Patti Smith, David Bowie-Ziggy Stardust, Ellen Degeneres, Gigi Hadid, Miley Cirus ed Ella Emhoff. Queste sono solo alcune delle celebrità che, dagli Anni 70 a oggi, hanno sfoggiato il mullet, un taglio di capelli che, con un viaggio indietro nel tempo TikTok ha riportato al centro della scena e tra le tendenze più in voga del momento. Frangetta corta, ciuffi radi ai lati e parte laterale più lunga, a rendere famoso il look tra il 1970 e il 1980 sono stati due collettivi Usa decisamente agli antipodi: da un lato i rednecks, conservatori e accusati spesso di razzismo, dall’altro la comunità omosessuale. Sin dalle sue prime apparizioni, è stato chiaro che non fosse un’acconciatura come tutte le altre: dietro a quella pettinatura, si sono nascosti significati diversi a seconda dell’epoca e del contesto, mescolando estetica, politica, moda, musica e rivendicazione identitaria.

Dall’antico Egitto a TikTok, la fortuna del mullet
Facendo un salto nel passato, prima che i tiktoker lo trasformassero nell’oggetto di una challenge, #oneminutemallet, da oltre 92,8 milioni di visualizzazioni, la prima apparizione del mullet nella storia risale addirittura ai tempi dell’antico Egitto e della Grecia: era il taglio prediletto dai soldati perché consentiva di avere una visuale più o meno libera e una protezione completa della nuca dai raggi del sole. Il termine ‘mullet’ appare invece nel 1994, quando i Beastie Boys scalarono le classifiche con il brano Mullethead. La parola in un anno finì nell’Oxford English Dictionary col significato di ‘triglia’. E oggi, tornato alla ribalta grazie a quell’operazione di recupero del vintage che tanto piace al fashion system, figura tra i modelli più richiesti dalla Generazione Z e tra le parole più presenti nei database dei browser, con un aumento delle ricerche soltanto nel 2021 pari al 190 per cento.
#TBT Those were the days. #70s #mullet #haircut #PattiSmith & #RobertMapplethorpe, the #powercouple. pic.twitter.com/jE8GjVkcFl
— Wendy ILES (@ileswendy) June 9, 2016
Tra glamour e kitsch
A detta dell’hairstylist Guido Palau, l’elemento che ha trasformato il mullet in un trend è stato, senza dubbio, il suo essere fuori dai canoni tradizionali. «In qualsiasi situazione e su qualsiasi volto, ha sempre provocato reazioni particolarmente forti tanto in positivo quanto in negativo», ha spiegato il parrucchiere in un’intervista al New York Times, «sta in mezzo tra il lungo e il corto, tra il maschile e il femminile, tra il buon gusto e il kitsch». Una definizione condivisa anche da René Zamudio, direttore creativo dell’Istituto Europeo di Disegno di Barcellona: «Alla fine degli Anni 70, io stesso l’ho portato», ha raccontato a S Moda, «David Bowie era il nostro modello di ispirazione e, grazie a lui, è approdato nel mondo della moda. Devo dirlo: non mi è mai sembrato un taglio particolarmente bello da vedere ma, portandolo giorno per giorno, ti abitui e l’occhio inizia ad apprezzarlo sempre di più».
In Spagna, poi, la storia si arricchisce di spunti nuovi e particolarmente curiosi. Se, negli Usa, i trendsetter hanno spesso legato il rilancio del mullet al trumpismo e la moda se n’è appropriata per fare una parodia di questo scenario, in terra iberica, invece, oltre che parte della tradizione basca (dove è noto come borroka ed è considerato tratto distintivo del panorama musicale rock e punk locale), è stato associato alla dimensione di un’estetica lontana dal glam patinato, più affine a quella dei quartieri meno fortunati delle metropoli e allo stile di chi li popola, romanticizzandolo e trasformandolo in un simbolo.

Un taglio che sovverte le etichette e sa di libertà
Quel che è sicuro è che, al di là delle origini, ha sempre vantato un certo eclettismo. «Sulle passerelle o negli ambienti della moda, il mullet ti consente di mostrare al mondo che sei al passo coi tempi», ha sottolineato la sociologa Maria López Baena, «nella musica punk o negli spazi queer, è un dettaglio di forte valore autoreferenziale, che permette a chi lo porta di presentarsi come parte di un tutto». È il caso, ad esempio, della comunità LGBTQ+, in particolare della cultura lesbica, che lo ha adoperato come strumento per ribadire senza mezzi termini la propria identità.

In una società in cui, soprattutto le giovani generazioni, parlano di fluidità di genere e si impegnano a scardinare, in qualsiasi ambito, le classificazioni che per anni hanno portato il mondo a guardare colori, capi d’abbigliamento, accessori o prodotti beauty come lo smalto con la lente del maschile e del femminile, il mullet rappresenta a suo modo un manifesto di libertà, che mescola richiami diversi. Non trattandosi poi di un taglio complesso, sono stati tanti i personaggi famosi che, forbici alla mano, hanno deciso di dare un taglio alla chioma e ricreare da soli il look. «Ora come ora, non porta più con sé quell’allure di protesta e contestazione che aveva agli inizi», ha concluso Zamudio, «ed è tutta colpa dei social, che rendono virale qualsiasi cosa in un lampo. Eppure, nonostante non sia più così sovversivo, non ha ancora perso quella che è stata la sua caratteristica fondamentale: far parlare di sé».