Shell compra a saldo il petrolio russo, poi precisa: «I profitti in un fondo per l’Ucraina»
«Lavoreremo con i partner e le agenzie umanitarie per decidere come distribuire i soldi», ha dichiarato la multinazionale, incalzata dal ministro degli Esteri ucraino Kuleba.
«Non vi sembra che il petrolio russo odori di sangue ucraino?», aveva twittato ieri il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba rivolgendosi a Shell, che aveva appena acquistato petrolio dalla Russia di Vladimir Putin. «Invito tutte le persone coscienziose di tutto il mondo a chiedere alle multinazionali di tagliare i rapporti commerciali con la Russia».
I am told that Shell discretely bought some Russian oil yesterday. One question to @Shell: doesn’t Russian oil smell Ukrainian blood for you? I call on all conscious people around the globe to demand multinational companies to cut all business ties with Russia.
— Dmytro Kuleba (@DmytroKuleba) March 5, 2022
Petrolio russo, la precisazione di Shell
Shell ha approfittato del prezzo di saldo del greggio russo Ural, con Mosca sotto minaccia di sanzioni sull’export di idrocarburi e tanta terra bruciata attorno. Un carico “in svendita”, a prezzi molto inferiori alle quotazioni di mercato: un ottimo affare ma ritenuto sconveniente, in particolare da Kiev, nei giorni dell’attacco sferrato dalla Russia all’Ucraina, che già ha portato a una lunga serie di boicottaggi. Incalzata da Kuleba e dall’opinione pubblica, Shell ha poi dichiarato che donerà i profitti del recente acquisto di petrolio russo a un fondo per aiutare i rifugiati ucraini: «Lavoreremo con i partner e le agenzie umanitarie nei prossimi giorni e settimane per decidere dove i soldi di questo fondo saranno meglio distribuiti per alleviare le terribili conseguenze di questa guerra sul popolo ucraino».

Shell ha inoltre spiegato di aver completato l’acquisto dopo «intensi colloqui con i governi» e che, comunque, la multinazionale sta cercando «alternative al petrolio russo dove possibile». Probabilmente non in Arabia Saudita, che approfittando della crisi dell’Ural sta alzando il costo del proprio oro nero.
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Petrolio russo, per l’Italia rappresenta il 10 per cento del fabbisogno
Il primo produttore al mondo di petrolio sono però gli Stati Uniti (dopo Arabia Saudita e Russia, appunto), che stanno valutando un possibile bando all’importazione di prodotti energetici russi: il Congresso, dopo l’incontro virtuale del presidente ucraino Volodymr Zelensky con i senatori americani spinge in questa direzione, Joe Biden al momento resiste. Mentre Mosca, primo esportatore mondiale, monitora la situazione con apprensione. L’Italia, che si approvvigiona con 72 tipi diversi di greggio da 22 Paesi del mondo, importa dalla Russia circa il 10 per cento del fabbisogno nazionale, che nel 2021 è stato di circa 55 milioni di tonnellate.