Strage di Capaci 30 anni dopo: ora e storia dell’attentato che uccise Giovanni Falcone
30 anni fa si consumava la Strage di Capaci. Morirono il giudice Giovanni Falcone, Morvillo e gli agenti Schifani, Dicillo e Montinaro.
Sono passati 30 anni dal 23 maggio 1992, quando avvenne la Strage di Capaci. Allora persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. L’attentato mafioso segnò per sempre la storia del Paese.
Strage di Capaci: la storia dell’attentato
La Strage di Capaci si consumò il 23 maggio 1992 alle 17:56. In quel momento il giudice Giovanni Falcone stava percorrendo in auto, con la moglie e la scorta, l’autostrada A29. In particolare stava dirigendosi a Palermo dall’aeroporto di Punta Raisi, quando gli esecutori dell’attentato fecero esplodere 500 kg di tritolo al passaggio della scorta all’altezza dello svincolo di Capaci-Isola delle femmine.

I mafiosi avevano sistemato l’esplosivo all’interno di fustini in un cunicolo di drenaggio sotto l’autostrada. La detonazione investì la prima auto, una Croma marrone, che venne distrutta completamente e sbalzata in un campo di ulivi lontano decine di metri. Morirono sul colpo gli agenti Antonio Mortinaro e Rocco Dicillo, entrambi trentenni, e Vito Schifani, di 27 anni.
La seconda auto, una Croma bianca su cui viaggiavano Falcone, Morvillo e l’autista Giuseppe Costanza, si schiantò violentemente contro l’asfalto che si era sollevato. Falcone e Morvillo, seduta al suo fianco, furono scaraventati contro il parabrezza. Morirono poche ore dopo in ospedale. Costanza sopravvisse, così come gli uomini della scorta nella terza auto, una Croma azzurra, Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.
L’organizzazione dell’attentato
A organizzare l’attentato del 23 maggio 1992 fu Giovanni Brusca, considerato da Totò Riina uomo di completa fiducia. Brusca, che aveva già partecipato all’attentato a Rocco Chinnici nel 1983, aveva allora 35 anni, era capomandamento (capo di più famiglie confinanti tra loro) di San Giuseppe Jato.
Il 23 maggio sette persone attesero in un casolare non lontano da Capaci. Si mossero quando arrivò una telefonata: “Scusi, ho sbagliato“. Era il segnale che le auto di scorta si stavano muovendo dal garage della Questura a Palermo per andare a Punta Raisi a prendere Falcone. Un uomo prese una Lancia Delta verde e percorse una strada che costeggiava l’autostrada, fermandosi in uno spiazzo dove erano parcheggiate alcune roulotte.

Due persone andarono all’aeroporto, due scesero sul ciglio dell’autostrada, piazzarono la ricevente in un tombino e la misero in funzione. Una volta accesa la ricevente, le due persone raggiunsero le tre che si erano già posizionate in cima alla collina, in località Raffo Rosso, nel comune di Isola delle Femmine.
Quando il convoglio di tre auto con a bordo Giovanni Falcone lasciò l’aeroporto, i due uomini appostati a Punta Raisi avvisarono l’uomo a bordo della Lancia Delta. Dopo 40 minuti, quest’ultimo vide arrivare le tre auto blindate. Partì costeggiando l’autostrada, quindi telefonò agli uomini appostati sulla collina. La conversazione durò oltre cinque minuti, parlarono di cose normali in modo da non destare sospetti se fossero stati intercettati. Le auto procedevano a circa 80 all’ora, un po’ più piano di quanto era stato calcolato. Giunto all’altezza del bar Jonnie Walker l’uomo sulla Lancia Delta svoltò verso Partinico e disse: “Ciao, ora ti saluto“. Era il segnale che le tre auto stavano arrivando.