Non sarà il decreto sul Superbonus il terreno sul quale le opposizioni al governo Meloni troveranno il modo di agire insieme. Sul provvedimento varato giovedì 16 febbraio in fretta e furia dal Consiglio dei ministri che ha «gettato nel panico imprese e famiglie», come dice il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che ha spinto il governo a convocare Abi, Cassa depositi e prestiti, Sace e una serie di sigle interessate dal blocco del meccanismo della cessione del credito e dello sconto in fattura, le opposizioni avanzano – come al solito – in ordine sparso.
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Calenda: «Con 120 miliardi metti a posto la sanità per 15 anni»
Carlo Calenda plaude all’operazione del governo. «Le parole di Giorgetti (“Dobbiamo agire di concerto come sistema per risolvere questo ‘bucone’ che si è formato in ragione di una normativa definita con leggerezza”, ndr) le condivido. Giorgetti ha ragione nell’importo, il totale dei bonus è di 120,1 miliardi di euro, metti a posto la sanità per 15 anni. È una cosa fatta nel modo del tutto scellerato, è stato dato a tutti, una cosa folle, mai fatta», ha detto il leader di Azione.

Cottarelli: «Era un’esagerazione, ma non parlo per il Pd»
Più composita la posizione del Partito democratico. Intanto il provvedimento ha incassato due dischi verdi non di poco conto. «I bonus edili sono stati un’esagerazione, che ci fosse un problema nel provvedimento originario era chiaro a tutti», ha detto al Corriere della Sera l’economista e senatore Pd Carlo Cottarelli. Certo, ha chiarito di parlare a nome suo «e non del Pd», dato che tra l’altro «non sono iscritto, e la mia risposta è sì: il governo ha fatto bene. Era un’esagerazione, chiaramente c’era la necessità di sostenere il settore delle costruzioni e si dovrà ancora intervenire, tenendo conto che abbiamo il problema del rinnovamento dei nostri edifici. Però un bonus al 110 per cento che poteva essere utilizzato con la cessione è una modalità troppo generosa e troppo costosa per lo Stato», ha aggiunto rispondendo alla domanda se il governo avesse fatto bene a fermare i bonus.

Gentiloni: «Dinamiche pericolose per i conti»
C’è poi la promozione del commissario europeo agli Affari economici, lui sì interno al Pd. Paolo Gentiloni ha detto che «la scelta del governo di mettere un limite a un provvedimento che aveva innescato dinamiche pericolose per i conti è stata comprensibile, ragionevole e non imposta dall’Europa». C’è poi stata la presa di posizione del sindaco di Milano Giuseppe Sala (anche lui non iscritto ai dem, ma sostenuto dal Pd): il decreto del governo sul taglio del Superbonus «mi sembra inevitabile. Poi come ci si arriva e con che rapidità è un po’ da vedere. Ovviamente bisogna tutelare tutti i procedimenti aperti ma questo lo sanno anche loro».

Il Pd resta ambiguo: ha incontrato i sindacati confederali edili
E anche in Parlamento, dalle parti del Pd, si criticano le modalità di intervento ma si capisce che i dem non sono pronti a fare le barricate. Nei giorni scorsi il gruppo della Camera ha incontrato i sindacati confederali edili, ai quali ha espresso preoccupazione sulle ricadute negative per le imprese, i lavoratori e molti condomini, soprattutto per le famiglie con reddito medio basso che grazie alla cessione del credito potevano accedere alla misura. Il minimo sindacale per una forza di opposizione. E infatti anche in parlamento qualcuno tra i dem ricorda come il partito avesse sostenuto il décalage (cioè un ribasso graduale dell’incentivo ora fissato al 110 per cento) voluto da Mario Draghi a partire dal 2024, poi anticipato da questo governo. «Il Superbonus è stata una misura anticiclica utile, ma non è stata pensata per mantenerla stabile nel tempo», si sottolinea a taccuini chiusi.
A tenere la bandiera del Superbonus resta il M5s di Conte
In parlamento verrà difesa la possibilità per gli incapienti di poter effettuare lavori di ristrutturazione, salvaguardando per loro i meccanismi dello sconto in fattura e della cessione del credito, e si proverà a tutelare gli interventi sull’edilizia pubblica. Una posizione tutt’altro che intransigente. Come quella, invece, del Movimento 5 stelle, ideatore e maggiore sostenitore della misura. Il leader Giuseppe Conte ha visto associazioni e stakeholder del settore. «Il M5s è disponibile. Ci sono allo stato varie soluzioni. Se il governo vorrà confrontarsi con i numeri che ha la maggioranza in sede di conversione, noi porteremo varie soluzioni», ha detto prima di lanciarsi a testa bassa contro il decreto voluto dal governo arrivando a fare un parallelo tra le spese per i bonus e quelle militari.

Il paragone con la spesa militare, i condoni e lo spalma-debiti
«Ma fatemi capire: 3 miliardi di condono edilizio è gratis o no? Quando paghiamo per le società di calcio 800 milioni, per spalmare i loro debiti, è gratis o no? Non c’è logica politica se parli solo della spesa, ma allora parla della spesa militare con cui vai ad ammazzare le persone e andiamo a fare le guerre. Il Superbonus è un investimento», ha commentato. Per poi difendersi dalla canzonatura della premier Giorgia Meloni che ogni volta che parla di Superbonus fa riferimento alla possibilità di restaurare casa «gratuitamente», ripetuto più volte dallo stesso Conte nell’ultima campagna elettorale. «C’è qualcosa di sbagliato nel ragionamento della Meloni. Io non ho mai detto che il Superbonus era un misura che non costava niente allo Stato: è gratis per le famiglie, non per lo Stato», sottolinea.

«Bisogna riqualificare il nostro patrimonio immobiliare»
La bacheca Facebook dell’ex premier negli ultimi giorni è completamente appaltata alla questione. «Siamo decisi a fare pressione sul governo in tutte le sedi per rappresentare le esigenze di un settore che chiede soluzioni immediate. La riqualificazione del nostro patrimonio immobiliare attraverso interventi antisismici e di efficientamento energetico sono il nostro futuro, in linea con gli obiettivi europei. Non intendiamo mollare un centimetro», chiude l’ultimo post. La bandierina del Superbonus rimane quindi in mano ai cinque stelle. O almeno sono quelli che la sventolano con più convinzione. Se l’investimento (stavolta solo politico) avrà un ritorno si vedrà nei prossimi mesi. Altro che unica opposizione, a sinistra della Meloni ci sono tante opposizioni. E con questa frammentazione, il governo di destra può dormire sonni tranquilli.