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Sud, un dramma senza romanzo

Il sangue del Meridione continua ad andarsene. Si infila sulle corriere per pochi euro. E chi fra qualche anno sarà chiamato a raccontare l’esodo, faticherà a trovare il romanticismo dell’epopea dei bastimenti.

10 Luglio 2021 15:4610 Luglio 2021 15:49 Gioacchino Criaco
perché il sud italia non ha un futuro

La legge del contrappasso è spietata: un bene grandissimo lo si paga con un male altrettanto ampio. Il Sud, nelle sue variegate e mediterranee latitudini, ha il vanto di aver realizzato ogni tipo di sogno: artistico, ingegneristico, economico. C’è stato il tempo in cui tutto ciò che si sognava a Sud aveva una efficace materializzazione. Poi i sogni hanno messo le braccia da nuotatore e le gambe da maratoneta, hanno scalato il mondo in anticipo su ogni migrazione e al Sud nemmeno il sogno più modesto è sopravvissuto all’alba.

Il passato diventa nostalgia, una sabbia mobile che si mangia il futuro

Una società fallisce quando per ritrovare un pregio deve risalire negli anni, nei secoli. Il passato diventa nostalgia, una sabbia mobile che si mangia il futuro. Il momento magico del Sud se ne sta all’ombra di innumerevoli anni: solo refrigerio nel ricordo. Se si uniscono ingiustizie vere che il Meridione ha subito a vizi reali dei meridionali il colpevole esce dall’ombra, sta tutto in uno. Se ci si interroga su cosa, i meridionali, abbiano fatto per risolvere gli uni e gli altri, diventa impossibile non parlare male del Meridione, perché se ci sono stati tentativi mirabili, questi sono stati limitati a lodevoli gruppi o eccelsi individui. Ma una reazione che fosse risoluzione meridionale non c’è mai stata. Non c’è stato un tessuto sociale fatto di classi dirigenti economiche, politiche, intellettuali e popolo che abbia lottato per vincere. Piccole e locali scaramucce, nemmeno battaglie, perché si possa avere la consolazione di essere un esercito battuto.

il non futuro del Sud
Migranti a Milano (dal documentario Fata Morgana del 1962).

Il Sud si è trasformato in un sacco da svuotare

Il Sud, a gloria svanita, si è trasformato lentamente in un mercato in cui far la spesa per braccia, teste, voti. Un sacco da svuotare, con tanti meridionali a far da complici. Chi ha comandato, nella politica e nell’economia, dalle amministrazioni locali, regionali agli scranni parlamentari, nella migliore delle ipotesi non è stato adeguato al proprio ruolo. Dello scempio del Sud, i meridionali non è che possano dire di essersene accorti di colpo. Per questo, senza ipocrisie, bisogna essere disposti a parlare anche contro se stessi. Altrimenti, fra un po’, non ci sarà nulla di cui parlare. Perché non ci sarà il Sud, perlomeno per come finora ce lo si sia rappresentato. Il Sud va, ma non corre verso un futuro strabiliante. Va via, semplicemente. Come lo ha fatto da secoli: sui bastimenti, a cavallo, a piedi, sopra i treni. Cambia solo mezzi di locomozione: «Prima o poi finirà», se lo dicevano quelli del dieci o del venti, del Novecento, come quelli che li avevano preceduti nell’ottanta o nel novanta, nel cinquanta dell’Ottocento. Se lo dicevano quelli che abbassavano col loro peso la linea di galleggiamento dei bestioni d’acciaio che solcavano l’oceano. «Prima o poi finirà», se lo sono detti quelli che hanno riempito di speranze i treni puzzolenti dopo il quaranta. È che prima o poi finirà è diventato il mantra di ogni generazione, da quando Occidente mirabolante ha spalancato la bocca per divorarsi i sogni meridionali, e il sole che un dio beffardo aveva promesso sarebbe stato eterno si è spento.

Ogni anno se ne vanno 200 mila giovani

Dopo sono state macchine e aerei, treni sfreccianti: che pare che tutto ciò che si muova sia stato fatto apposta per portar via quelli di giù. Oggi, il ritmo delle partenze è pauroso: due milioni in 10 anni. Vanno via le valigie di 200 mila meridionali ogni anno. Quasi tutti giovani, quasi tutti quelli che sono andati a studiare fuori non rientreranno più. È il futuro che va via, che si fonde coi futuri di altrove, preparati per tempo, meglio. Le compagnie aeree alzano i prezzi, quelle ferroviarie sopprimono le corse. Le uniche aziende in crescita diventano le compagnie di autobus: con 40 euro si va a Roma, con 70 a Milano. Con 100 euro si arriva in Germania, in un futuro solido, stratificato. Il sangue del Sud si infila sulle corriere, in viaggi lunghissimi, ore infinite. E chi fra qualche anno sarà chiamato a raccontare l’esodo, faticherà a trovare il romanticismo di un’epopea di bastimenti. Ci sarà solo un dramma senza romanzo, senza spazi ampi, fra le fila striminzite delle corriere. Il Sud non ci sarà più, finito lontano, con pochi euro di biglietto. Ogni lotta, da quella contro la mafia a quella per l’affermazione dei diritti, a Sud, sarà stata una battaglia di retroguardia.

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