Collettivo italiano di design e architettura attivo tra il 1980 e il 1987, Memphis ha una data e un luogo di nascita precisi: 18 settembre 1980, nel salotto della casa milanese di Ettore Sottsass. Qui si tenne una serata informale per discutere di nuove forme espressive legate al design. Oltre al padrone di casa (all’epoca già due volte Compasso d’Oro) e alla moglie Barbara Radice, erano presenti i colleghi Michele De Lucchi, Aldo Cibic, Matteo Thun, Marco Zanini e Martine Bedin. Leggenda vuole che durante la serata il giradischi continuasse a bloccarsi di continuo sulla frase «with the Memphis Blues Again», della canzone di Bob Dylan Stuck Inside of Mobile with the Memphis Blues Again, dall’album Blonde on Blonde. Un segno del destino per i designer: Memphis era la città natale di Elvis Presley, ma al tempo stesso (Menfi) anche l’antica capitale egizia. I presenti lo scelsero come nome del gruppo in quanto rappresentativo del loro approccio al design, che combina riferimenti alla storia e alla contemporaneità, cultura alta e bassa. Ai fondatori si aggiunsero presto Nathalie Du Pasquier, George Sowden, Ernesto Gismondi. E poi Alessandro Mendini, Andrea Branzi, Michael Graves, Hans Hollein, Arata Isozaki, Shiro Kuramata, Javier Mariscal.
Collettivo Memphis, il debutto al Salone del Mobile
Meno di un anno dopo, in occasione del Salone del Mobile di Milano, il collettivo Memphis presentò la sua prima collezione di 55 pezzi presso lo showroom Arc ’74 di Brunella e Mario Godani. Ne facevano parte le lampade Super Lamp di Bedin e Oceanic di De Lucchi, così come Taihiti disegnata da Sottsass, che aveva realizzato anche il Beverly Cabinet, assieme alle librerie Carlton e Casablanca. E poi le poltrone Oberoi di Sowden e le stampe in bianco e nero stile Anni 50 di du Pasquier: più di duemila persone visitarono in quei giorni la galleria, per vedere da vicino quei mobili e complementi d’arredo colorati, caratterizzati da forme geometriche, decisamente non convenzionali.
Un pied-à-terre milanese rende omaggio a Sottsass e festeggia il collettivo che ha rivoluzionato le logiche del design.
Architetti: @paradisiartificiali.it
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Uno stile audace, eclettico, in linea con le tendenze post-punk dell’epoca, a tratti kitsch e riconoscibile dai colori accesi. Il gruppo Memphis emerse come vertice della scena postmodernista di inizio Anni 80: la visione pop e non elitaria del design (che si traduceva nell’utilizzo frequente di materiali non nobili) del gruppo Memphis, opposta alla freddezza modernista, si guadagnò l’attenzione e le copertine delle maggiori riviste del pianeta. Dal collettivo, che nel giro di pochi anni espose i propri lavori a Londra, Los Angeles, Tokyo, San Francisco, New York, oltre ovviamente a Milano, nacquero successivamente altri pezzi iconici come le poltrona First di De Lucchi (1982) e Bel Air di Shire (1982), la lampada Piccadilly di Taylor (1982), lo specchio Diva di Sottsass (1984), a fruttiera Cauliflower di Du Pasquier (1984), il vaso Cucumber di Bedin (1985). Così come il gruppo Memphis era esploso all’improvviso, altrettanto rapidamente terminò la propria stagione di rottura.
L’eredità del collettivo Memphis
Nonostante il successo, Sottsass lasciò infatti il collettivo da lui fondato già nel 1985. Il gruppo si sciolse poi ufficialmente tre anni dopo, quando i membri ritennero di aver esaurito il suo scopo, ovvero contrastare con uno stile molto aggressivo il design minimale dell’epoca. Sempre presente con una collezione al Salone del Mobile, il collettivo Memphis ha lasciato una pesante eredità nel mondo del design e della moda: gli oggetti prodotti dal gruppo sono molto ambiti dai collezionisti e, a distanza di decenni, non è raro che i colori e le forme di Memphis vengano “evocati” in passerella, come hanno dimostrato le collezioni di Christian Dior (2011), Missoni (2015) e Valentino (2017).