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Lost the translation

Stipendi irrisori, turni di lavoro massacranti, burnout. Nonostante il boom delle serie internazionali, i professionisti che si occupano di sottotitolarle sono sempre meno.

15 Novembre 2021 15:07 Camilla Curcio
Dalle paghe risicate al poco tempo a disposizione per completare il lavoro, i sottotitolisti delle serie tivù sono esposti a uno stress crescente. Che li spinge ad abbandonare la professione

Tra i record macinati da Squid Game, il crescente successo delle serie tivù internazionali e l’apertura del mercato dello streaming a prodotti in lingua che, fino a poco tempo fa, erano considerati di nicchia, dovrebbe essere un momento d’oro per i sottotitolisti. Eppure non è così. Messi in ginocchio da salari discutibili, turni di lavoro sfiancanti e la minaccia del burnout, i traduttori a disposizione delle piattaforme on demand rischiano di sparire. 

I sottotitolisti sono pagati un dollaro per ogni minuto di girato

La popolarità conquistata da prodotti come il thriller spagnolo La casa di carta o l’action drama francese Lupin ha dimostrato che, nonostante per molti siano un elemento di distrazione, i sottotitoli sono fondamentali per attirare un pubblico globale e offrirgli la possibilità di seguire uno show senza il problema del gap linguistico. Ecco perché la fatica di chi li cura dovrebbe essere valorizzata di più. A partire dall’aspetto economico: gli interpreti lavorano per fornitori di servizi esterni ai network e vengono pagati 1 dollaro (0.87 centesimi) per ogni minuto di pellicola che traducono. L’operazione potrebbe sembrare immediata ma non lo è: talvolta, anche solo per rielaborare una battuta, impiegano ore. Una retribuzione del genere, ovviamente, scoraggia le nuove leve a intraprendere una carriera in questo campo. «È tutto molto triste, lo ammetto», ha dichiarato la traduttrice e copywriter freelance Anne Wanders al Guardian. «Se qualcuno mi chiedesse come fare per diventare sottotitolista, gli direi di non farlo, non ne vale la pena». Ingaggiata da diversi servizi streaming per la sottotitolatura in tedesco di serie in inglese, Wanders ama il suo mestiere. Ma la paga inconsistente lo ha reso, nel tempo, un vero e proprio incubo. «Fare una professione del genere è bellissimo ma non se hai bisogno di finanziarla coi tuoi risparmi. In quel caso non è più lavoro, è sfruttamento». 

L’esodo dei veterani fa venir meno la qualità offerta

La questione delle retribuzioni è il motivo fondamentale per cui, nonostante l’aumento della domanda, è sempre più difficile trovare esperti. «Con la pandemia, l’intrattenimento è diventato davvero globale», ha spiegato alla testata britannica il professor Jorge Díaz-Cintas. «Non ci si limita più a pellicole, comedy o crime in lingua inglese. Il pubblico è interessato anche ad altro e questo sta mettendo in crisi l’industria perché non ci sono professionisti qualificati da ingaggiare per rendere i contenuti accessibili a tutti». Davanti a stipendi che possono arrivare a sfiorare anche lo zero e livelli di stress insostenibili, i sottotitolisti più rodati stanno gettando la spugna, prediligendo incarichi economicamente più vantaggiosi. «Quando i veterani abbandonano il campo, chi può subentrare senza mandare in crisi l’ingranaggio?», ha sottolineato Max Deryagin, capo della British Subtitlers’ Association e rappresentante dell’Audiovisual Translators Europe. «L’unica soluzione è ripiegare su studenti, dilettanti, lavoratori part-time. E questo, naturalmente, influisce sulla qualità».

Solo lo 0,1 per cento del budget va ai sottotitolisti

Lo strumento per arginare questo esodo esiste e dovrebbe arrivare dai colossi dello streaming. Gli ottimi incassi ricavati dai palinsesti, infatti, dipendono in gran parte dalle versioni sottotitolate ma soltanto uno 0,1 per cento del budget va a chi le revisiona con cura. «La traduzione è un enorme fattore di profitto per compagnie come Netflix o Amazon Prime Video», ha ribadito l’americana Katrina Leonoudakis. «Il fatto che queste aziende multimiliardarie si rifiutino di pagare gli esperti che se ne occupano e, spesso, optano per l’offerente più basso accontentandosi di una qualità mediocre o di programmi automatici, mi fa pensare a quanto siano irrispettosi non solo nei riguardi della nostra professione ma anche nei confronti dei registi e delle opere che inseriscono nei loro cataloghi». 

Poco tempo, troppo stress

Ma i soldi non sono l’unico problema. Un altro ostacolo con cui la categoria si trova a dover fare i conti è la pressione determinata dal poco tempo a disposizione. Chi ha iniziato quando ancora il binge watching era una leggenda metropolitana, ricorda come avesse a disposizione anche una settimana per tradurre un film. Oggi vengono concessi al massimo due giorni. «Non so se fosse meglio prima o adesso, anche perché la situazione non è poi cambiata così tanto», ha aggiunto Tiina Kinnunen, da 30 anni nel settore, firma dei sottotitoli in finlandese di successi come Seinfeld e The West Wing. «Sicuramente, la stretta sui tempi è stata letale ed è andata ad aggiungersi agli altri fattori che tengono lontani i giovani da quest’ambiente». Per lei, il grosso errore delle piattaforme è stato sperperare fondi nella tecnologia a scapito dell’expertise umana: «Il tech, in un futuro non tanto lontano, avrà un ruolo decisivo nelle operazioni di sottotitolatura ma sarà necessario gestire la cosa con prudenza. Perché dovrà aiutare le persone a lavorare in maniera più organica, non dovrà puntare a sostituirle».

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