Gli inquirenti che indagano sulla strage di Buffalo del 14 maggio non hanno dubbi: non si è trattato di un raptus o di un folle gesto estemporaneo, bensì di un evento pianificato da tempo – quasi certamente da mesi – da parte del suo autore, il 18enne Payton Gendron. Le testimonianze sono molte, a cominciare da quello che il giovane scriveva sul web: veri e propri sproloqui teorici, infarciti di slogan suprematisti e antisemiti. Gendron, che si autodefiniva fascista e si diceva terrorizzato dal rovesciamento degli equilibri demografici nella società americana, ha anche affidato al web alcuni documenti nei quali ha “sistematizzato” la sua delirante ideologia. In particolare, un lungo manifesto denso di riferimenti complottistici ricalcati suIle teorie elaborate da QAnon, gruppo politico di estrema destra, secondo le quali sarebbe in atto un piano strategico segreto, organizzato da un non meglio identificato Deep State (un coacervo di poteri occulti), per imporre un nuovo ordine mondiale, anche procedendo a un sistematico indebolimento dell’attuale sistema, favorendo la sparizione dei bianchi a vantaggio delle razze attualmente in minoranza.

Le origini della teoria della Grande Sostituzione e il piano Kalergi
È la tesi centrale della cosiddetta Great Replacement Theory, ovvero la Grande Sostituzione, una teoria che, negli Stati Uniti, ha conosciuto una prima notorietà negli Anni 40 del secolo scorso e che da allora viene riproposta in varie versioni da molti soggetti riconducibili all’universo del suprematismo bianco, Ku Klux Klan in primis, e che oggi la estrema destra qualifica come il metodo tipico con cui i Democratici vogliono sfruttare l’immigrazione per modificare gli equilibri degli Stati Uniti (QAnon, per esempio, legge in questa chiave l’attacco democratico a Trump la cui mancata rielezione spianerebbe la strada proprio ai fautori del nuovo ordine mondiale). Ma se la grande sostituzione è oggi più che mai “in voga” negli Usa, le origini della teoria sono europeissime. Convenzionalmente, ma anche piuttosto impropriamente, il suo primo nucleo viene ricondotto al pensiero del filosofo paneuropeista austriaco Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi che aveva espresso in più occasioni la necessità di un’integrazione continentale al fine di favorire la pacifica convivenza dei popoli e che, nel 1925, nel suo Praktischer Idealismus, distingueva tra l’”uomo rustico”, figlio dell’endogamia, forte di volontà ma debole di spirito, e l’“uomo urbano”, frutto della mescolanza razziale, povero di carattere ma ricco di spirito, dichiarando la sua preferenza per quest’ultimo poiché più propenso al mantenimento della pace, auspicandone quindi una diffusione a livello mondiale.

Addio all’Europa, la lettura di Gerd Honsik
Il libro, e le tesi di Kalergi, attirarono subito le ire del futuro Führer Adolf Hitler, ma occorrerà attendere il 2005 perché al nobile filosofo austriaco si attribuisse polemicamente la paternità della Grande Sostituzione e, addirittura, si parlasse di complotto Kalergi. A “denunciare” questo complotto fu Gerd Honsik, scrittore e poeta di simpatie neonaziste (fu anche condannato due volte, nel 1992 e nel 2009, per aver pubblicamente negato l’Olocausto) nel libro Addio all’Europa, nel quale attribuisce al politico austriaco il progetto di un «genocidio per annientare i popoli europei attraverso le migrazioni dall’Africa e dall’Europa». Secondo Honsik, il popolo europeo, nel pensiero di Kalergi, doveva essere incrociato con altre razze, con un’immigrazione programmata, nella speranza di ottenerne una classe umana inferiore, facilmente governabile e senza carattere. Rispetto alle tradizionali teorie complottiste, tuttavia, Honsik inserisce un forte elemento di novità: il piano Kalergi non sarebbe opera degli ebrei, bensì dell’imperialismo statunitense che lo sostiene per sottomettere l’Europa.

La teoria della sostituzione ne Il campo dei santi di Raspail
In realtà, tracce piuttosto significative della teoria della grande sostituzione si ritrovano oltre 30 anni prima di Honsik, in particolare in un libro dell’esploratore Jean Raspail, Il campo dei santi (1973). Il romanzo, il cui titolo è tratto dall’Apocalisse di Giovanni, narra dell’invasione della Francia da parte di un milione di indiani, guidati dal “coprofago”, un migrante che di mestiere fa l’impastatore di escrementi, e da un “bambino-mostro deforme”, a cui fa seguito l’immediato collasso della società francese, tra esodi, rivolte, stupri, assalti ai negozi e ai supermercati. Raspail respinse con forza ogni accusa di razzismo o di appartenenza all’estrema destra, ma è indubbio che il libro trabocchi di espressioni razziste (il popolo del Gange è descritto come bolgia informe di esseri umani che, mossa da impulsi ferini, si dedica incessantemente a orge, contrae malattie, sguazza nelle proprie feci, e così via). Alla fine degli Anni 80 il libro viene tradotto negli Stati Uniti e, secondo quanto riferisce l’Express, lo stesso presidente Reagan ne avrebbe tessuto le lodi, mentre Raspail precisa meglio la sua tesi di fondo: «Il nostro Occidente ipersensibile e cieco non ha ancora capito che i bianchi (…) ora sono una minoranza, e che la proliferazione delle altre razze inevitabilmente condanna la nostra razza, la mia razza, all’estinzione».

Il pensiero di Renaud Camus ripreso da Éric Zemmour
L’ottava edizione de Il campo dei santi esce nel febbraio del 2011: vende 60 mile copie in breve tempo e assume una centralità mai avuta prima, grazie anche all’inasprirsi del dibattito sull’immigrazione. Ma, in quello stesso anno, esce, sempre in Francia, un altro libro sul tema, destinato a suscitare forti polemiche, Le Grand Replacement, di Renaud Camus, scrittore un tempo libertario e anticonformista, poi legatosi all’estrema destra. Nel libro, Camus sostiene che sarebbe in atto, da parte delle élite mondiali, una cospirazione che, attraverso le armi dell’industrializzazione, della despiritualizzazione, della deculturazione, del materialismo e della globalizzazione, mira a indebolire le società occidentali – provocando povertà e denatalità – per sostituire la popolazione bianca con popolazioni non europee, in particolare arabe, berbere, musulmane subsahariane provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente. Il libro, e le sue tesi, conoscono un momento di rinnovata attenzione sul finire del 2021, perché la tesi complottista di Camus è stata uno dei temi centrali del pensiero di Éric Zemmour. Il candidato di estrema destra alle ultime Presidenziali francesi (ha preso il 7 per cento al primo turno, uscendo di scena), sostiene con forza che «la grande sostituzione non è né un mito né un complotto ma un processo implacabile», perché mentre le élite sono impegnate a favorire l’islamizzazione della Francia, le questioni importanti, come la scuola, l’industria, la protezione sociale, il posto della Francia nel mondo passano in secondo piano.

La fortuna di Kalergi nel nostro Paese
La tesi del complotto “sostituzionista” emerge, qua e là, anche in Italia, e proposta da una galassia politica piuttosto variegata. Favorita, come ovvio, dal contesto, leggi l’aumento del fenomeno migratorio, la recessione iniziata nel 2007, e le tensioni sociali conseguenti. Capostipite Matteo Simonetti, professore di liceo, già militante del partito La Destra, che si definisce come il massimo esperto italiano sul piano Kalergi e che, al tema ha dedicato due libri, il primo, del 2015, pubblicato dalle edizioni di ispirazione cattolica tradizionalista Radio Spada dal titolo La Verità sul piano Kalergi e il secondo, uscito nel 2020, intitolato Kalergi. La prossima scomparsa degli europei. Il tema è più volte riecheggiato poi nelle parole del leader leghista Matteo Salvini, con riferimento al fenomeno degli immigrati («È in corso un tentativo di genocidio delle popolazioni che abitano l’Italia da qualche secolo e che qualcuno vorrebbe soppiantare con decine di migliaia di persone che arrivano da altre parti del mondo»). Ma del piano Kalergi si trovano tracce anche in altri commentatori e opinionisti, dall’ex responsabile della comunicazione del Movimento 5 stelle Claudio Messora a Magdi Allam, dal cantante Povia a Diego Fusaro, uno dei principali sostenitori della teoria nel nostro Paese, secondo cui il fine ultimo della grande sostituzione sarebbe quello di forgiare un «gregge multietnico senza qualità e senza coscienza».
