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Good Morning, Afghanistan

Il corto sepolto

In Afghanistan pittori, registi, librai e musicisti con l’avvento del nuovo regime hanno nascosto, distrutto o sotterrato le loro opere. Un modo per sottrarle alla furia iconoclasta dei talebani.

2 Ottobre 2021 09:582 Ottobre 2021 10:19 Giovanni Sofia

Negli occhi di molti scorrono ancora nitide le immagini dei Buddha di Bamiyan. Ci sono voluti secoli per costruirli e un paio di colpi di mortaio a portarseli via, mandando in frantumi, assieme a cumuli di pietre, una bella fetta di civiltà. Se l’Afghanistan da allora aveva cambiato pelle, il merito era stato anche degli artisti. Musica, libri, graffiti, cinema e teatri: la cultura nell’ultimo ventennio si era fatta largo anche tra le strade di Kabul, dove, dalla violenza sulle donne all’apertura verso altre religioni, anche diversi temi delicati erano stati progressivamente sdoganati. Un percorso graduale, bruscamente arrestato dal nuovo corso talebano. A spaventare è il ritorno al passato, la riesplosione fragorosa della follia iconoclasta. È il motivo per cui, prima che arrivi una legge a vietare esplicitamente la loro attività, in molti stanno correndo ai ripari.

C’è chi come Abdul Hai Farahmad, professore all’accademia di Belle arti, nel giardino sul retro di una vecchia casa nella capitale ha seppellito decine di sculture. Ha iniziato a Ferragosto, quando in Italia era corsa all’ombrellone e in Afghanistan la gente scappava verso l’aeroporto. «L’arte è haram per i talebani, illecita. Qualcosa da nascondere e occultare». Per lui invece, una passione da condividere con la figlia, Zahra Farahmand, 24 anni. Insieme lavoravano a una scultura umana di forma metallica: sarebbe stata la prossima opera, resterà a metà. Ad altre è andata addirittura peggio. «Le stiamo distruggendo, prima che lo facciano altri. Ogni colpo è una fitta al cuore, un dolore che infliggiamo a noi stessi». Gli ha fatto eco Sahraa Karimi. Pluripremiata, era stata la prima donna a dirigere l’Afgan film organization. Nemmeno a dirlo, non lo è più. «Crediamo in un modello d’arte in cui non ci siano controlli o censure. Dove gli autori siano liberi di esprimere estro e creatività».

If Taliban didn’t occupy Kabul; If Kabul didn’t fall; If……. We would have the 2th edition of Lajward National Film Festival these days…

Last year … still we had many dreams…#Afghanistan_National_Film_Award we engaged private sectors to become our sponsors… pic.twitter.com/xiAC9iMeez

— Sahraa Karimi/ صحرا كريمي (@sahraakarimi) September 30, 2021

ArtsLords, oltre 2 mila murales in giro per l’Afghanistan

I tempi evidentemente non sono tali. Duri anche per gli ArtLords, gruppo da duemila graffiti distribuiti in 23 province del Paese. Il più famoso capeggiava all’ingresso dell’ambasciata statunitense, omaggio alla prima orchestra femminile. Al suo posto ora spicca un’enorme bandiera dell’Emirato. Il presidente del comitato Omaid Sharifi, invece, dal 22 agosto è rifugiato un campo profughi ad Abu Dhabi. «Non realizzavamo solo murales, ma documentari, spettacoli teatrali e festival musicali. Adesso è tutto in rovina». L’arrivo dei talebani lo ha raccontato a Marketresearchtelecast.com: «Ero a Kabul, stavo dipingendo insieme alla mia squadra. in città si è scatenato il panico e noi siamo tornati verso la galleria. Lì, abbiamo distrutto da soli molti delle nostre opere, non volevamo che i talebani le vedessero».

 

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Da allora, al 15 agosto si si fanno continui riferimenti: è come se fosse scattata una nuova epoca. Zahra Farahmand la ricorderà per sempre, fu anche il giorno della sua laurea in Belle Arti. «Voglio pensare positivo, studiare, lavorare e imparare». Sonrisas y Lágrimas, come il nome di una compagnia teatrale che attraverso gli spettacoli denunciava terrorismo e violenza di genere. Hanno sposato la causa di Greta Thunberg, partecipato ai Fridays for future. La loro attività ha sbattuto sui talebani, sebbene anche prima non se la passassero benissimo: «Una volta quattro ragazzi e altrettante donne hanno dovuto lasciare la provincia di Kapisa, senza poter recitare a causa delle minacce ricevute», ha raccontato Abdul Basir, 23 anni. Gli stessi di Maryam Sadat che ha parlato alla testata di ritorno da una manifestazione sotto quello che prima era il ministero delle Donne e che è diventato della Propagazione della virtù e prevenzione del vizio. Non le importa se dall’otto settembre attività di quel tipo sono state bandite, la dignità vale di più: «Gridavamo Talebano, se vuoi uccidimi oggi. Domani potrebbe essere tardi».

Leggi anche: Chi è il rettore senza laurea dell’università di Kabul

Quadri seppelliti, film nascosti in località segrete

È il ritratto di uno scenario agghiacciante, in cui, spiega il Wasghinton post, gli artisti hanno seppellito quadri a soggetto femminile, i registi trasferito pellicole in località segrete. I librai nascosto le traduzioni della Bibbia in Dari e Pashto. «Se le troveranno, mi puniranno», spiega il titolare di un negozio. Ma la cultura deve sopravvivere: sono stati libri, film e musica negli ultimi vent’anni a imprimere una svolta cosmopolita all’Afghanistan. La nuova generazione di artisti è stata influenzata dalle tradizioni locali, ma anche da temi occidentali. Le band che suonavano ai matrimoni, intanto, hanno smesso di lavorare, poiché la musica, invisa al regime, è stata eliminata da molte feste nuziali. Come ha spiegato Bilal Karimi, portavoce dei talebani, il governo è al lavoro per capire cosa sia permesso o vietato. «Di certo, qualsiasi opera dovrà obbedire alla Sharia». Altro che estro e creatività.

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