Stipendi ai dirigenti pubblici, salta il tetto di 240 mila euro: cos’è successo
Salta il tetto agli stipendi dei mega dirigenti pubblici e scoppia la polemica. Il pd chiede una correzione, Renzi: "spero si torni al tetto"
Salta il tetto di 240mila euro sugli stipendi di alcuni dirigenti pubblici. La norma, che approderà in Aula alla Camera giovedì, è intanto stata accolta con “disappunto” da Palazzo Chigi e ha generato numerose polemiche.
Salta il tetto sugli stipendi di super dirigenti pubblici
Alcuni dirigenti pubblici non avranno più un tetto sui propri stipendi. Si parla in particolare dei vertici delle forze dell’ordine, tra cui capo della polizia, comandante dei carabinieri, comandante della Finanza e capo dell’amministrazione penitenziaria. Ma anche dei capi dipartimenti, i segretari generali dei ministeri, il segretario generale della presidenza del Consiglio. Essi in principio avevano un tetto di 240mila euro sullo stipendio, che adesso è saltato con l’approvazione in Senato del decreto Aiuti bis.

In particolare l’emendamento prevede che sia riconosciuto, su proposta del Mef, «un trattamento economico accessorio per ciascuno di importo determinato nel limite massimo delle disponibilità del fondo» per le esigenze indifferibili (che ha un dotazione annua di 25 milioni di euro). L’importo è attribuito anche in deroga al limite di legge per il personale della Pubblica Amministrazione pari alla retribuzione del primo presidente di Corte di Cassazione (240.000 euro annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali).
Palazzo Chigi, con cui non ci sarebbe stata una interlocuzione sul tema, non ha accolto con piacere la novità. L’emendamento parlamentare, fa notare la Presidenza del Consiglio, è inserito in un provvedimento Aiuti che «nulla ha a che vedere» con il tema del tetto.

La richiesta del Pd
Il Pd ha richiesto una immediata correzione per «ripristinare il tetto nel primo provvedimento utile e cioè nel dl aiuti ter». In particolare, hanno alzato la voce Debora Serracchiani, capogruppo dem alla Camera e Simona Malpezzi, capogruppo al Senato. Intanto Davide Faraone di Italia Viva ha parlato di «blitz», chiedendo che non si facciano «passi indietro» rispetto alla regola voluta dal governo Renzi.
Renzi: «un tetto che avevo messo io»
«Oggi il governo ha fatto una riformulazione di un emendamento e non avevamo alternative», ha dichiarato il leader di Italia Viva. Un compromesso, secondo Matteo Renzi, «per evitare che saltasse tutto», ovvero l’approvazione da parte del Senato del decreto Aiuti bis. «Spero si torni al ‘tetto Renzi’ di 240mila euro. Non mi sembra un’idea geniale aumentare adesso gli stipendi ai massimi dirigenti, ma non potevamo che votare il decreto altrimenti saltavano 17 miliardi di aiuti. Ma il tetto a 240mila euro mi sembrava molto più serio di quanto è stato deciso oggi», ha poi aggiunto Renzi.