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I nomadi di Tavares

Duecento operai Stellantis di Melfi e Pomigliano sono stati trasferiti temporaneamente nell’hub di Vesoul, in Alta Saona. La rabbia dei sindacati francesi: «Scandaloso mandare a casa 300 precari, ci mettono uno contro l’altro». Una storia che in Italia è stata pressoché ignorata.

16 Novembre 2021 14:5116 Novembre 2021 14:58 Redazione
Duecento operai Stellantis di Napoli trasferiti a Vesoul

«I nomadi di Stellantis». C’è chi definisce così i 200 operai napoletani del gruppo che hanno accettato la proposta di trasferirsi temporaneamente nello stabilimento di Vesoul, nel dipartimento dell’Alta Saona, Francia orientale. A quasi 1300 chilometri da casa.

Stellantis ha lasciato a casa dal giorno alla notte 300 precari

Hub per i pezzi di ricambio, il polo di Vesoul è stato meno colpito dalla mancanza di semiconduttori che ha causato un pesante calo della produzione. Solo nel terzo trimestre Stellantis ha prodotto circa 600 mila veicoli in meno del previsto (-30 per cento). Una contrazione che ha spinto il gruppo a delocalizzare una parte di manodopera su base volontaria, favorendo la mobilità interna. Gli arrivi di operai dalle fabbriche di Melfi e Pomigliano nella città francese sono stati in due tranche: 80 il 25 ottobre e 120 il primo novembre. Alcuni lavoratori resteranno in Francia fino al 31 dicembre altri fino al prossimo giugno. A loro si sono aggiunti 70 dipendenti provenienti dallo stabilimento di Mulhouse e una ventina da quello di Sochaux. Questo mentre 300 lavoratori in somministrazione sono stati mandati a casa dall’oggi al domani.

Le condizioni di lavoro prevedono un compenso per vitto e alloggio ma nessun bonus trasferta

Il trasferimento in Alta Saona per molti italiani non è stata una vera scelta. «Non ci è stato imposto, ma quasi», ha detto a France Info uno di loro spinto in Francia dalla mancanza di lavoro. E di stipendio, visto che i giorni non lavorati non sono pagati. «In Italia siamo fermi da molto. Si lavorava due o tre giorni a settimana». Così in molti hanno accettato di trasferirsi. Abituati ad assemblare Jeep o Fiat 500, a Vesoul si sono adattati a lavorare come magazzinieri. «Siamo pronti a tutto», ha spiegato un altro operaio. «A percorrere 1300 chilometri, a cambiare mansioni. L’importante è poter sfamare in nostri figli. Anche se si fanno dei sacrifici, almeno qui ci restituiscono un briciolo di dignità». Le condizioni di lavoro prevedono lo stesso salario, licenze per tornare a casa ogni 45 giorni e un compenso per vitto e alloggio, ma nessun bonus trasferta. Leggere la descrizione dei giornali locali dell’arrivo a Vesoul di questi lavoratori è come tornare indietro di almeno mezzo secolo. In città, scrive France Info, i nuovi arrivati si riconoscono dai vestiti invernali, «come se si trovassero sulle piste da sci, con il berretto fino alle orecchie e piumini chiusi fino al mento. Dopo il lavoro si ritrovano alla Bella Vita, una pizzeria gestita da una italiana che fa loro da interprete e li aiuta a trovare un alloggio economico».

La rabbia dei sindacati francesi: «Ci mettono gli uni contro gli altri»

L’arrivo dei 200 italiani ha messo sul chi vive i sindacati. L’8 novembre, Jean-Pierre Mercier, delegato della Confédération générale du travail (CGT) in Stellantis ha denunciato in una intervista a France Tv Info la volontà da parte del gruppo di «trasformare gli operai in nomadi dell’industria automobilistica». «Francesi, italiani o polacchi poco importa», ha sottolineato il sindacalista: «Carlos Tavares vorrebbe vederci attraversare l’Europa per guadagnare un tozzo di pane, mettendoci uno contro l’altro». Una guerra tra poveri. «Se fino a ora i dipendenti di Stellantis consideravano i lavoratori in somministrazione una minaccia, ora sono questi ultimi a essere in concorrenza con i colleghi italiani». Una guerra, almeno questa di Vesoul, inutile visto che l’hub non conosce crisi: «Qui c’è lavoro per tutti», garantisce Mercier. 

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