Nerone di rabbia

Giovanni Sofia
29/09/2021

Tra i candidati a sindaco della Capitale c'è anche Sergio Iacomoni. Fondatore del Gruppo storico romano, si presenta in tv con gli abiti dell'imperatore e recita slogan ereditati dall'Urbe. È sceso in politica perché «stanco di vedere la città avvolta nel degrado».

Nerone di rabbia

Dimenticate le felpe di Matteo Salvini o gli impeccabili completi di Giuseppe Conte. Qui la politica si fa in toga, come accadeva nell’Urbe, più o meno fino a mille e cinquecento anni fa. I membri del Gruppo storico romano, conoscono il latino e tra loro si chiamano con i nomi dei grandi del passato. Senatori, filosofi, consoli o imperatori: scorrendo l’elenco degli iscritti ci sono più o meno tutti. Ognuno si è scelto un personaggio, in linea con le caratteristiche che ritiene gli siano più affini. Ma soprattutto, come i loro avi, cova il sogno non troppo segreto di «far risorgere la Capitale».

Chi è Nerone, candidato sindaco di Roma

Per provare, a realizzarlo alcuni di loro si sono inseriti nella bagarre elettorale, compatti dietro il loro condottiero, Nerone, candidato a sindaco alle Amministrative, in programma i prossimi 3 e 4 ottobre. Classe 1952, in realtà risponde al nome di Sergio Iacomoni, anche se nessuno lo identifica così. È un ex impiegato della Banca d’Italia, da cui si è licenziato, ha quattro figli e due nipoti, viene da una famiglia di liutai ed ebanisti e come ha raccontato a Roma Today, sebbene «abbia una simpatia personale per Raggi e Michetti, nessuno si avvicina al nostro modo di intendere la politica, per questo non li appoggeremo. Fanno tutti parte del passato e di quell’ambiente che ha ridotto la città e l’Italia come le vedete». Si appella al senso di romanità della gente e, in perfetta sintonia con il suo slogan punta alla «conquista democratica del Colle». L’altro, «Al mio segnale scateniamo il Paradiso!», fa il verso alla celebre battuta del Gladiatore e alla fine dello scorso anno sancì ufficialmente il suo ingresso nell’agone politico nella lista Nerone, appunto.

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Al centro Sergio Iacomoni, Nerone (Facebook)

«Ho raccolto le pressanti richieste di sostenitori e simpatizzanti, oltremodo allarmati per il degrado di Roma e l’infangamento dei suoi Labari», dichiarò all’epoca, concretizzando definitivamente un passaggio quasi fisiologico. Nerone infatti, nel 1994 ha fondato il Gruppo storico romano di cui è presidente, e organizzato rievocazioni e manifestazioni sull’origine e i passaggi fondamentali della storia di Roma, con l’obiettivo di «esaltarne l’orgoglio». Punto fondamentale di un programma elettorale in cui spicca anche la celebrazione di feste e ricorrenze tradizionali dell’Urbe, «occasioni impareggiabili per rilanciare il turismo». Temi cari al gruppo, come il taglio dei consiglieri comunali: «Non dovrebbero essere più di quindici, per garantire una maggiore vicinanza ai cittadini» e la lotta senza quartiere a degrado e rifiuti. «Li ridurremo drasticamente entro il 2030».

Nerone e la lotta contro l’emergenza rifiuti

Non esattamente roba da poco, considerando i fallimenti delle amministrazioni precedenti. «Nessuno è disposto ad accettare passivamente una discarica in casa, ma certi impianti oggi sono sostenibili e meno inquinanti di un tempo. Si deve però convincere la gente attraverso degli incentivi e delle strutture collaterali. È un do ut des». Davanti alle telecamere sfoggia spesso la tenuta da imperatore e afferma di non agire, ma «di reagire di fronte all’incompiutezza della politica. Da Veltroni a Rutelli, fino a Virginia Raggi li ho votati tutti per non concludere niente. Destra, sinistra e centro hanno già dato».


Contrario al Green pass, come si percepisce chiaramente spulciando il profilo Facebook e fortemente attaccato ai simboli, il suo quartier generale sorge sulla via Appia e coincide con la sede del Gruppo storico. Al suo interno oltre alla ricostruzione di una città antica, c’è un’arena e il museo del Legionario patrocinato dal Comune e premiato con una medaglia per il valore storico dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Da lì, magari non brinderà alla carica di primo cittadino, ma continuerà a vegliare sul suo impero.