Uno stipendio da 9,75 milioni di euro per il ceo Andrea Orcel, con un incremento del 30 per cento rispetto allo stipendio attuale. Questa la proposta che il board di Unicredit proporrà all’esame degli azionisti in occasione dell’assemblea che si terrà il 31 marzo. Sono dunque confermate le indiscrezioni che l’istituto di piazza Gae Aulenti stava ragionando su una “forchetta” di remunerazione che implicava un incremento compreso tra il 20 e il 40 per cento rispetto allo stipendio attuale. All’esame del board c’era infatti una revisione della paga annua di Orcel dai 7,5 milioni a una cifra compresa tra i 9 e i 10,5 milioni. Aumenti che potrebbero coinvolgere la stessa prima linea di Unicredit. Non sono però superate le frizioni all’interno del board, sfociate nelle dimissioni dell’ex presidente del comitato remunerazione di UniCredit, Jayne-Anna Gadhia. Quali sono le motivazioni dell’aumento? Il balzo del titolo e i risultati economici. Anche se a Piazza Affari in molti cominciano a dubitare sulla reale sostenibilità di questa crescita. Ma come si sa i ceo vanno e vengono. L’importante è che riescano a farsi aumentare lo stipendio.

Lo strappo di Intesa Sanpaolo nelle relazioni sindacali
Non è un caso che per legittimare le sue richieste Orcel stia discretamente soffiando sul fuoco, invitando parte dei sindacati a frenare sulla firma dell’accordo (7-8 per cento) per non farla coincidere con quella del suo aumento. Da un punto di vista personale potrebbe anche essere legittimo, ma da quello della categoria che senso ha? Da qui lo strappo di Intesa nelle relazioni sindacali che può portare a qualsiasi risultato anche alla fine del contratto unico nazionale e l’avvento di singoli contratti aziendali. Non siamo al divorzio del 2012 della Fiat di Sergio Marchionne dalla Confindustria, ma poco ci manca. Ed è facile presagire che di questo passo potrebbe incrinarsi l’assetto istituzionale del credito italiano. I vertici Abi hanno comunicato di aver ricevuto «da Intesa Sanpaolo la revoca del mandato per la rappresentanza sindacale all’associazione per gestire in autonomia la propria partecipazione alla contrattazione», si legge nella nota di Palazzo Altieri. Per il resto un silenzio assordante. Nessuna chiara presa di posizione. E poi ci domanda a che cosa servono le associazioni di categoria.

Il casus belli durante la riunione fra sindacati e Abi del 21 febbraio
Il contratto dei bancari, in scadenza il 28 febbraio, giorni fa è stato prorogato al 30 aprile. Il casus belli è avvenuto lo scorso 21 febbraio durante una riunione fra sindacati e Abi. Il leader della Federazione Autonoma Bancari Italiani, Lando Sileoni, avrebbe criticato il capo delle relazioni sindacali di Intesa, Alfio Filosomi, suscitando la reazione della banca milanese che ha lamentato la mancata presa di posizione dei rappresentanti dell’Abi e della presidente del Casl, Ilaria Dalla Riva (che è dirigente di Unicredit) contro le proteste. Da qui la sensazione che la presidente abbia colto la palla al volo per non far coincidere la firma degli aumenti del contratto con quello di Orcel e della sua prima linea, di cui la stessa Riva fa parte. Una posizione di parte? Per una risposta occorre attendere gli sviluppi di una vicenda che pare agitare nel profondo tutto il sistema bancario.