L’ultimo anno segnato da restrizioni e lockdown a causa del Covid ha accelerato la scalata designer digitali. Che, all’assenza dello shopping fisico, del lavoro in presenza e delle sfilate, sono stati sempre abituati. Così in un lasso di tempo più breve del previsto, il metaverso si è riempito di atelier pronti a proporre outfit in modalità digitale a partire da una semplice fotografia del cliente. Basta code interminabili davanti ai camerini, problemi di taglia o difficoltà nella ricerca del look perfetto: da qualche tempo, infatti, sono diversi i brand emergenti che, in meno di 48 ore, garantiscono la confezione di t-shirt, camicie e pantaloni in versione virtuale. Gli indumenti vengono creati ad hoc sulle caratteristiche corporee di chi li richiede, calzano alla perfezione, hanno prezzi abbordabili e strizzano un occhio alla sostenibilità e riducono per quanto possibile gli sprechi.
L’esplosione del cyber-clothing
Nato più di un anno fa, il cyber-clothing ha conquistato l’approvazione di numerosi marchi del fashion system come Auroboros, The Fabricant, Alejandro Delgado e Balm Labs, già alle prese con la sperimentazione di nuove tecniche di realizzazione e produzione dei vestiti. «Inizialmente, la moda tridimensionale era utilizzata soltanto per determinati pezzi e non per abbinamenti completi, da creativi molto attenti a una filosofia di lavoro green», ha spiegato l’imprenditrice del settore Natalia Modenova a Dazed&Digital, «Ora, però, è diventato un asset irrinunciabile, che soddisfa le richieste di una fetta di mercato importante e di acquirenti che non si accontentano più della tradizione ma cercano costantemente la novità». Accanto agli emergenti, anche le griffe più note si stanno gradualmente interessando al fenomeno. Tra queste, Gucci che, di recente, ha lanciato sul mercato una sneaker fatta di pixel, acquistabile a meno di 13 dollari (circa 11 euro) attraverso l’app e pubblicizzata addirittura su piattaforme di gaming come Roblox. Non si è lasciato sfuggire l’occasione neppure Marc Jacobs che, nel 2020, ha disegnato un’intera collezione per gli avatar del videogioco Animal Crossing, dando il via a una serie di iniziative che hanno coinvolto ampie schiere di giovani creativi.
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I progetti più originali dei designer digitali
Tra i progetti più originali del panorama si distinguono quelli di Valentins Studio, Ashwini Deshpande, Megnze Zheng, Tribute Brand e Neo Paradigm. Nato dall’intuito del designer israeliano Valentin Karabanov, Valentins Studio ha fatto il suo debutto ufficiale alla Mercedes Benz Fashion Week in Russia e utilizza animazioni e grafiche in movimento per restituire al pubblico creazioni di digital couture dal taglio sartoriale. «Credo che provare pezzi virtuali sia un’emozione unica, che non può essere replicata con i corrispettivi fisici», ha sottolineato Karabanov. «Lavoro assecondando l’intuizione, non ho mai idea di dove voglio andare a parare. Raramente faccio bozzetti. Vivo tutto come un’avventura, dove ho la libertà di giocare con colori, grafiche e silhouette, manovrarli fino a ottenere il risultato che mi soddisfa di più».
Tribute Brand, creazioni ispirate dai videogame
Tribute Brand, creatura di Gala Marija Vrbanic e Filip Vajda si lascia ispirare dai videogame per produrre articoli dalle forme bizzarre e dagli stili insoliti. Lunghi abiti olografici, gonne fluttuanti, top metallizzati che sembrano adattarsi al fisico come una seconda pelle. Tutte idee irriproducibili in una dimensione reale per questioni di logistica e leggi della fisica. «Ci sono cose che la gente, nella quotidianità, ha vergogna di indossare», ha dichiarato Vrbanic, «È proprio qui che interviene la moda virtuale, che ti regala la possibilità di divertirti con un vestiario poco convenzionale nel comfort della tua casa». Altrettanto strane e fuori dall’ordinario sono le idee della 23enne Mengze Zheng che, grazie ai software 3D, è riuscita a impreziosire i suoi maglioni con ali di farfalla in gel e, con l’aiuto di codici e meccanismi di machine learning, ha dato vita a vestiti da sera in movimento, che prendono spunto dalle forme esplorate nella scultura e nell’architettura contemporanea.
La tesi di laurea di Ashwini Deshpande
L’annullamento della vita sociale e l’obbligo a rimanere tra le quattro mura di casa non hanno poi fatto così male a Ashwini Deshpande, studentessa del London College of Fashion, che ha sfruttato il tempo a disposizione per lavorare a una tesi di laurea che ha lasciato il segno. È stata la sola, infatti, tra 600 colleghi, a concepire e realizzare una collezione interamente digitale. Influenzata dai paesaggi della terra materna, l’India, ha mescolato stampe patchwork e linee fluide per un risultato unico nel suo genere. Ultima della lista ma non di certo per poca innovazione, la storia di Neo Paradigm è iniziata da un buco nell’acqua. Invitata a partecipare alla settimana della moda in Ucraina, Elena Semenko si è vista crollare il mondo addosso quando il Covid ha costretto le autorità ad annullare tutto. Così, alla ricerca di un piano B, ha pensato di costruire una collezione in pixel da presentare ai compratori. «I buyer non hanno più bisogno di campionari, possono passare in rassegna tutto attraverso la tecnologia e limitarsi a ordinare solo le quantità necessarie da vendere in negozio. Si risparmiano tempo, fatica e materiale». La sua ultima linea, Anthropocene, è il trionfo dello stile eco-friendly, con capi in fitoplancton e cristalli naturali, tutti rigorosamente ricostruiti al computer.
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