Abbattere il limite del terzo mandato. I sindaci hanno deciso di dare un’accelerazione sul tema, aprendo un altro fronte politico e istituzionale, che mette insieme trasversalmente alcune forze politiche. Come per esempio pezzi di Pd e in blocco l’intera Lega, che sul punto sono concordi. I primi cittadini dem sono quelli più carichi a portare avanti la battaglia, a cominciare da Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci, che si è fatto portavoce dell’esigenza dei colleghi nella richiesta di abolire il limite dei due mandati. «Pensiamo che debbano essere i cittadini a decretare la fine del mandato, quando ci giudicheranno non più adatti a proseguire», ha affermato rivolgendosi alla platea amica dell’Anci.

L’Anci ha chiesto di valutare la cancellazione del terzo mandato
Il Comitato direttivo dell’associazione ha così approvato, all’unanimità un ordine del giorno per chiedere al Parlamento di valutare un intervento legislativo. Peraltro, in tempi di riscrittura delle norme sulle Province, per cui a breve dovrebbero tornare le elezioni, il passaggio non sarebbe complicato. Per il voto amministrativo del 2023 è troppo tardi: ne sa qualcosa il sindaco uscente di Brescia, Emilio Del Bono, che dopo otto anni lascerà il Comune, ma ha già trovato una collocazione nel consiglio regionale della Lombardia. Anche un’altra esponente del Pd, Valeria Mancinelli, a capo dell’amministrazione di Ancona, sta per chiudere il proprio ciclo, avendo esaurito il secondo mandato. Casi sporadici, al momento. Ma se per il prossimo maggio si è fuori tempo massimo, bisogna fare qualcosa prima del 2024, quando andranno in scadenza molti sindaci che rischiano di trovarsi a spasso, a meno che non tentino la candidatura alle Europee.
Il fronte dei bonacciniani: da Decaro a Nardella, da Gori a Ricci
Tra questi c’è lo stesso Decaro, ma anche i colleghi di Firenze, Dario Nardella, di Bergamo, Giorgio Gori e di Pesaro, Matteo Ricci. Tutti ferventi sostenitori di Stefano Bonaccini, sfidante di Elly Schlein al congresso del Pd. La vicenda non è infatti priva di risvolti politici. La neo segretaria del Pd, nel giorno dell’insediamento alla guida del partito, ha tuonato contro i “cacicchi”, prendendo a prestito l’espressione che per primo Massimo D’Alema aveva usato per definire i leader locali. D’altra parte è necessaria una soluzione: difficile immaginare che i sindaci spariscano dalla scena politica o si accomodino in panchina nell’attesa di tempi migliori. Il dossier va preso in mano.

Per il M5s l’ostacolo è il limite al secondo mandato
Del resto anche la Lega è pronta a battersi in questa direzione nel nome del legame con il territorio che ha sempre caratterizzato il partito di Matteo Salvini. Sfumature diverse, invece, ci sono nel Movimento 5 stelle, che sulla questione preferisce cucirsi la bocca: l’ordine è quello di non esporsi. Il tema è spinoso per Giuseppe Conte, perché per Beppe Grillo il totem del doppio mandato non si può scalfire. Ma ci sono tanti ex parlamentari, tuttora fedelissimi all’avvocato di Volturara Appula, che chiedono di poter correre almeno sul piano territoriale. «Alla fine se approvassero la legge non saremmo così dispiaciuti», ammette a Tag43 una fonte interna. Una maggiore freddezza sul punto si registra dalle parti di Fratelli d’Italia, che non ha particolari esigenze di garantire la rielezione a dei propri sindaci, non avendo in mano molte amministrazioni. «Ma l’orientamento cambierà, quando capiranno che la cosa li interesserà», assicura la fonte. E che la questione sia trasversale emerge anche nelle parole di Luca Pastorino, deputato indipendente del centrosinistra e sindaco di Bogliasco: «L’abolizione dello stop al terzo mandato è auspicabile, perché può garantire una continuità amministrativa molte volte necessaria a portare avanti i progetti». Secondo il parlamentare «la carica di sindaco è ormai l’unica che garantisce un contatto pressoché diretto con i cittadini e l’impossibilità a ricandidarsi per una terza volta rischia di rompere questo rapporto fiduciario». Pastorino raccoglie così l’appello di Decaro: «Il Parlamento si deve affrontare il tema, operando un intervento in questa direzione. Le richieste dei sindaci non possono essere ignorate o derubricate con il ragionamento secondo cui è un tentativo di conservare una poltrona. Anche perché la parola spetta sempre agli elettori, che decidono se rivotarlo oppure no».