A ogni aggiornamento le stime sull’economia mondiale peggiorano. Le ultime in ordine di tempo sono state quelle del Fondo Monetario Internazionale che ha giudicato gli scenari «sempre più cupi e incerti», rivedendo al ribasso diversi indicatori. A partire dal Pil mondiale che quest’anno crescerà solo del 3,2 per cento, la metà dello scorso anno (6,1 per cento) e 0,4 punti in meno rispetto alle previsioni di solo tre mesi fa. Preoccupa anche l‘inflazione che sarà al 6,6 per cento nelle economie avanzate e al 9,5 per cento nei Paesi emergenti e in via di sviluppo.
Tra le cause la guerra in Ucraina, l’inflazione, il sovra-indebitamento dei Paesi emergenti e l’incognita Covid
Per ora si parla solo di rallentamento e non ancora di recessione vera e propria, anche se gli indicatori non promettono nulla di buono. I rischi non mancano. Su tutti la guerra in Ucraina e le sue possibili conseguenze come lo stop delle forniture di gas russo all’Europa. Poi l’impennata dei prezzi, il sovra-indebitamento del Paesi emergenti e l’incognita Covid con la possibilità di nuovi focolai in Cina. Se queste minacce dovessero tradursi in realtà allora secondo il capo economista del Fmi Pierre-Olivier Gourinchas «il mondo potrebbe presto trovarsi sull’orlo di una nuova recessione globale, a soli due anni dall’ultima». Senza dimenticare che le tre maggiori economie del mondo, Stati Uniti, Cina ed Europa, sono in fase di stallo.

Il Fmi taglia le stime di crescita dell’Eurozona, bene l’Italia
Spostando l’attenzione proprio sull’Eurozona, il Fmi ha previsto per il 2022 una crescita del 2,6 per cento (-0,2 per cento) e dell’1,2 per cento per il 2023 (-1,1 per cento). Meglio fa l’Italia che grazie al turismo e all’industria nel 2022, secondo l’aggiornamento del World Economic Forum pubblicato ieri, dovrebbe crescere del 3 per cento, lo 0,7 per cento in più delle proiezioni di aprile. Un aumento a cui però seguirà nel 2023 la riduzione di un punto percentuale rispetto alle stime di aprile allo 0,7 per cento. Una frenata legata agli alti prezzi dell’energia e alla stretta delle condizioni finanziarie. Per quanto riguarda le altre grandi economie dell’Eurozona, il Fmi prevede una crescita del Pil tedesco dell’1,2 per cento nel 2022 (-0,9 per cento) e dello 0,8 nel 2023 (-1,9) mentre le proiezioni per la Francia sono di un +2,3 per cento quest’anno (-0,6 rispetto ad aprile) e di un +1 il prossimo anno (-0,4). II Pil spagnolo crescerà del 4 per cento nel 2022 (-0,8) e del 2 per cento nel 2023 (-1,3) mentre quello del Regno Unito del 3,2 e dello 0,5, con una riduzione rispettivamente dello 0,5 e dello 0,7 per cento rispetto alle proiezioni di aprile.
Il rallentamento di Russia e Cina
Sebbene l’Europa stia pagando il peso maggiore delle conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina e dell’inasprimento della politica monetaria, non è certo l’unica a vedere nubi all’orizzonte. Con una crescita stimata al 2,3 per cento quest’anno, 1,4 punti in meno rispetto all’ultima previsione di aprile, anche gli Stati Uniti stanno subendo un rallentamento della crescita. La Federal Reserve questa settimana si prepara ad aumentare i tassi per la quarta volta dall’inizio dell’anno. La probabilità che gli Stati Uniti riescano a evitare una recessione è bassa. Secondo Gourinchas anche «un piccolo shock rischia di far precipitare l’economia americana». Per quanto riguarda la Cina, invece, nel 2022 il suo Pil crescerà solo del 3,3 per cento, ovvero 1,1 punti in meno rispetto all’ultima previsione del Fmi. Un taglio dovuto ai ripetuti lockdown imposti dalla politica zero Covid e all’aggravarsi della crisi immobiliare le cui ripercussioni sono state su scala mondiale.

L’eccezione della Russia: il Pil cala meno di quanto previsto
La Russia in questo quadro cupo rappresenta una eccezione. Quando quest’anno il Fmi contava su un crollo del Pil dell’8,5 per cento a causa delle sanzioni occidentali. Ora il calo è del 6 per cento. Questo perché le esportazioni di greggio hanno comunque retto e la domanda interna per ora tiene.
L’inflazione potrebbe tornare ai livelli pre-pandemia dopo il 2024
L’altra grande minaccia dell’economia globale è l’inflazione causata dall’aumento dei prezzi di cibo ed energia ma anche dall’aumento dei costi della supply chain, le catene di fornitura, e della carenza di manodopera nelle economie avanzate. I salari non sono adeguati ai prezzi e così il potere di acquisto si sta erodendo quasi ovunque. Il Fmi non è troppo ottimista sulla tempistica del picco dell’inflazione: «In genere si prevede che l’inflazione si avvicinerà ai livelli pre-pandemia entro la fine del 2024». Tuttavia, diversi fattori potrebbero spostare la data sul calendario. Su tutti ancora le conseguenze del conflitto in Ucraina che potrebbe portare a un ulteriore aumento dei tassi di riferimento delle banche centrali. «Questi shock rischiano di causare una stagflazione». Che per ora, chiarisce il Fmi, resta solo una ipotesi di scuola.