«I criminali mafiosi pensavano di piegare le istituzioni, di rendere il popolo suddito di un infame potere. La Repubblica seppe reagire con rigore e giustizia». Lo scrive Sergio Mattarella nel 31esimo anniversario della strage di Capaci, avvenuta il 23 maggio 1992, nella quale persero la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani. «La mafia li ha uccisi, ma è sorta una mobilitazione delle coscienze, che ha attivato un forte senso di cittadinanza».
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«Un insegnamento di Falcone resta con noi: la mafia è destinata a finire»
Collegando Capaci all’attentato di via D’Amelio, avvenuto meno di due mesi dopo (il 19 luglio 1992), in cui morirono Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina, Mattarella afferma: «Magistrati come Falcone e Borsellino hanno demolito la presunzione mafiosa di un ordine parallelo, svelando ciò che la mafia è nella realtà: un cancro per la comunità civile, una organizzazione di criminali per nulla invincibile, priva di qualunque onore e dignità». E poi: «Un insegnamento di Giovanni Falcone resta sempre con noi: la mafia può essere battuta ed è destinata a finire».
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— Quirinale (@Quirinale) May 23, 2023
Nel 1980 Mattarella perse il fratello Piersanti, ucciso da Cosa Nostra
«Quegli eventi sono iscritti per sempre nella storia della Repubblica. Si accompagna il senso di vicinanza e riconoscenza verso quanti hanno combattuto la mafia infliggendole sconfitte irrevocabili, dimostrando che liberarsi dal ricatto è possibile, promuovendo una reazione civile che ha consentito alla comunità di ritrovare fiducia», scrive il capo di Stato, che poi lancia un appello: «Nelle istituzioni, nelle scuole, nella società civile, la lotta alle mafie e alla criminalità è divenuta condizione di civiltà, parte irrinunciabile di un’etica condivisa. L’azione di contrasto alle mafie va continuata con impegno e sempre maggiore determinazione». Sergio Mattarella nel 1980 perse il fratello Piersanti, assassinato da Cosa nostra durante il suo mandato come Presidente della Regione Siciliana.
