L’arte rupestre è riuscita a sopravvivere più o meno indenne allo scorrere del tempo. Ma ora rischia di essere distrutta in pochi anni dagli effetti dell’emergenza ambientale. Nel corso di un convegno organizzato dalla Flinders University di Adelaide, archeologi e storici hanno analizzato i risultati del report compilato dal Gruppo Intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC). Il documento fotografa una situazione decisamente poco felice: secondo gli scienziati, infatti, il progressivo aumento della temperatura globale sta innescando fenomeni atmosferici estremi. Incendi, allagamenti, erosione costiera, cicloni, oltre ai danni a cose o persone cancelleranno per sempre qualsiasi traccia di graffito.
L’arte rupestre soccombe al cambiamento climatico
Già in passato condizioni simili hanno causato ai reperti danni irreversibili. Come nel caso del ciclone Monica, uno dei più violenti tra quelli registrati in Australia. Nel 2006, abbattendosi su Arnhem Land, zona a nord est del continente, ha spezzato buona parte degli alberi, facendoli crollare sulle grotte e distruggendo gli ultimi resti di pittura preistorica rimasti. Quel che era miracolosamente riuscito a conservarsi è stato poi cancellato da un incendio arrivato subito dopo. «Da 56 anni a questa parte, l’arte rupestre è vittima dell’incuria dell’uomo e del cambiamento climatico», ha spiegato al Guardian il professor Daryl Weasley. «È poco realistico aspettarsi cenni di miglioramento. Arriveremo al limite: le variazioni sul clima finiranno per avere effetti sempre più letali e, presto o tardi, raggiungeremo un punto talmente critico da non riuscire più a trovare alcuna via d’uscita». Della stessa opinione anche la dottoressa Jillian Huntley, che di recente ha scoperto come i cristalli di sale causino il collasso delle rocce su cui gli uomini del Paleolitico hanno lasciato i loro disegni. Le brusche alterazioni termiche a cui sono sottoposti li fanno contrarre ed espandere a ritmi ingovernabili fino a far esplodere i massi. Come succede anche nel caso degli incendi: il calore del fuoco dilata l’acqua assorbita dalla pietra. L’arenaria raggiunge un punto limite fino a sminuzzarsi in mille pezzi, disintegrando i siti archeologici. «Lo studio dell’IPCC è stato anche troppo cauto», ha sottolineato Huntley, «È necessario mettere in atto nell’immediato un taglio delle emissioni. Non entro il 2050 ma al più presto».
Partire dalla storia per un futuro più sostenibile
Guardare al passato potrebbe essere la strada giusta per pianificare un futuro migliore per il Pianeta. «Per millenni, gli uomini sono stati costretti a fare i conti con problemi ambientali, disastri naturali e episodi climatici parecchio aggressivi», ha aggiunto la dottoressa Ania Kotarba, «La velocità con cui cambia il mondo è pressante ma la storia e l’archeologia possono, in questo senso, fornire esempi di comunità che si sono adattate al cambiamento in maniera sostenibile. Offrendo uno spunto prezioso da cui partire per dare forma a un avvenire migliore, per noi e per l’ambiente».