Si dice che la destra vince perché parla agli elettori in modo semplice e che la sinistra, invece, non riesce a sfondare perché usa un linguaggio élitario, che la classe operaia e le fasce più deboli della società non capiscono, per questo votano Lega e Fratelli d’Italia. È un tema di grande interesse e difficile da svolgere. Proviamo a sintetizzare e quindi anche a banalizzare, i concetti semplici che la destra riesce a far arrivare al popolo, contrapponendovi ipotetiche risposte della sinistra.
Migranti uguale delinquenti: la sinistra rincorre a fatica
La destra dice che difende i confini dell’Italia dai migranti, con il corollario di presentare i migranti come pericolosi, per la nostra integrità nazionale, perché ci rubano il lavoro, perché portano delinquenza. Cosa dovrebbe rispondere la sinistra per essere altrettanto “basica” e convincere quindi gli elettori che ha ragione lei? Che i confini vanno difesi semmai da un esercito che attacca ma non da barconi di disperati disarmati che fuggono dai loro Paesi per cercare una vita migliore? Che gli immigrati non rubano il lavoro perché spesso si impiegano in mestieri che gli italiani non vogliono più fare? Perché non si può generalizzare e ci sarà pure tra loro qualche assassino, con un nome e un cognome, ma è sbagliato additare intere etnie come delinquenti? Sono risposte chiare, che tutti possono capire, ma sono a rimorchio degli slogan gridati dalla destra, che vince quindi 1 a 0 nei confronti di una sinistra che, se lanciasse slogan a favore dell’emigrazione, per cercare voti usando la stessa strategia – pur con finalità opposte – perderebbe ancora di più di quanto non perda quando si limita faticosamente a risponderle.

Contanti ed evasione: servirebbe una sacrosanta battaglia
La destra dice che ognuno deve poter disporre del suo denaro come vuole, che non è giusto ci sia un limite al contante, che ognuno deve essere libero di pagare con moneta invece che elettronicamente. Un concetto talmente semplice e, sembrerebbe, talmente rispettoso della libertà di ognuno che è davvero difficile argomentare una risposta altrettanto convincente. Ora poi a destra esultano perché l’Unione europea ha stabilito il limite in 10 mila euro (la Ue fa anche cose buone), dimenticando che 5 o 10, sempre un “tetto” è, e quindi ribadisce la necessità di non lasciare i cittadini liberi di disporre dei loro soldi come meglio credono. La sinistra, arrampicandosi, tenta di spiegare che il limite al contante serve a non far crescere le transazioni in nero, che scoraggerebbe l’evasione perché le evidenze raccolte dimostrano che usare pagamenti elettronici invece che in moneta induce tutti, chi compra e chi vende, a comportamenti fiscalmente più virtuosi, mentre molti studi collegano l’uso del contante al riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite. Proviamo a fare di queste sacrosante verità una “battaglia” della sinistra, per vincere le elezioni: meglio di no, vero?

Famiglia omogenitoriale: sfida persa in partenza
La destra dice che ogni bambino deve avere un papà e una mamma: contrastare questa banalità è durissimo. Perché a rispondere, come fa la sinistra, che occorre rispettare l’orientamento sessuale di ciascuno, perché un bambino adottato può essere felice anche in una famiglia omogenitoriale, si è già perso in partenza.

Sovranità alimentare: una potenza evocativa troppo forte
La destra dice che il prosecco e il formaggio italiano sono meglio dello champagne e dei formaggi francesi e introduce, giusto per smorzare l’ottusità dello slogan, il concetto di “sovranità alimentare“. Ne consegue l’idea di un’economia che guarda con simpatia all’autarchia, ai dazi, al protezionismo: tutte nozioni che credevamo di aver seppellito per sempre. La sinistra si affanna a rispondere che il pecorino e il camembert possono pacificamente trovar posto sulla stessa tavola, che se smettiamo di importare prodotti agricoli quelli che coltiveremo nei nostri brulli campi appenninici finirebbero per costare il triplo al cliente finale e non sarebbero comunque sufficienti e altri arzigogolamenti che nulla possono, ahimé, contro la potenza evocativa della supremazia del vino, del formaggio e delle pere nazionali.
Promesse facili non si conciliano con il senso civico
Gli esempi potrebbero continuare ma ci fermiamo qui perché crediamo di aver posto le basi per la domanda fondamentale: come può la sinistra opporre a questi temi mainstream, corredati di risposte così popolari, a volte sciocche, i suoi slogan ambientalisti, terzomondisti, globalizzanti, inclusivi? È evidente che il futuro che ci aspetta corrisponderà sempre di più al mondo che la sinistra intravede e non alla tradizione che la destra vuole conservare. È chiaro che il Paese così come lo immagina questa destra italiana che ha vinto le ultime elezioni ci fa rinculare nell’arretratezza, economica e culturale, invece di guidarci verso il progresso, e non è un caso che i loro punti di riferimento internazionali siano l’Ungheria sovranista di Orban, la Polonia di Duda, la Russia di Putin e non le grandi democrazie occidentali. In questo sforzo di semplificazione che ci siamo imposti, per riflettere su cosa dovrebbe fare la sinistra per vincere, c’è l’amara constatazione che la destra parla senza complessi di colpa a chi ha meno strumenti, a chi ha meno istruzione, meno mezzi economici: categorie di persone che vengono agganciate non già con il ragionamento, bensì da una sorta di immediatezza evidenziale, oltre che dalla promessa di risolvere necessità di sussistenza che fanno fatica a incrociarsi con il senso civico, la visione a lungo termine, la politica intesa – avrebbe detto Don Milani – come il modo di affrontare i problemi per «uscirne tutti insieme».

Di qua la propaganda becera, di là discussioni senza fine
La destra è abilissima a blandire il nostro egoismo e il nostro scarso senso solidale fornendoci giustificazioni («Prima gli italiani!»), campionessa nella promozione dell’individualismo menefreghista (lo abbiamo visto con la storia dei vaccini), delle ricette di giornata, del chi vivrà vedrà. La sinistra, al contrario, si macera in discussioni senza fine sulla sua stessa esistenza, elabora risposte articolate quando dovrebbe replicare alla propaganda della destra con slogan uguali e contrari, e finisce per espellere quei pochi che provano a usare una comunicazione semplice. Il fatto è che la sinistra non riesce a banalizzare, come fa la destra, quel che è obiettivamente complesso, dal fenomeno dell’emigrazione alla politica economica: si direbbe che una sorta di ricatto morale le impone di non prendere in giro le persone, facendo credere loro che un porto chiuso basti a risolvere gli esodi biblici che ci sono sempre stati e sempre ci saranno; che non è sufficiente dire nei comizi «basta alla finanza internazionale» per porre fine al liberismo; e ridare tutto il potere allo Stato non è la soluzione adatta nel sistema di capitalismo avanzato che l’Occidente ha scelto e di cui l’Italia fa parte; che alla povertà si risponde creando lavoro e non sussidi temporanei. Gli slogan della destra, insomma, attecchiscono tra i pigri del primo livello di lettura, quelli che preferiscono non farsi domande, mentre la sinistra campa (e muore) sugli approfondimenti. Il risultato è un modo di votare un po’ sventato, con croci sui simboli così tanto per fare, senza davvero riflettere che tipo di Paese hanno in mente le Meloni, i Salvini, i Berlusconi, i Fontana e i La Russa. Mentre la sinistra si strangola nella burocrazia, la destra prospera nella superficialità; mentre la sinistra finisce per essere compresa dai ceti più scolarizzati e benestanti, la destra fa man bassa di voti nelle periferie, intercettando il malcontento cui non sa proporre tuttavia che soluzioni effimere e di facciata. Ma intanto vince.