Dodicimila di troppo

Giovanna Predoni
05/08/2021

In un documento non ancora pubblico Stellantis indica il numero di tagli che vuole fare nelle fabbriche italiane. Il 18 per cento dei 66 mila dipendenti, tra operai e colletti bianchi, da qui al 2024 dovrà lasciare il colosso dell'auto.

Dodicimila di troppo

Carlos Tavares non è mai entrato nel dettaglio, ma l’ha fatto capire in tutti i modi. Anche di recente. «In Italia non si può tenere lo status quo», ha detto l’ad di Stellantis lo scorso 3 agosto presentando agli analisti i buonissimi risultati del primo semestre. «Se lo facciamo ci mettiamo nei guai». Parole inequivocabili, appena edulcorate da un elogio dei rapporti col sindacato: «La qualità del dialogo con loro e il governo è molto alta». Forse perché né le parti sociali né l’esecutivo avevano contezza dei progetti del manager portoghese per le fabbriche italiane del gruppo. O forse lui stesso non li aveva ancora compiutamente definiti. Adesso quei progetti ci sono, e hanno preso forma in una bozza che dovrebbe costituire un primo documento negoziale. Tavares prevede da qui al 2024 la fuoriuscita di 12 mila dei 66 mila dipendenti che attualmente costituiscono la forza lavoro di Stellantis in Italia. Degli esuberi la maggioranza, 7 mila, sono operai. Il resto colletti bianchi. Stiamo parlando alla fine di un ridimensionamento che riguarda il 18 per cento della forza lavoro.

Il rimborso del prestito da 6,5 miliardi garantito Sace

Ciò evidentemente sarà accompagnato da un drastico ridimensionamento dei nove siti produttivi, a eccezione del polo di Cassino dalle cui linee escono le Alfa Romeo Giulia e Stelvio, e che un recente studio della Cisl ha individuato come il peggiore per quanto riguarda la produttività (l’ufficio studi del sindacato ha confrontato il primo semestre di quest’anno con l’analogo periodo del 2020). Per avere mano libera sui suoi insediamenti italiani, Stellantis dovrà però restituire il prestito da 6,3 miliardi garantito dal governo italiano. Negli incontri dei mesi scorsi con Mario Draghi, ma soprattutto con il ministro competente Giancarlo Giorgetti, la questione ha tenuto banco almeno quanto la richiesta, poi esaudita dalla casa automobilistica, di far nascere in Italia, esattamente a Termoli, la terza gigafactory del gruppo per la produzione di batterie elettriche. Alla restituzione del finanziamento agevolato invece non si è ancora formalmente proceduto, ma il segnale esplicito che si vada in questa direzione è arrivato il mese scorso quando Stellantis ha annunciato di aver ottenuto da un pool di 29 grandi banche internazionali una linea di credito da 12 miliardi. Un finanziamento che va a sostituire quelli precedentemente erogati in Francia e in Italia, tra cui appunto quello di Banca Intesa garantito da Sace. Che, una volta rimborsato, dovrebbe consentire al gruppo di avere mano libera sui licenziamenti, togliendo al contempo al governo l’arma per opporvisi.

Stellantis ha nei piani 12 mila esuberi della forza lavoro nelle fabbriche italiane
Carlos Tavares, ad Stellantis (Getty Images).

I tagli risparmieranno gli stabilimenti francesi e spagnoli

Come la prenderà il governo, la cui decisione di sospendere il blocco dei licenziamenti è accompagnata da forti polemiche, è difficile da prevedere. Il rapporto con l’ad Tavares e il presidente John Elkann, almeno negli incontri avuti nei mesi scorsi a Roma, è stato abbastanza freddo. Sicuramente la decisione di impiantare la gigafactory a Termoli è stata accolta come un gesto conciliante da parte dei vertici della multinazionale franco-italiana (per la verità più franco che italiana). C’è da pensare che non sarà altrettanto per i 12 mila mila esuberi previsti dal piano di ristrutturazione, visto anche (e su questo è immaginabile che la reazione della politica sarà forte) che esso non tocca o lo fa solo in minima parte gli assetti occupazionali degli stabilimenti d’oltralpe (ora magari si capisce perché il governo francese abbia voluto rimanere nell’azionariato)  e spagnoli. Stellantis, peraltro, ha appena chiuso un primo semestre del 2021 in salute, con ricavi per 75 miliardi di euro e un utile operativo di 8,6. Dati che di certo forniranno ai sindacati il destro per fare muro contro i tagli in un autunno che su questo fronte per il colosso dell’auto si preannuncia bollente. Anche perché la bontà dei risultati non ha sin qui inciso minimamente sull’utilizzo massiccio della cassa integrazione.