I numeri, a volte, non sono tutto. Non bastano soltanto le cifre per descrivere fenomeni complessi, come per esempio la trasformazione strutturale e progressiva di un Paese. Prendiamo il caso di Singapore, ricchissima città-Stato incastonata nel Sud-Est asiatico. Nel 2022 la sua economia è cresciuta del 3,6 per cento. Il ministero del Commercio e dell’Industria singaporiano ha rivisto al ribasso la stima anticipata a gennaio, che parlava invece di un +3,8. Come se non bastasse, il confronto con il dato dell’anno precedente potrebbe sembrare un altro segnale negativo, visto che nel 2021 da queste parti si è verificato un tasso di crescita dell’8,9 per cento. Le autorità locali devono inoltre fare i conti con uno scenario internazionale delicato che, tra le altre conseguenze, ha fatto salire l’inflazione intorno al 5,5 per cento, la soglia più alta dal novembre 2008 a oggi.

Circa 5,7 milioni di abitanti e un Pil pro capite di 72,794 dollari
In questo contesto, c’è infine chi teme che la crescita economica locale possa ulteriormente rallentare nel corso dell’anno, fino ad attestarsi tra lo 0,5 e il 2,5 per cento. Dovessimo affidarci alle statistiche nude e crude potremmo pensare che Singapore, al netto della sua immensa ricchezza (circa 5,7 milioni di abitanti e un Pil pro capite di 72,794 dollari), stia attraversando un momento complicato. Eppure, a livello macroeconomico, la piccola (ex) Tigre asiatica non è mai stata meglio, visto che sta accogliendo una quantità di miliardari senza precedenti.

In fuga da Pechino per le repressioni e le politiche anti-Covid
Complici le recenti strette politiche ed economiche varate dalla Cina, molti personaggi facoltosi hanno scelto di salutare l’ex Impero di mezzo per trasferirsi proprio a Singapore. Il risultato è che la città è felice di essere travolta da un afflusso senza precedenti di famiglie cinesi ultra ricche, che cercano di proteggere le loro rispettive ricchezze da un Partito comunista sempre più sospettoso. Le recenti repressioni di Pechino contro tycoon e celebrità, ma anche i tre anni di rigide restrizioni anti Covid, hanno portato molti magnati e tycoon a cercare un rifugio sicuro. Nervosi per il destino delle loro fortune, queste persone hanno così prenotato i biglietti di sola andata per Singapore.

Democrazia? Insomma: divieto di scioperi e proteste
Negli ultimi sei decenni Singapore è stata governata dal Partito di azione popolare (Pap) fondato dal “padre di Singapore” Lee Kwuan Yew nel 1954. Sulla carta la sua forma di governo è una repubblica parlamentare ma, in realtà, questa città-Stato abbraccia una democrazia sui generis. Dove gli scioperi sindacali e le proteste di piazza sono vietate. E dove, accanto a una ferrea meritocrazia fondata su ricchezza e finanza, trovano spazio condanne durissime, come frustate e carcere, per reati apparentemente lievi come realizzare un graffito su un muro.

Tasse basse e un furbo legame con Cina e gli Stati Uniti
Per il resto, a Singapore le tasse sono relativamente basse e la popolazione è per lo più di etnia cinese. L’intero territorio è una sorta di “zona neutrale” alimentata da un governo pragmatico, abile nel mantenere stretti legami di sicurezza con gli Stati Uniti e preservare solidi rapporti commerciali con la Cina. A queste latitudini le parole d’ordine sono due: armonia sociale e stabilità. Non è un caso che il presidente cinese Deng Xiaoping negli Anni 80, ai tempi della riforma economica della Cina, guardasse con interesse – e prendesse spunto – dalla creatura plasmata da Lee.

Case di lusso nell’esclusiva isola di Sentosa
Incrociando queste informazioni, dunque, è facile capire perché molti tycoon cinesi abbiano scelto di trasferirsi qui. In case di lusso con vista mare situate sull’esclusiva isola di Sentosa, che ospita anche un parco a tema, un casinò e un prestigioso golf club, il Sentosa Golf Club, ai cui membri stranieri è richiesto un pagamento annuo di 670 mila dollari. I nuovi arrivati guidano Rolls Royce e Bentley, spendono i loro patrimoni nei modi più assurdi e non si fanno scrupoli nel servire agli ospiti lo Yamazaki 55, un raro whisky giapponese da 800 mila dollari a bottiglia, e sigari dal valore di 60 mila dollari.

I tycoon cinesi non vogliono fare la fine di Jack Ma
Il trasferimento a Singapore mette la ricchezza dei tycoon cinesi, la maggior parte dei businessman presenti in loco, fuori dalla portata di Pechino. Per intenderci, nessuno vuole ripetere l’esperienza capitata a Jack Ma, l’inventore di Alibaba, che nel 2020 ha perso circa 25 miliardi di dollari quando le autorità di regolamentazione cinesi hanno staccato la spina a un’Ipo che lo avrebbe catapultato nell’olimpo dei miliardari. Di conseguenza, questa striscia di terra estesa 729 chilometri quadrati (solo la Lombardia arriva a quasi 24 mila) è sempre più vista come una “casa” nella quale costruire un futuro anziché un mero luogo in cui fare business.
Il numero di family office è passato da 400 a 700 in un anno
Per un miliardario cinese, infatti, trasferirsi a Singapore significa blindare la ricchezza della propria famiglia, metterla al sicuro e farla durare per diverse generazioni. Se possibile anche accrescerla. La prova più evidente arriva da una stima realizzata dalla Monetary Authority di Singapore, secondo cui il numero di family office in città, ossia società di gestione patrimoniali dedicate a patrimoni individuali e di gruppo, è passato da 400 a 700 nell’arco di un solo anno, dal 2020 al 2021, per poi sfiorare le 1.500 unità alla fine del 2022. A conti fatti, un nuovo family office su due proviene dalla Cina.

Il nuovo hub asiatico globale, anche per le difficoltà di Hong Kong
Singapore era già noto per essere un hub finanziario asiatico di primo livello. Adesso ha però l’occasione di consolidare questo ruolo, approfittando del momento di difficoltà attraversato dalla sua principale rivale, Hong Kong, ancora scottata dalla zero Covid policy cinese. Nel frattempo, il numero di titolari di Employment Pass e S Pass di Singapore – i visti utilizzati dai professionisti stranieri – è aumentato del 4,5 per cento, arrivando a 338 mila unità, negli ultimi 18 mesi. Altro indicatore emblematico del momento d’oro della città-stato singaporiana: a partire dal gennaio 2022, ogni mese sono atterrati più aerei a Singapore (a dicembre 2022 erano 12.672) che a Hong Kong (sempre a dicembre erano 7.885), consentendo alla prima di superare la seconda per la prima volta dal 1998.

Boom di scuole internazionali, più milionari che in America
E ancora: dalla metà del 2021 i depositi in valuta estera di Singapore sono aumentati di oltre 100 miliardi di dollari, mentre i depositi in dollari di Singapore sono rimasti stabili. Il cambiamento in atto a Singapore è palpabile. Gli affari immobiliari vanno a gonfie vele, spinti dalla domanda dei tycoon cinesi. Le scuole internazionali, ha sottolineato il Financial Times, stanno scoppiando, con centinaia di candidati cinesi in lista per un numero incredibilmente piccolo di posti. Soltanto l’ombra dei prezzi degli affitti più alti potrebbero minare i tentativi di Singapore di diventare il centro finanziario dominante dell’Asia (e del mondo). Poco importa, perché un rapporto della banca HSBC stima che tra otto anni oltre il 13 per cento della popolazione adulta di Singapore possiederà 1 milione di dollari o più (anche se bisogna sempre tenere presente che non esistono le pensioni di vecchiaia), superando la percentuale di milionari negli Stati Uniti, in Cina e in altre 12 economie dell’Asia-Pacifico.