I misteri del calcio. Non c’è solo la Juventus sotto i fari dell’opinione pubblica. Anche in casa Inter e Milan non si scherza. In entrambi i casi il problema è la proprietà. Nel 2016 Suning ha deciso di acquistare il 68,55 per cento dell’Inter, diventando azionista di maggioranza dei nerazzurri. Nell’estate del 2021 la catena di controllo è però cambiata. Dopo l’accordo di finanziamento da 275 milioni del fondo Oaktree per risanare i conti del club, il gruppo cinese ha attuato un’altra manovra finanziaria trasferendo a terzi le sue quote di maggioranza. Il nuovo azionista di controllo dell’Inter è diventato Grand Tower, una holding lussemburghese, che detiene il 68,55 per cento della società. Ma chi è Grand Tower e perché Suning ha fatto questa mossa?
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Oaktree, finanziamento da 275 milioni per garantire stabilità all’Inter
Parliamo di una holding posseduta e controllata da Great Horizon Sarl, una società lussemburghese anch’essa controllata dalla stessa Suning Holdings Group. Attraverso questa operazione si è poi saputo che Jindong Zhang possiede indirettamente il 58,1 per cento, mentre il figlio Kangyang (presidente del club) il 36,9 per cento. Va poi ricordato che un altro 31 per cento del capitale interista è in mano al fondo LionRock, che l’ha comprato da Erick Thohir. C’è però il problema Oaktree. Grazie al finanziamento da 275 milioni per garantire stabilità economica all’Inter, il fondo ha in pegno non solo le quote di Suning ma anche la partecipazione che fa capo a LionRock. Il fondo statunitense è conosciuto come uno dei maggiori investitori di credito al mondo, sicuramente il più grande per quello che vengono definiti “titoli in difficoltà”. Cosa significa e di cosa si occupa?

Mandato affidato a Goldman Sachs per trovare altri partner
La società è specializzata in strategie di investimento alternative, è stata fondata a Los Angeles e quotata alla Borsa di New York ma con uffici sparsi in tutto il mondo (New York, Hong Kong, Londra, Amsterdam, Francoforte, Lussemburgo, Parigi, Dubai, Sydney, Tokyo e Seul). Presente pure a Shanghai e Pechino, Oaktree conta oltre mille dipendenti e vanta enorme esperienza nella strategia del credito dall’approccio “opportunistico”, come indicato dallo stesso fondo sul proprio sito. Da ricordare che nel 2019 la società è stata a sua volta rilevata per il 62 per cento dal fondo canadese Brookfield che entro il 2029 dovrebbe arrivare a possedere il 100 per cento delle attività. Se Suning non ottenesse un’importante iniezione di liquidità o non trovasse un altro socio, la proprietà passerebbe dunque Oaktree. Da qui il mandato che il gruppo cinese ha affidato a Goldman Sachs per trovare altri partner.

Milan alla RedBird, si indaga sull’ipotesi di appropriazione indebita
Non meno intricato il discorso per quanto riguarda la proprietà del Milan. Le perquisizioni della Guardia di finanza stanno cercando i documenti sulla vendita del Milan dal fondo Elliott alla RedBird di Gerry Cardinale e stanno verificando l’ipotesi di appropriazione indebita. Perché? Bisogna fare un passo indietro, anzi più di uno, e risalire al 2017. Poco meno di sei anni fa, infatti, si è costituto il “pegno”, al centro dell’esposto di Blue Skye, il socio di minoranza di Elliott nell’operazione Milan, che ha fatto partire l’inchiesta della procura di Milano. Quella garanzia era stata concessa dalla Rossoneri Sport nel 2017 “a garanzia del credito” che aveva nei suoi confronti Project Redblack, società veicolo per l’acquisto all’epoca del Milan e di cui facevano parte il fondo Elliott e la stessa Blue Skye con una quota del 4,27 per cento. La Rossoneri Sport faceva, invece, riferimento a Yonghong Li, il misterioso uomo d’affari cinese che all’epoca (grazie al finanziamento di Elliott) aveva acquistato il Milan da Silvio Berlusconi.

Blue Skye lamenterebbe «una perdita per oltre 100 milioni»
Secondo Blue Skye «il credito complessivo della controllante Project Redblack nei confronti della controllata Rossoneri Sport» era di oltre 1,2 miliardi di euro. Bene. Quando Elliott ha venduto il Milan alla RedBird di Gerry Cardinale, Project Redblack ha rinunciato a quel pegno, ma senza che il socio di minoranza fosse stato messo al corrente. Morale della favola: Blue Skye lamenterebbe «una perdita di garanzia sul finanziamento per oltre 100 milioni». È finita qui? La sensazione è che i magistrati possano andare indietro e trovare altre zone grigie. Da una parte è indiscutibile che Elliott abbia ancora le redini della macchina rossonera. Dall’altra non è chiaro se si tratta di denaro dei tradizionali investitori istituzionali che lo affidano all’hedge fund o invece di investitori mirati. Bisognerebbe entrare nei comparti di investimento e nei veicoli societari che però il fondo tiene riservati.

Quello strano potere di blocco a chi detiene il 4 per cento della società
Per rispondere ai dubbi sollevati, Elliott ha dichiarato in passato di avere il completo controllo della holding a cui fa capo il Milan, cioè la lussemburghese Project Redblack, precisando di detenere il 96 per cento, mentre il resto è di pertinenza dei partner. Il fondo americano non ha mai spiegato come si arriva al 96 per cento. Secondo alcune ricostruzioni, esisteva poi una regola statutaria in Project Redblack in base alla quale l’assemblea deliberava solo all’unanimità le modifiche allo statuto e al capitale sociale, cioè due pilastri su cui si regge la vita societaria. Attenzione però: unanimità. Questo vuol dire una cosa molto importante: il 4 per cento ha un potere di blocco. Ma se uno ha il 96 per cento, per quale motivo concede un simile potere a un misero 4 per cento? Inoltre, non si capisce perché una quota così piccola abbia costretto il gigante Elliott a una costruzione così macchinosa di pesi e contrappesi, opzioni call e pegni, concedere posti non dovuti nei consigli di amministrazione (Project, Milan e controllate), creare azioni A, B e C con diverse prerogative di governance.

Furlani, Cocirio, Scaroni: quanti uomini Elliott nei posti chiave
Da quando RedBird ha rilevato per 1,2 miliardi l’attuale squadra campione d’Italia, sono in tanti a chiederselo. In apparenza tutta la piramide fa capo a Gerald Cardinale, ma nessuna persona fisica ha oltre il 10 per cento del capitale. L’ultima mossa nella governance è assai significativa. Ivan Gazidis ha appena lasciato la poltrona operativa più importante, quella da amministratore delegato: e chi l’ha sostituito? Giorgio Furlani, storico manager di Elliott, braccio destro di Gordon Singer (figlio di Paul) e anche azionista di Elliott Advisors, la controparte di RedBird nella compravendita. E per il ruolo chiave di direttore finanziario? Il più gettonato è Stefano Cocirio, altro manager di Elliott. Tutti già nel cda del Milan prima dell’arrivo di Cardinale. E il presidente? Paolo Scaroni è entrato in consiglio ai tempi di mister Li proprio per rappresentare il creditore Elliott. Dunque, Cardinale ha chiuso l’operazione più importante nella storia di RedBird, lasciando tutte le leve di comando ai venditori? Strano. Ma il calcio, come si sa, è pieno di misteri.