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Farsa nello spazio

Sono sempre di più gli studiosi che criticano l’effettiva utilità dei viaggi in orbita organizzati dai magnati. Le spedizioni costerebbero troppo e non apporterebbero alcun beneficio alla ricerca, rimanendo solo grandi operazioni pubblicitarie.

13 Ottobre 2021 14:08 Redazione
I viaggi nello spazio dei magnati sarebbero esclusivamente operazioni di marketing che non apporterebbero alcun progresso alla ricerca

Pubblicità tanta, utilità poca. È la critica mossa da più parti nei confronti di Bezos, Musk e Branson. Più in generale verso i maganti che da tempo ormai si sfidano a suon di viaggi nello spazio. Nei panni del James T Kirk di Star Trek la spedizione tra le stelle era giustificata dalla necessità di salvare l’umanità. Oggi, invece, le motivazioni di William Shatner appaiono totalmente diverse. Non c’è nessuno a cui prestare soccorso, per questo l’unica ragione per volare rimane la promozione di Blue origin, compagnia del magnate americano Jeff Bezos. Trasformare in un reale turista dello spazio, il protagonista forse più celebre dei film ambientati in orbita è stata una trovata geniale, difficile da eguagliare in termini di riscontro mediatico anche per l’uomo più ricco del mondo. Un punto a favore di Bezos, all’interno di quello scontro tra titani che è diventato il rapporto tra lui ed Elon Musk.

La gita di Che Shatner, 90 anni, prevista per oggi, 13 ottobre 2021, lo renderà l’uomo più anziano del mondo ad aver viaggiato nello spazio, durerà undici minuti e partirà da una base nel deserto del Texas. Ma sarà soprattutto una gigantesca operazione di marketing. Capace probabilmente di abbassare i riflettori nei confronti dei problemi con cui Amazon deve sempre più spesso confrontarsi: dalle accuse di sessismo, al clima sul posto di lavoro definito «tossico», fino all’aggiramento delle disposizioni in materia di sicurezza. Diatribe che non sembrano scalfire Bezos, certo della bontà delle missioni, tassello fondamentale all’interno di una strategia più ampia. L’obiettivo è, infatti, trasferire progressivamente nello spazio l’industria pesante terrestre. I razzi, sostiene, sono veicoli spaziali pioneristici in grado di essere riutilizzati, di mutare funzione e abbattere i costi sostenuti dai governi per le operazioni.

“We are just at the beginning, but how miraculous the beginning is.” @WilliamShatner is ready to go to space. #NS18 pic.twitter.com/u3MnOAbWtW

— Blue Origin (@blueorigin) October 12, 2021

Cifre sproporzionate per la durata e la tipologia dei viaggi spaziali

Eppure stando alle cifre non si direbbe. Analisti di settore affermano, infatti, come, al netto dell’impatto mediatico, escursioni del genere offrano soltanto sparuti momenti in assenza di gravità e la possibilità di osservare la Terra da appena 70 miglia di distanza. Niente a che vedere con la Nasa, capace, per atterrare sulla luna, nel 1969, di inviare i suoi uomini addirittura a 250 miglia dal nostro pianeta. «L’esplorazione umana dello spazio è una scommessa, ma riguarda un futuro ancora molto lontano», ha scritto nel suo blog, No Mercy / No Malice, Scott Galloway, professore di strategia del marchio e marketing presso la Stern School of Business dell’università di New York. E ha aggiunto: «Quando Bezos al termine del suo volo ha ringraziato dipendenti e clienti Amazon per averlo permesso, aveva ragione. L’82 per cento delle famiglie americane è membro Prime». Il docente ha poi rincarato la dose, riferendosi al turismo spaziale come a «un affare orribile». Critiche a cui Bezos ha indirettamente replicato durante un’intervista alla Cnn: «Chi vede il turismo spaziale come un affare per ricchi ragione. Ma dobbiamo proseguire lungo un doppio binario. Lo scopo della missione Blue Origin è tracciare il percorso, affinché le prossime generazioni possano svolgere nello spazio attività incredibili e magari risolvere alcuni problemi della Terra».

I’m game. https://t.co/JVbuGzztje

— Jeff Bezos (@JeffBezos) October 11, 2021

Intenzioni nobili, con un occhio di riguardo ai profitti. Il settore del turismo spaziale, sottolinea il Guardian, potrebbe vale 2,7 miliardi di dollari entro il 2027, mentre c’è chi ritiene che Bezos abbia già venduto l’equivalente di 100 milioni di dollari in biglietti per futuri viaggi. Trenta, invece, sono quelli versati dal vincitore dell’asta per aggiudicarsi un volo nello spazio: «Con quei soldi potrebbe aumentare di 20 dollari l’ora il salario dei dipendenti», ha detto piccato Galloway.

Non solo Bezos, a che punto sono gli altri magnati dello spazio

Ma non c’è solo Bezos: Branson è decollato nove giorni prima del magnate di Amazon, sul razzo VSS Unity di Virgin Galactic, e poco dopo ha aperto le vendite per i prossimi decolli, programmati nel 2022. Musk lavora in collaborazione con la Nasa e trasferisce astronauti statunitensi da e verso la stazione internazionale. È, inoltre, l’unico ad aver spedito in orbita un equipaggio completamente privato. Con la missione Inspiration4  poi, il mese scorso, ha raccolto più di 210 milioni di dollari per l’ospedale pediatrico St Jude. L’obiettivo, mai celato, è trasportare prossimamente turisti sulla stazione, ma anche sulla luna. Spedizioni suggestive, ma sulla cui effettiva utilità è intervenuto anche un membro del Congresso, il democratico Earl Blumenauer, proponendo una tassa per turisti spaziali e compagnie: «L’esplorazione dello spazio non è una vacanza esentasse per i ricchi. Proprio come i normali americani pagano le tasse quando acquistano biglietti aerei, i miliardari, per non produrre nulla dovrebbero fare lo stesso. Non sono contrario. Tuttavia, le cose che vengono fatte esclusivamente per turismo o intrattenimento, dovrebbero a loro volta sostenere il bene pubblico».

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