Non solo Stranger Things, gli Anni 80 sono sempre stati qui: le 10 canzoni più iconiche

Michele Monina
09/07/2022

La serie tivù Stranger Things ha riportato in auge canzoni di 40 anni fa, catapultando nelle classifiche Kate Bush e i Metallica. Ma quel periodo d'oro non se n'è mai andato. Diamond dei Via Verdi, Boy George, R.E.M., fino a The Final Countdown degli Europe: una selezione dei brani indimenticabili.

Non solo Stranger Things, gli Anni 80 sono sempre stati qui: le 10 canzoni più iconiche

Si fa presto a dire che Stranger Things ha riportato in auge la musica dei tanto vituperati Anni 80. Non perché non risponda al vero che in effetti Kate Bush è tornata in vetta alle classifiche con il suo classico Running Up That Hill, datato 1985, e stessa sorte non stia capitando alla Master of Puppets dei Metallica, dell’anno successivo, nel primo caso addirittura garantendo alla cantautrice britannica importi pari a circa 250 mila sterline settimanali, essendo lei non solo autrice ma editrice del brano e anche padrona del master del medesimo, tutta la filiera discografica di quel brano raccolta nelle sue mani. Ma perché in fondo in fondo gli Anni 80 non ci hanno mai abbandonato davvero, come a voler concretizzare le sarcastiche liriche del Manuel Agnelli di Non si esce vivi dagli anni Ottanta, appunto. Prova ne è il successo planetario di artisti quali The Weekend o Dua Lipa, in modi diversi artefici di un pop intriso dei suoni e delle istanze tipiche di quel decennio.

Spalancato un vero scrigno davanti alle orecchie delle nuove generazioni

Stranger Things, del resto, parola di Boomer, è una serie che proprio su una forma neanche troppo leggera di nostalgia per quei tempi si basa, già a partire da quel richiamo esplicito a atmosfere tipiche di Stephen King, oltre che per le perfette ricostruzioni scenografiche e di stile messe in campo dagli autori. Ricostruzioni che proprio nella scelta oculata delle canzoni ha avuto uno dei suoi punti di forza, senza nulla voler togliere alle magnifiche musiche originali composte dal duo delle meraviglie Michael Stein e Kyle Dixon, che questa estate saranno di scena in Italia, il 31 luglio dal vivo alla Mole di Ancona, e vuoi per un effetto déjà vu immediatamente riscontrato nei confronti di chi a quei tempi era vivo e vegeto (Alive and kicking si potrebbe dire richiamando proprio una hit particolarmente riuscita ai tempi ai Simple Minds di Jim Kerr), vuoi per aver spalancato un vero scrigno carico di tesori davanti agli occhi, o meglio le orecchi, delle nuove generazioni.

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Come una colonna sonora importante riesce a rivitalizzarti nelle classifiche di Spotify

E se nelle stagioni passate in molti avevano palpitato per le riproposizioni di grandi classici, da Should I Stay or Should I Go dei Clash più ruffiani, proposti nella prima stagione, a Time After Time di Cindy Lauper proposta nella seconda, fino alla versione di Dustin e Suzie giusto un filo trash, della già trash Neverending story di Limahl, tratta dall’omonimo film, nella quarta stagione è stata la volta di Psycho killer dei Talking Heads, di Tarzan Boy del nostro Baltimora (l’originale, non quello che ha vinto l’ultima edizione di X Factor), Rock me Amadeus di Falco, You Spin Me Roud dei Dead or Alive e tanti altri, fino appunto a Kate Bush e Metallica, in qualche modi assurti a history case di come essere parte di una colonna sonora importante possa rivitalizzarti anche a livello di classifica, leggi alla voce Spotify.

Una selezione revival? Non si può non partire da Diamond dei Via Verdi

Ma visto che si parla già tanto di una quinta stagione di Stranger Things, finalone col botto, perché non ipotizzare una ulteriore colonna sonora, che possa in qualche modo mostrare altre cartucce di questo decennio troppo spesso bollato come vacuo e privo di contenuti, figlio del dagostiniano “edonismo reaganiano”? Sfida accettata. Una colonna sonora degli anni Ottanta non può che partire da una delle hit assolute, a sua volta sigla del programma che per la prima volta ha portato ai teenager dell’epoca la consapevolezza di essere anche un target di mercato, Deejay Television. La canzone da cui partire non può quindi che essere Diamond dei Via Verdi, band tutta italiana che ha portato in giro per il mondo il vessillo del New Romantic, dando grandi iniezioni di prog al pop tutto sintetizzatori imperante in quegli anni.

E visto che di hit internazionali si parla, tanto per sparare subito i colpi più deflagranti e passare poi a qualche chicca e rarità, una playlist Anni 80 non può non avere presente Take on Me dei norvegesi A-Ha, brano accompagnato da un video metà umano e metà fumetto che ha fatto battere il cuore a così tante ragazzine nate sul finire dei Sessanta.

Siccome però la colonna sonora di una serie tv non deve giocarsi tutta su registri simili, quindi su quel pop che occhieggiava alla dance che Diamond e Take on Me in qualche modo rappresentano, Victims dei Culture Club di Boy George potrebbe benissimo spostare la freccia dalle parti del cuore, ballad romantica per orchestra e voce.

I R.E.M., gli U2, ma anche una canzone come Duel dei Propaganda

Bene, ma dal momento che si è detto neanche troppo tra le righe che gli Anni 80 non sono stati solo pop tutti sinth ma anche ben altro, ecco che in quarta posizione compare un brano come It’s the End of the World as We Know it (and I feel fine) dei R.E.M. college band di Athens, Georgia che nel decennio successivo raccoglierà i maggiori frutti ma che già negli 80 si era imposta all’attenzione di un pubblico giovane e non troppo incline a farsi fregare solo dal pop. Un po’ di energia arrembante non guasta mai.

Come del resto negli 80 si era imposta anche la band di Bono e The Edge, gli U2, passati da un suono in area new wave a un rock di matrice americana che avrebbe avuto in Rattle and Hum il suo apice, prima di aprire il capitolo berlinese di Achtung Baby e Zooropa. La loro Running to Stand Still sarebbe perfetta per una scena di fuga solitaria di uno dei giovani protagonisti (The Joshua Tree è del 1987, anno in cui dovrebbe essere ambientata la quinta stagione della serie tv).

Siamo a cinque brani, ancora senza particolari chicche, almeno a livello di nomi. Non è una chicca per chi c’era ai tempi la sesta scelta, ma lo sarà sicuramente per i più giovani una canzone come Duel dei Propaganda, band tedesca che ha dominato le classifiche nel 1985 e che aveva alla voce Claudia Brücken, moglie di quel genio del giornalismo musicale che risponde al nome di Paul Morley, a sua volta dietro progetti quali Frankie Goes to Hollywood e Ace of Base. Lo so, giocarsi la carta di infilare due nomi extraplaylist così è scorretto, ma provateci voi a scegliere solo 10 canzoni in un decennio così ricco di suoni. Suoni che vanno dai Guns ‘N Roses di Sweet Child o’ Mine ai Cure di Boys don’t cry, passando per gli Eurythmics di Sweet Dreams o i primi Depeche Mode, davvero un lavoro improbo.

L’hardcore romantico di Grant Hart e Bob Mould, cioè gli Hüsker Dü

E allora, visto che mancano solo tre canzoni, ecco una tripletta degna del Paolo Rossi che proprio di questi tempi, quarant’anni fa, lasciava sugli 80s un segno indelebile, definitivo. Si parte con l’hardcore romantico di Grant Hart e Bob Mould, cioè gli Hüsker Dü, della loro discografia, tutta strepitosa, la scelta cade sulla beatlesiana Sorry Somehow, vero inno alla dipendenza disperata.

Si passa poi al punk di rottura di Jello Biafra e i suoi Dead Kennedys, la loro California Über Alles, dal masterpiece Fresh Fruit for Rotting Vegetables sarebbe perfetta per un finale apocalittico e definitivo. E visto che di finali finali si parla, per chiudere non può che esserci quell’inno all’hair rock che è stato The Final Countdown degli Europe, roba da ritrovarsi immediatamente con i capelli cotonati e le spalline infilate sotto la giacca in men che non si dica.

Outtake, perché una compliation degna di questo nome, fatemi usare un termine vintage parlando di musica vintage e fatemi sottolineare come le compilation andavano in scena solo su audiocassette registrate in casa, possibilmente TDK da 90 minuti, una compilation degna di questo nome deve avere almeno una outtake, The Pan Within dei Waterboys di Mike Scott, pura new wave pre-svolta folk irlandese, perché parlare di Stranger Things e non infilarci dentro almeno un qualche essere sovrannaturale come il Dio Pan citato nel brano, converrete, è davvero impensabile.