critiche nei confronti dei personaggi pubblici», ha dichiarato, «non si tratta di bullismo o crudeltà, quella gente sceglie consapevolmente di stare sotto i riflettori e di usare il proprio privato per fare soldi». Così i commentatori di Tattle si sentono liberi di attaccare le webstar su ogni fronte: dall’aspetto fisico alle relazioni sentimentali, passando per la gestione della casa, dei figli e della loro salute mentale. Ma non solo. Gli utenti non si sono limitati a esprimere giudizi velenosi e fuori luogo, ma sarebbero arrivati addirittura a contattare brand per sabotare partnership, segnalare alle autorità inesistenti violazioni dei protocolli anti-Covid e, cosa ancor più grave, contattare i servizi sociali per denunciare presunti maltrattamenti nei confronti dei bambini.
L’assenza di controllo e l’effetto del gossip sulla vita delle vittime
Quel che fa indignare le vittime è l’indifferenza delle autorità nei confronti di una gogna del genere. Mentre i politici chiedono ai social media un controllo più capillare degli iscritti e dei contenuti, Tattle prosegue la sua attività indisturbato. Chi lo frequenta è convinto che le webstar e gli influencer meritino il pubblico ludibrio. O, comunque, debbano imparare ad accettarlo come una delle controindicazioni del successo. Ma non sa quanto quelle parole possano fare male. Lo sa bene invece Abbie Draper, influencer 31enne di Glasgow. «Anche solo pensarci, mi fa venire da vomitare», ha raccontato in un’intervista al Guardian. Lo scorso febbraio, gli user del forum sono riusciti a rovinarle la nascita del primogenito, Blaise, prendendone di mira il nome. «Hanno iniziato a dare al neonato dei nomignoli», ha aggiunto. «Per mesi, non riuscivo più a chiamarlo per nome. Ero distrutta». Quello è stato solo l’inizio. Draper ha iniziato a soffrire di attacchi d’ansia, a non dormire più e a sospettare che tutti i suoi follower la spiassero.
I bersagli preferiti sono le donne
«Sfortunatamente, c’è una parte di Internet che va avanti solo grazie a questo», ha sottolineato l’antropologa digitale Crystal Abidin. L’analisi di un repertorio selezionato di argomenti di discussione su Tattle da parte del Centre for Countering Digital Hate ha rivelato che il 75 per cento delle pubblicazioni riguarda soggetti di sesso femminile. Di queste il 15 per cento contiene affermazioni misogine, il 12 per cento fake news e il 10 per cento pareri non richiesti sui rapporti familiari degli interessati. Un calderone di maldicenze che può portare a conseguenze irreparabili. «Leggere quella robaccia sul tuo conto diventa soffocante», ha ribadito la 28enne Hannah Farrington, spesso derisa per il suo fisico. «Dar vita a una piattaforma del genere è da squilibrati, la libertà di parola non c’entra nulla». E c’è chi teme anche che, a lungo andare, l’esasperazione finisca per condurre al suicidio.
Contro Tattle sono state fatte petizioni, interrogazioni parlamentari, denunce. Nulla però è andato a buon fine, se non qualche esposto per eliminare i contenuti diffamatori. Del tutto inutili sono stati anche gli sforzi per risalire alla fantomatica Helen. In un primo momento si pensava fosse il Ceo di un ente benefico per la salute mentale poi un nome pesante nel settore del beauty.