Tre cuori, otto braccia e arti rigeneranti. E anche una memoria di ferro. Dotate di uno dei cervelli più grandi fra gli invertebrati, le seppie, secondo una nuova ricerca dell’Università di Cambridge, sono in grado di ricordare nel dettaglio cosa hanno mangiato, dove e quando. E non finisce qui. Usano infatti i ricordi per guidare le loro future decisioni alimentari anche in tarda età.
Le seppie hanno una grande memoria
Lo studio, pubblicato sul Proceedings of the Royal Society B, ha condotto test di memoria su 24 esemplari differenti: il 50 per cento aveva un’età compresa fra i 10 e i 12 mesi, circa la metà della vita di una seppia, mentre il resto ne aveva 22-24, quindi molto anziano (l’equivalente di 90 anni per un adulto). Nell’esperimento, guidato dalla dottoressa Alexandra Schnell, i cefalopodi sono stati prima addestrati ad avvicinarsi a una posizione specifica della loro vasca, contrassegnata con una bandiera, dove hanno appreso che sarebbero state loro servite due pietanze in altrettanti momenti diversi.
Le seppie preferiscono i gamberetti d’erba ai gamberi reali. Gli studiosi, quindi, hanno fornito questi ultimi con una frequenza maggiore, mentre i primi sono stati centellinati. Dopo quattro settimane, hanno scoperto che le seppie rifiutavano il gambero reale, memori del fatto che l’attesa avrebbe portato loro il pasto preferito. Per assicurarsi che non avessero semplicemente appreso uno schema fisso, gli scienziati hanno anche gettato il pasto in luoghi diversi della vasca, non più contrassegnati da una bandiera, ma l’esito è stato sempre lo stesso. Le prestazioni di entrambi i gruppi sono state molto simili, anche se «le seppie più vecchie superano di poco quelle più giovani», ha dichiarato la dottoressa Schnell.
Le seppie sono più intelligenti degli esseri umani?
«Queste scoperte ci ricordano come l’essere umano non sia neurologicamente superiore ad altri animali», ha detto al Guardian Malcolm Kennedy, professore di storia naturale all’Università di Glasgow. «Le altre specie svolgono funzioni simili alle nostre, solo in modi diversi». La dottoressa Schnell ha infine suggerito che la conservazione della memoria episodica nelle seppie nonostante la loro età possa essere correlata alla riproduzione. Dato che si accoppiano solo alla fine della loro vita, ricordare il partner e il luogo di accoppiamento potrebbe aiutarle a diffondere ampiamente i loro geni, permettendo la sopravvivenza della specie.
La scoperta segna un nuovo passo nella conoscenza del mondo animale e differenzia ancor di più le seppie dall’uomo. Noi infatti tendiamo a perdere gradualmente le capacità mnemoniche a causa di danni legati all’ippocampo, un organo a forma di cavalluccio marino situato vicino alle orecchie. Le seppie ne sono prive, supportate invece da un lobo verticale, che le consente così di immagazzinare più a lungo le informazioni.