Stop allo smart working per chi lavora in Svizzera. Dal 1° febbraio non sarà più valido l’accordo stipulato durante il Covid. Chi non effettua la prestazione in sede non potrà ricevere il trattamento fiscale speciale.
Frontalieri: stop allo smart working da febbraio
I frontalieri tra Italia e Svizzera non potranno più fare lo smart working a meno di voler perdere l’agevolazione fiscale sui propri redditi che in questo caso sarebbero tassati in Italia. In sintesi, chi lavora da casa senza recarsi fisicamente oltre confine, perde «status» e agevolazioni fiscali.
Il mancato accordo tra il Governo e la Confederazione elvetica è collegata alla fine della fase di emergenza apertasi con il Covid. Dal 1° febbraio, infatti, scatta l’obbligo di svolgere l’attività in sede, pena l’incremento della tassazione sul salario.
I frontalieri italiani che si recano in Svizzer sono circa 90 mila e stanno vivendo momenti di attesa per conoscere il proprio destino lavorativo e fiscale. I sindacati chiedono il prolungamento dell’intesa così da permettere ancora lo smart working senza penalizzazioni sul salario.

I sindacati chiedono un’intesa per tutelare i lavoratori
I sindacati chiedono un negoziato sottolineando che il governo italiano ha disdetto l’accordo amichevole con la Svizzera e questo avrà effetti immediati annullando lo status di frontaliere con il conseguente incremento della tassazione sugli stipendi, ma nonostante i numerosi appelli da entrambe le parti del confine l’accordo sembra ancora lontano.
Il primo febbraio il tema dovrebbe approdare anche in Senato. La scorsa settimana, infatti, Toni Ricciardi, deputato Pd eletto in Europa, ha interrogato “urgentemente” il Ministero degli affari esteri per sapere come intenda tutelare i lavoratori frontalieri con la Svizzera che non potranno più beneficiare dello smart working. Il deputato ha chiesto un’ulteriore proroga almeno fino al prossimo giugno 2023 in attesa dei nuovi regolamenti previsti dalla UE per permettere ai frontalieri di mantenere le stesse agevolazioni fiscali.