Spia russa nella base Nato di Napoli per quasi 10 anni: l’inchiesta

Debora Faravelli
26/08/2022

La donna, vissuta sotto copertura, è venuta a contatto con numerosi militari, colonnelli e ufficiali. La fuga dall'Italia nel 2018, dopo le rivelazioni sulle attività degli 007 russi in Europa.

Spia russa nella base Nato di Napoli per quasi 10 anni: l’inchiesta

Per quasi dieci anni ha vissuto sotto copertura come spia russa presso la base della Nato di Napoli. É la storia di Maria Adela Kuhfeldt Rivera, presentatasi come una donna nata in Perù da padre tedesco e a lungo infiltrata tra il personale del quartier generale dell’Alleanza Atlantica e della VI Flotta statunitense.

Spia russa nella base Nato a Napoli

La sua vicenda è stata portata alla luce da Repubblica, che per dieci mesi ha condotto un’inchiesta in collaborazione con il sito investigativo Bellingcat, il settimanale Der Spiegel e The Insider. La traccia principale che la collega ai servizi segreti di Mosca è il passaporto russo che ha usato per entrare in Italia, appartenente alla stessa serie speciale utilizzata dagli 007 del Gru (l’intelligence militare agli ordini del Cremlino). Poi il nome falso, come già si era scoperto in Sudamerica negli anni passati (il suo attestato di battesimo era stato emesso da una parrocchia costruita nove anni dopo la data che reca).

Il suo percorso di infiltrazione in Europa è iniziato più di dieci anni fa. Dal 2009 al 2011 si è spostata tra Roma e Malta, poi si è stanziata a Parigi dove ha registrato una società di gioielleria con il marchio Serein. Dopo i primi anni di ambientazione in Occidente, pronta per compiere la sua missione nel nostro paese, si è trasferita ad Ostia in qualità di studentessa e anche qui, nel 2013, ha dato vita alla Serein Srl per confezionare gioielli. La ditta ha aperto un laboratorio nel centro orafo Il Tarì di Marcianise e la giovane si è dunque trasferita a Napoli. Qui si è imposta nella vita cittadina, con eventi e vernissage a cui hanno partecipato vip e volti noti, prima di dare il via all’operazione vera e propria.

L’infiltrazione nel quartier generale

Tutto è iniziato con l’iscrizione al Lions Club “Napoli Monte Nuovo”, un club fondato dagli ufficiali della base Nato di Lago Patria. I soci sono praticamente tutti militari, impiegati e tecnici dell’Alleanza Atlantica o della VI Flotta statunitense, comandi che gestiscono le missioni della Nato e le attività della marina statunitense in Europa. Nel 2015, Maria Adela ne è diventata segretaria («Lei può rianimare le iscrizioni grazie alle sue relazioni internazionali e a quelle con la società civile», aveva sostenuto un dirigente), partecipando a tutti gli eventi e instaurando relazioni, anche sentimentali, con i componenti – non è un caso che, proprio in quegli anni, l’occupazione della Crimea e la spedizione militare in Siria avevano l’area di interesse russa nel cuore del Mediterraneo.

Per giustificare la sua cittadinanza russa, aveva raccontato a tutti di essere nata in Sudamerica da padre tedesco e madre peruviana che, da piccola, l’aveva portata a Mosca per partecipare alle Olimpiadi del 1980. La donna era però dovuta rientrare d’urgenza in patria e l’aveva affidata ad una famiglia di conoscenti sovietici senza mai più tornare. Una storia che ha fatto dubitare molte persone con cui è venuta in contatto insieme al fatto che, pur non guadagnando molto, cambiava spesso appartamenti nelle zone più belle della città e si era anche offerta di pagare la tassa di iscrizione al Lions Club a tutti.

Non è noto se, grazie alle relazioni strette con militari, ufficiali e colonnelli, sia fisicamente riuscita ad entrare nella base Nato o nel comando Usa, ma ci sono indizi robusti della sua presenza durante alcune cerimonie. Non si sa nemmeno quali informazioni sia stato in grado di ottenere né se abbia seminato virus informatici nei telefoni e nei computer dei suoi amici. Ciò che è evidente è che, comunque, è entrata in contatto con figure chiave della Nato e della Marina americana prima di lasciare per sempre l’Italia nel 2018. Casualmente a poca distanza dalle rivelazioni sugli 007 russi che avrebbero sparso veleni letali in Europa.

Dopo diversi tentativi di contattarla da parte degli amici napoletani, è stata lei stessa a farsi viva tramite un post condiviso sui social network: «La verità che devo finalmente rivelare. Stavo provando a nascondermi da me stessa, in qualche momento ci sono riuscita! Adesso i capelli stanno crescendo dopo la chemio, corti corti ma ci sono… Mi manca tutto, però sto provando a respirare».

La vera identità

L’inchiesta di Repubblica è stata in grado, grazie a minuziose analisi nei database russi e a software per la comparazione dei volti, di rendere nota la vera identità della spia. Si tratta di Olga Kolobova, nata nel 1982 e figlia dell’ex preside di una facoltà militare nell’università di Ekaterinburg. Un colonnello che ha ricevuto numerose medaglie «per avere servito la patria all’estero, in Angola, Iraq e Siria» e che si è quindi occupato di intelligence. Non un caso, ancora una volta: spesso gli agenti del Gru vengono reclutati proprio tra i figli degli ufficiali.