Come Alfredino: in Marocco corsa contro il tempo per salvare Ryan

Camilla Curcio
03/02/2022

Martedì 1 febbraio, un bambino di appena 5 anni è precipitato in una cisterna mentre giocava nei campi e non è più riuscito a risalire. Vani, finora, i tentativi di salvataggio dei soccorsi che continueranno a lavorare a oltranza per riportarlo a casa sano e salvo. Cosa sappiamo.

Come Alfredino: in Marocco corsa contro il tempo per salvare Ryan

La storia di Alfredino Rampi si ripete. Questa volta a Tamrut, una piccola città del Marocco, dove un bambino di 5 anni, Ryan, è caduto in una cisterna profonda 60 metri mentre giocava nei campi vicini e non è più riuscito a risalire. Un dramma che, si spera, non ricalchi in tutto e per tutto l’incidente di Vermicino. Allora, infatti, dopo 3 giorni di disperati tentativi di salvataggio documentati con solerzia dalla televisione attraverso maratone no stop, la vicenda ebbe il peggiore degli epiloghi, concludendosi con la morte di Rampi.

Corsa contro il tempo per salvare Ryan

Da martedì 1 febbraio, giorno in cui la mamma si è rivolta alle forze dell’ordine non vedendolo rientrare a casa, le autorità marocchine si sono mobilitate per intervenire tempestivamente e fare di tutto per recuperare il bambino in tempo utile. Non si tratta di un’impresa facile e, fino a ora, i tentativi fatti per estrarlo si sono rivelati fallimentari. I soccorritori le stanno davvero provando tutte e, nel frattempo, cercano di monitorare i parametri vitali e il benessere psicofisico del piccolo: calando nel pozzo uno smartphone provvisto di videocamera, infatti, sono riusciti a vederlo da vicino e a verificarne le condizioni, per il momento più o meno stabili. Ma non solo. Si sono assicurati di fornirgli ossigeno, cibo e acqua e provano a parlargli in modo da non farlo addormentare. Ogni tanto Ryan risponde ma, più di tutto, chiede insistentemente della madre. Intanto, i soccorsi non si fermano: le operazioni proseguiranno a oltranza, giorno e notte. 

Anche i cittadini offrono il loro contributo

Anche la comunità, appena appresa la notizia, si è mobilitata, facendosi coinvolgere in prima persona. Nonostante le difficoltà oggettive date dal terreno particolarmente roccioso della zona e dalla posizione del borgo, collocato in un’area poco agevole lungo la catena montuosa del Rif, a nord del Paese. Un giovane ragazzo, di costituzione mingherlina, si è offerto volontario per scendere in profondità ma è stato costretto a rinunciare per mancanza di ossigeno e perché il pozzo, dopo 30 metri, tenderebbe a restringersi ancora di più, rendendo quasi impossibile il passaggio. Considerevole anche l’impegno di un’italiana residente in Marocco che, come riportato da La Stampa, notando le similitudini tra i due casi, avrebbe pensato di contattare la onlus Alfredino Rampi per chiedere consigli su come agire. L’intervento dell’associazione, tuttavia, dipende solo dal volere del governo locale: se lo chiedessero, potrebbe farsi da tramite con la Protezione civile italiana e avviare un lavoro di team.

Il circo mediatico e il precedente spagnolo di Julen

Sul luogo non sono mancate, ovviamente, telecamere e troupe giornalistiche. Le immagini trasmesse in diretta hanno mostrato ruspe ed escavatori in azione e capannelli di persone desiderose di rivedere presto Ryan. Un frame che ricorda proprio quelli mandati in onda dalla Rai in quelle calde giornate di giugno e usati come materiale di repertorio nella prima grande cronaca televisiva in tempo reale, un racconto che tenne il Paese con il fiato sospeso e gli occhi incollati al televisore. Situazione che, in tempi più recenti, si è ripetuta anche in Spagna col dramma di Julen, il bambino di 2 anni precipitato in un pozzo a Totalan il 13 gennaio 2019 e ritrovato senza vita dopo 13 giorni.