Perché Soumahoro può diventare il volto della nuova sinistra
Quando si sarà liberato di alcuni aspetti folkloristici che ancora gli servono per farsi apprezzare e di una certa retorica, Aboubakar Soumahoro sarà pronto per diventare il volto di una nuova sinistra. Questa destra vecchia e ottusa potrà anche tentare di tirare il freno, ma per fortuna il mondo e l'Italia corrono più veloci.
Ora che una destra vecchia come il cucco, appena riverniciata da un tono mondano, tipico del burino che viene ammesso per la prima volta nei salotti, e che scopre parole orecchiate come “underdog” o “postura”; ora che questa destra impresentabile ma premiata per via di una legge elettorale scandalosa si appresta, o si illude di governare l’Italia (anzi, nientepopodimenoche addirittura di “risollevarla”), una persona come Aboubakar Soumahoro, con la sua sola carismatica presenza, fa scomparire tutti i personaggi – quelli “costretti a travestirsi” da nazisti nelle feste di addio al celibato, o da Minnie, o da altri tipi di topi, o da nostalgici di Predappio – che popolano il partito di Giorgia Meloni. Che gli ha dato del tu, rivolgendosi a lui durante il discorso di insediamento, proprio come fanno gli impiegati delle poste non appena si trovano un extracomunitario allo sportello. «Mi dia del lei», l’ha rimbeccata Soumahoro, che è di un’altra stoffa e si vede. Ha un rispetto per i poveri come lui diverso da quello sbandierato dalla destra sociale, i cui rappresentanti capita di incrociare davanti ai supermercati mentre regalano pacchi di pasta ai clienti che entrano. Questa destra, che fa finta di essere moderna a parole, continua ad avere una strana idea della libertà, dell’economia e della giustizia; pensa infatti che i ricchi – si semplifica – debbano cercare una terza via al capitalismo e al liberismo (di socialismo, ormai, non parla più nessuno), dando tutto il potere a uno Stato paternalista, che si fa carico dei poveri nello stesso modo in cui garantisce i cosiddetti corpi intermedi, le corporazioni dei tassisti, degli ordini professionali, delle comunità locali, elargendo prebende, condoni e pacchi di spaghetti, che le tornano poi indietro sotto forma di voti.

Citazioni elitarie (forse troppo) e stivali infangati: così Soumahoro ‘cancella’ questa destra
«Sono quello che sono grazie a mia madre», ha detto Soumahoro. «Avrei voluto che fosse ancora viva. Anche se da bambino non portavo le scarpe, non dormivo su un materasso e non festeggiavo i compleanni, ho imparato da lei l’abnegazione, l’onestà, la rettitudine morale e l’amore per la vita e le persone». Bastano queste poche parole, rafforzate dal colpo di comunicazione del presentarsi in Parlamento con gli stivali del lavoratore, che hanno richiamato le felpe di Salvini, per marcare la differenza con le Meloni, i La Russa, le Santanchè, i Lollobrigida, i Piantedosi, impegnati a lottare per tenere lontano dall’Italia quelli come lui, che ruberebbero il lavoro agli italiani, porterebbero malattie e deliquenza, terrorismo e fanatismo religioso. Soumahoro diventerà un valido rappresentante della nuova sinistra, quando si sarà liberato di alcuni aspetti folkloristici che ancora tuttavia gli servono per fare breccia nel cuore della gente. Fa citazioni elitarie, ricordando il sindacalismo di Di Vittorio che rappresentava una classe operaia che non esiste più: lui stesso se ne rende conto quando dice che oggi gli sfruttati sono entità sfuggenti, ne fanno parte le partite Iva, gli addetti ai call center, i lavoratori delle piattaforme, i rider. Ma la sua sola presenza sprovincializza il Parlamento, finalmente un altro nero nella massima Istituzione italiana, dove i neri si sono sempre contati sulle dita di una mano, la ministra Cecile Kyenge e il senatore leghista Tony Iwoby: ora ci aspettiamo di vederne uno o una condurre il Tg1.

Il mondo corre verso il futuro, mentre la destra tenta inutilmente di tirare il freno
Si stima che in Italia viva quasi un milione di cittadini di discendenza africana, provenienti dal Nord Africa, dall’Africa subsahariana, dai Caraibi. Abbiamo dovuto sopportare per anni gli insulti della destra razzista a Balotelli, nato in Italia, con un cognome italiano («un negro non può essere italiano», dicevano i fanatici, che purtroppo non erano pochi) e aspettare che lo sport rispondesse con gli innumerevoli atleti di pelle nera ma italianissimi, diventati primatisti: da Fiona May a Magdeline Martinez, a Libania Grenot in atletica, a Tay Aguero nel volley, a Stefano Okaka nel calcio, a Marcell Jacobs, oro olimpico nei 100 metri conquistato alle ultime Olimpiadi di Tokyo, a Paola Egonu, un’altra pallavolista italiana attaccata perché nera. La destra è vecchia anche per questo: il mondo corre veloce verso il futuro, mentre loro sono lì a combattere inutilmente per rallentare, impedire, scoraggiare il desiderio di vita e di giustizia che è proprio di tutti gli uomini (almeno di quelli intelligenti). Salvini non fa che postare video su TikTok in cui si fa vedere mentre si riunisce con questo e con quello per chiudere i porti, invece di rimboccarsi le maniche per trovare soluzioni meno romantiche, che migliorino l’integrazione, per esempio: nessuno gli ha ancora detto che la Bibbia racconta quando il mare si divise in due per far passare i migranti israeliti guidati da Mosè, in fuga dagli egiziani che li inseguivano. I migranti esistevano prima che lui diventasse ministro, se ne faccia una ragione e, dispiace per la sua testardaggine, continueranno a esistere, regalandoci persone di valore come Aboubakar Soumahoro, che fanno, al contrario di lui, progredire l’Italia. Usando una retorica speculare a quella della destra, Soumahoro comunica in modo semplice, che aggancia le persone, salvo quando filosofeggia per dimostrare che ha studiato: è comprensibile, ma non gli mancherà l’intelligenza per riposizionarsi e per smettere di sentirsi un nero, per essere finalmente e soltanto un italiano.