Ecco cosa succede a saltare per tanti anni le Rogazioni, eredi cristiane dei riti pagani per scongiurare le calamità: le calamità prima o poi arrivano. E sono proprio quelle lì, anche se non esattamente in quell’ordine. «A peste, fame et bello libera nos, Domine», recitavano i nostri vecchi, in processione dietro al prete, in mezzo ai campi. Forse con il loro fervore avevano accumulato un surplus di preghiere che ci ha in parte coperto dalle disgrazie negli ultimi decenni razionalisti e miscredenti.
Dopo peste e guerra ci prepariamo a ricevere il terzo cavaliere dell’Apocalisse
Evidentemente quel tesoretto di protezione divina è stato consumato fino all’osso, e così prima abbiamo avuto la peste, poi la guerra e ora ci prepariamo a ricevere il terzo cavaliere dell’Apocalisse, quello col cavallo nero e la bilancia, alias Carestia. Che rimarrà cavaliere per poco, visto che dalle nostre parti scarseggiano acqua e foraggio per i nostri allevamenti, figurarsi per gli equini di passaggio. Ma anche come fante Carestia mette paura. Anzi, fa più paura dei suoi colleghi. Perché la pandemia passa o diventa curabile, sulla guerra in Ucraina si potrebbe trovare un faticoso e imperfetto accordo, ma alla siccità che si traduce in sofferenza e morte per vegetazione e animali, e in rincari e penuria di cibo per noi, non possiamo porre rimedio. Sicuramente non in tempi brevi. Campa cavallo, che troviamo un accordo mondiale sul clima, rinunciamo alle emissioni che fanno aumentare la temperatura terrestre, tornano le mezze stagioni, ricomincia a piovere regolarmente e l’erba cresce? Altro che cavallo, non camperebbe abbastanza nemmeno una tartaruga delle Galapagos.

I sindaci del Garda ormai se la tirano più degli emiri del Golfo
Non piove da troppo tempo, l’ultima volta che nel meteo del mio cellulare ho visto per più due giorni consecutivi la nuvoletta con le goccioline non avevo ancora fatto la prima dose di vaccino. Intanto il Po è così in secca che se il povero Bossi fosse ancora in grado di officiare la carnevalata delle ampolle oggi dovrebbe prelevare l’acqua dalla sorgente con un contagocce. Come in una nemesi, la siccità ha invertito il percorso della cerimonia bossiana: i leghisti andavano a versare l’acqua del grande fiume nell’Adriatico, nel 2022 è l’Adriatico che si insinua controcorrente nel il letto secco del Po e inietta mortifera salamoia nei campi coltivati. Si profila un’estate non solo assetata, ma anche sporca e maleodorante, con gli imminenti razionamenti idrici che ci costringeranno a razionare docce, shampoo e bucati mentre il termometro resta fisso sui 35 gradi (parafrasando liberamente Churchill, potevamo scegliere fra i condizionatori accesi e la pace, abbiamo scelto non si sa bene cosa e presto avremo i condizionatori spenti). Mentre gli archeologi sorvegliano speranzosi il Ticino e la Trebbia, che evaporando potrebbero restituire le ossa dell’ultimo elefante portato da Annibale, i sindaci dei paesi del Garda, seduti sul bordo dell’unica riserva d’acqua ancora consistente dell’Italia settentrionale, ormai se la tirano più degli emiri del Golfo e negano trasfusioni lacustri al Po boccheggiante e ai campi assetati: il Garda è in piena stagione turistica e i tedeschi vogliono fare il bagno solo dove non non si tocca. Strategia miope. Perché se l’Adriatico continua ad avanzare nella terraferma con questo ritmo, presto a Piacenza ci saranno spiagge e ombrelloni come a Rimini, i tedeschi ci si fionderanno e tanti Aufwiedersehen al Garda.

Prima che di navi cariche di Gnl abbiamo bisogno di nuvoloni carichi di pioggia
L’acqua non te la inventi. E a differenza di gas e petrolio, non ha surrogati né alternative. Altra piccola differenza, senz’acqua si muore molto più in fretta che senza idrocarburi. Prima che di navi cariche di Gnl abbiamo bisogno subito di tanti bei nuvoloni carichi di H2O, come li sanno fare solo Giove Pluvio o l’Altissimo. Chissà, se abrogassimo le sanzioni contro Giove emesse dagli imperatori Graziano e Teodosio con l’Editto di Tessalonica del 380 e mai ritirate, forse qualcosa lassù si sbloccherebbe. Oppure potremmo riportare in auge le vecchie Rogazioni di cui sopra, magari Dio è così sconvolto nel sentirsi invocare di nuovo in latino che si commuove e riempie di nuovo il Po.

Beata Chiara Ferragni, lancia tu un rain-funding o una challenge pluviale
Ma siamo nel 2022 e per ottenere risultati sbalorditivi in tempi brevissimi – leggi: miracoli – il nome da invocare è uno solo: Chiara Ferragni, la Patrona degli Impossibili 4.0. Proviamoci. O beata Chiara Ferragni, tu che con un selfie riesci a riempire di gente gli Uffizi e con una story su Instagram puoi moltiplicare le terapie intensive, a te sospiriamo gementi e piangenti in questa Padania così secca che ci tocca razionare pure le lacrime. Deh, lancia tu un rain-funding, una challenge pluviale, un hashtag meteorologico che attiri su di noi abbondanti precipitazioni e salvi messi e raccolti. Ti preghiamo con Fedez, speranza e carità. Amen.