Dopo la pesante sconfitta aIle recenti Amministrative, il premier spagnolo Pedro Sanchez ha sciolto il parlamento e convocato le elezioni politiche anticipate il 23 luglio. Se il trend elettorale dovesse proseguire, tuttavia, la destra (Popolari e Vox) avrebbe una grande occasione di (ri)conquistare il governo del Paese. Per Vox, soprattutto, l’occasione di affermare il suo ruolo di stampella indispensabile per i Popolari. Un risultato assai lusinghiero per il movimento neo-franchista che, nato nel 2014, dopo qualche anno passato in sordina, ha ottenuto una sorprendente affermazione alle elezioni politiche del 2019, per poi vivacchiare – al di là della visibilità mediatica – all’opposizione del governo di centro-sinistra.

La transizione spagnola dopo Franco e la frammentazione dell’estrema destra
Per comprendere il successo di Vox, occorre forse ricordare, brevemente, la parabola complessiva della destra nell’evoluzione politica iniziata all’indomani della scomparsa di Francisco Franco, il dittatore che aveva saldamente retto le sorti della Spagna dal 1939, cioè dalla vittoria nella guerra civile, alla sua morte, avvenuta nel 1975. Inizia proprio con la scomparsa del caudillo, e l’incoronazione, pochi giorno dopo, di Juan Carlos I di Borbone, quella transizione spagnola che, politicamente, si conclude con l’affermazione, alle politiche del 1979, dell’Union de Centro Democratico, una sorta di calderone moderato di destra, guidato da Adolfo Suárez (che era stato l’ultimo segretario del partito franchista), e che comprendeva socialdemocratici, liberali, cattolici e falangisti (la Falange era il movimento guidato da José Antonio Primo de Rivera, che, al termine della guerra civile, aveva dovuto cedere ai più «moderati» franchisti lo scettro del comando). Vuoi che l’UDC di Suárez in qualche modo intercettasse anche le pulsioni più radicali e conservatrici, vuoi che la destra radicale stessa non riuscisse a liberarsi dai paradigmi del più classico neofascismo falangista, per decenni quest’area politica spagnola si è presentata come estremamente frammentata, debole e quindi piuttosto emarginata. E nonostante un retroterra assai consolidato, e quindi “promettente” (basti pensare che nella Spagna di Franco, avevano trovato rifugio alcuni dei più “iconici” personaggi, compresi vari criminali, legati all’epopea fascista e nazista, da Vintila Horia, erede di Corneliu Z. Codreanu alla guida del fascismo romeno, a Léon Degrelle, leader del fascismo belga, che, fino alla morte, avvenuta nel 1994, continuò, imperterrito, a divulgare con una copiosa pubblicistica le sue idee naziste), un vero partito erede del franchismo non era mai nato.

Il crollo dei centristi e il rilancio della destra radicale
Se il 1979 segna la nascita del grande centro moderato, il 1982 ne segna però il tracollo, cosa che provoca un vero e proprio smottamento nell’elettorato conservatore che, per la gran parte, confluisce nell’Alianza Popular di Manuel Fraga Iribarne, da cui nasce il Partido Popular che, sotto la guida di José Maria Aznar, riuscirà a intercettare le istanze più conservatrici (i politologi parleranno di «estremismo di centro»), arginando così lo sviluppo di un blocco di destra radicale. Che, tuttavia, è solo rimandato: l’offerta politica spagnola, per così dire, tutto sommato piuttosto ingessata (al blocco di destra di Aznar si era sostituito quello di centro sinistra di Zapatero), rivela tutta la sua debolezza di fronte ai forti problemi sociali derivanti dalla crisi finanziaria globale. La caduta del governo Zapatero, sotto il forte rischio di default economico del Paese, e la politica di tagli e sacrifici attuata dal suo successore, il popolare Mariano Rajoy, provocano infatti una riacutizzazione dell’estremismo, che rilancia i movimenti radicali, a sinistra come a destra.
La nascita di Vox e il franchismo sociologico
Principali interpreti di questa nuova stagione saranno Podemos, a sinistra (che nel 2016 diviene la terza forza politica del Paese) e Vox, nato, nel 2014, per iniziativa di alcuni transfughi dal Partido Popular, tra cui Javier Ortega Smith, grande ammiratore di José Primo del Rivera, Santiago Abascal, oggi alla guida del partito (e amico di Giorgia Meloni), Rocio Monasterio San Martin feroce anti-abortista e anti-femminista, Iván Espinosa de los Monteiros, economista turbo-liberista, grande ammiratore della Thatcher. Per loro, i popolari erano troppo disponibili ad accettare l’ideologia progressista e troppo morbidi nei confronti delle istanze secessioniste di baschi e catalani. Cuore della ideologia politica della nuova formazione è il cosiddetto “franchismo sociologico”, ovvero la riabilitazione, senza sé e senza ma del caudillo e del suo regime, mettendo al bando ogni senso di colpa nei confronti della dittatura e ricercando un rinnovato legame con le forze armate (e la chiesa integralista), per dar vita a un ritorno all’epoca d’oro appunto del franchismo.

Dal folcloristico Manuel Fernández Monzón de Altolaguirre ai seggi in parlamento
I primi anni di Vox non ne segnalano una grande affermazione. Gli stessi vertici, e leader, faticano a conquistare visibilità. Ci riescono personaggi più folcloristici, per così dire, per esempio Manuel Fernández Monzón de Altolaguirre, un ex generale in pensione (una specie di Pappalardo, per intenderci), braccio destro di uno dei più stretti collaboratori di Antonio Tejero, il colonnello della Guardia Civil che, il 23 febbraio del 1981, alla guida di un manipolo di 200 congiurati, tentò la disperata impresa di prendere d’assalto il Congreso de Diputados. L’ex generale si è segnalato anche per alcune frasi pubbliche scioccanti (si è per esempio più volte pubblicamente espresso sulla Catalogna con frasi del tipo «se vogliono l’Indipendenza, butteremo giù il Parlamento Catalano a cannonate», e simili), ma oltre a questo, non ha certo inciso politicamente.

Bisogna attendere il 2019 (alle elezioni di aprile), perché Vox conosca un exploit elettorale, con 24 seggi conquistati al Parlamento (l’ultimo rappresentante dell’estrema destra presente al Congreso , dal 1979 al 1982, era stato Blas Pinar Lopez, gerarca franchista che aveva poi fondato il partito Fuerza Nueva). Exploit bissato, anzi quasi raddoppiato, il successivo mese di novembre, quando il partito ottiene ben 52 seggi, affermandosi come terza forza, dopo il PSOE e il Partido Popular. A sostenere economicamente gli sforzi promozionali e organizzativi dei neo-franchisti, un coacervo di istituzioni, dall’Organizzazione dei mujaheddin del popolo iraniano, una fazione di opposizione al governo iraniano, dalla fondazione Francisco Franco e dalla lobby conservatrice Hazte oír (Fatti sentire) oltreché da numerose donazioni private e anonime (anche se, ormai, il 60 per cento del suo finanziamento è di fonte statale). In ogni caso, Vox non perde occasione di rilanciare la sua vena movimentista. Un esempio è la manifestazione di protesta, con gli immancabili saluti romani, organizzata in occasione del trasferimento della salma di Francisco Franco (in ossequio alla legge di Memoria democrática, che voleva impedire pellegrinaggi e iniziative nostalgiche) dalla Valle de los Caidos, il gigantesco mausoleo costruito fuori Madrid per accogliere le vittime della guerra civile, al più discreto cimitero del Mingorrubio. Da tenere presente che, l’evento, e la conseguente manifestazione, si sono svolti a ottobre 2019, esattamente un mese prima del clamoroso successo elettorale.

«A chi Gibilterra? A Noi!»
Bisognerà vedere se, il prossimo luglio, il “vento della destra” soffierà ancora così impetuoso in Spagna. Da par suo Vox non ha alcuna intenzione di mostrare una immagine più moderata e rassicurante, i leit motiv della sua campagna rimangono coerenti con l’identità stessa del partito, che si definisce monarchico, nazionalista, e centralista, professando contrarietà allo Stato delle autonomie, difensore dei valori cristiano-cattolici, dichiarandosi contrario all’aborto, contrario all’adozione da parte di coppie dello stesso sesso e a definire le unioni omosessuali stesse come matrimoni. È poi decisamente contrario all’immigrazione illegale (chiede per questo la chiusura delle frontiere, la «deportazione degli immigrati clandestini nei loro Paesi di origine» e condanna le «mafie dell’immigrazione clandestina» o chiunque collabori con loro «come le Ong»), al fondamentalismo islamico e al multiculturalismo non integrato. Molto critico sull’attuale modello europeo, ne combatte la visione sovranazionale, deciso a evitare che la Spagna possa cedere ulteriori quote di sovranità (ma non solo in senso ideale: reclama, per esempio, per il proprio Paese la sovranità su Gibilterra). Non per caso, in Europa aderisce (come Fratelli d’Italia) al gruppo dei partiti populisti di destra, nativisti e reazionari riuniti nel Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei. Ultraliberista in economia, chiede una drastica riduzione della spesa pubblica accompagnata dalla introduzione di una flat tax unica al 21 per cento, nonché la soppressione dei programmi di istruzione e sanità pubblica.