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Produrre vino in Norvegia: la sfida vinta di Bjørn Bergum

A causa del climate change, la viticoltura sta dando i suoi frutti anche in Norvegia. La scommessa vinta di Bjørn Bergum.

20 Aprile 2022 16:5320 Aprile 2022 16:54 Camilla Curcio
L'impresa di Bjørn Bergum: produrre vino in Norvegia

Chi lo avrebbe mai detto che un giorno, tra i fiordi norvegesi, qualcuno avrebbe prodotto vino. Eppure il viticoltore Bjørn Bergum ci è riuscito a causa del cambiamento climatico. E, ogni giorno, coccola le sue viti per ottenere una materia prima di livello. «Sembra assurdo ma è necessario stabilire una connessione con le piante», ha spiegato alla BBC, «quando, stamattina, mi sono svegliato, era tutto coperto da una coltre di neve. Mi sono avvicinato ai filari e ho sussurrato: ‘Non preoccupatevi, con il pomeriggio arriverà il sole». Forse Bergum è un po’ apprensivo ma le sue coltivazioni crescono a 61 gradi a nord dell’Equatore, ben al di fuori dei 30-50 gradi di latitudine reputati ideali per la produzione del vino. 

Perché il cambiamento climatico sta rivoluzionando la viticoltura

«L’emergenza climatica sta spingendo i vigneti sempre più a nord», ha sottolineato il climatologo Greg Jones. «Negli anni, le temperature fredde hanno subito un rapido processo di ricalcolo. E le soglie più difficilmente sostenibili si sono spinte nelle zone dell’estremo Nord e dell’estremo Sud degli emisferi boreale e australe». Questo ha fatto sì che esperimenti come lo Slinde Vineyard non fallissero. Posizionata lungo il Sognefjord, il più esteso e profondo fiordo di Norvegia, l’azienda gestita da Bergum e dal suo socio Halldis, si colloca agli estremi di questi nuovi limiti climatici e le viti crescono lungo pendii illuminati dal sole e circondati da montagne innevate.

L'impresa di Bjørn Bergum: produrre vino in Norvegia
Una parte dello Slinde Vineyard (Instagram)

Un tempo, la zona era inaccessibile: per buona parte dell’anno, a farla da padrone era il gelo. «Quando ero piccolo, gli inverni erano rigidissimi, cosa che, invece, non riscontro adesso», ha sottolineato l’imprenditore, «il tempo è cambiato molto. Quando piove, piove parecchio, è vero, ma quando fa caldo, fa davvero caldo per gli standard locali». La situazione che il Pianeta sta vivendo, tra allagamenti e ondate di afa insostenibili, lo preoccupa ma non può non considerare gli stravolgimenti climatici parte del suo successo professionale.

L'impresa di Bjørn Bergum: produrre vino in Norvegia
Una delle varietà di uva coltivate da Bergum (Instagram)

Tra duro lavoro e pregiudizi

In ogni caso, produrre vino in queste aree rimane una sfida per nulla facile da gestire. Servono sacrifici e pazienza: dall’inizio del progetto, Bergum lavora con oltre 2700 piante e un’ampia varietà di uva, in modo da creare mix dal sapore esotico e dal retrogusto leggermente terroso. Uno dei segreti sarebbe la particolare luce di cui godono le sue vigne: «Il nostro vantaggio è proprio questo. Oltre alle notti fresche e ai raggi del sole che si riflettono dalla superficie del fiordo sulle valli». Nonostante gli ottimi feedback, convincere i clienti più reticenti della bontà di un vino norvegese non è semplice: «Molti vengono qui, lo assaggiano e ne tessono le lodi», ha dichiarato, «poi tornano in patria e non ne fanno menzione, forse perché la nostra reputazione in campo vinicolo è ancora troppo acerba. Ma è tutto un pregiudizio». Dopo i riconoscimenti nazionali, i due soci puntano a commercializzare il prodotto su scala internazionale e a continuare il training dei viticoltori locali, fino a mettere in piedi un distretto enologico.

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In Francia i viticoltori danneggiati dal riscaldamento globale

Altrove, tuttavia, il cambiamento climatico sta creando danni irreparabili. In Francia, nella regione di Bordeaux, ad esempio, le produzioni vinicole ne risentono. «Le variazioni termiche intaccano automaticamente quel che si versa nel calice», ha precisato Sally Evans, proprietaria di Chateau George 7, azienda nel Fronsac, «servono caldo e sole in giuste quantità per ottenere un’acidità tale da assicurare un vino fresco e bilanciato». Ecco perché, di recente, è stata obbligata a introdurre nuove tipologie di uva, più adatte alle condizioni atmosferiche, e nuove tecniche di coltivazione, tra potature utili a evitare le gelate primaverili e tetti di foglie per proteggere le piante dall’eccesso di luce solare. «Produttori e pubblico devono adattarsi a questa nuova normalità per sopravvivere», ha concluso, «è un processo in progress, nel quale è necessario accettare che il prodotto finito sia esposto a repentine variazioni di qualità nel tempo. In meglio o in peggio. Almeno fino a quando non si farà qualcosa per arginare l’emergenza ambientale».

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