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La guerra dei chip e dei semiconduttori sbarca in Occidente

A causa delle fibrillazioni in Estremo Oriente, dalle mire di Pechino su Taiwan alle minacce nordcoreane, la produzione di semiconduttori si sta spostando in Occidente. La TSMC, colosso mondiale del settore, potrebbe aprire presto stabilimenti a Dresda, dopo aver scartato l’Italia, e a Phoenix con l’obiettivo di smarcarsi sempre di più dalla Cina.

9 Gennaio 2023 14:23 Federico Giuliani
La guerra dei chip e dei semiconduttori sbarca in Occidente

La guerra dei semiconduttori si sta spostando dall’Asia all’Occidente. L’ombra cinese su Taiwan, i missili nordcoreani, il riarmo del Giappone, la volontà sudcoreana di rispondere, colpo su colpo, ai test di Kim Jong-un: troppe le tensioni in Estremo Oriente per garantire, nel lungo periodo, il corretto funzionamento delle supply chain globali di chip, microchip e, appunto, semiconduttori. Per questa ragione la Taiwan Semiconductor Manufacturing Co, la TSMC, cioè il più grande fornitore mondiale di semiconduttori, con vendite pari a circa 20 miliardi di euro, è in trattative avanzate per creare il suo primissimo impianto nel cuore dell’Europa. Dove? In Germania, precisamente a Dresda. Questa mossa, ha sottolineato la Nikkei Asian Review, consentirebbe al colosso taiwanese sia di capitalizzare la domanda in forte espansione del Vecchio continente (soprattutto da parte dell’Automotive) sia di iniziare a gettare le fondamenta di una diversificazione produttiva, fondamentale nel caso in cui Pechino dovesse invadere Taiwan. TSMC invierà un team di alti dirigenti in Germania all’inizio del 2023 per discutere il livello di sostegno del governo tedesco per il potenziale impianto, nonché la capacità della catena di approvvigionamento locale.

La guerra dei chip e dei semiconduttori sbarca in Occidente
La fabbrica TSMC nella provincia cinese di Jiangsu (Getty Images).

La partita in Europa: Italia fuori dai giochi

A dire il vero, prima che tornasse a prendere quota l’ipotesi Germania, TSMC aveva pensato anche all’Italia. Pare, infatti, che lo scorso maggio alcuni rappresentanti del colosso taiwanese abbiano sondato la possibilità di costruire un impianto di fabbricazione e assemblaggio di semiconduttori nel nostro Paese. L’idea sarebbe però tramontata per una, anzi due ragioni: le garanzie messe sul tavolo da Berlino (leggi: sussidi governativi) e la mancata risposta in tal senso di Roma. Se TSMC dovesse sbarcare a Dresda, l’Unione europea potrà comunque ritenersi soddisfatta avviando il complicato percorso di indipendenza dalle forniture asiatiche. Bruxelles del resto ha approvato sovvenzioni pari a 43 miliardi di euro per attirare i produttori di chip in Europa. Una produzione complessa che si basa su più di 50 tipi di apparecchiature, come macchine per litografia e incisione, e su oltre 2.000 materiali, inclusi prodotti chimici e gas industriali. Certo è che la Germania, oltre alle trattative in corso con TSMC, può già contare sulla presenza del gruppo statunitense di chip Intel. Quest’ultimo, a causa dell’impennata dei costi dell’energia e dell’aumento dell’inflazione, ha chiesto maggiore sostegno al governo tedesco per la realizzazione di un impianto da 17 miliardi di euro in quel di Magdeburgo. Tornando a TSMC, in caso di fumata bianca, lo stabilimento di Dresda dovrebbe concentrarsi su tecnologie di chip a 22 e 28 nanometri (più piccolo è il nanometro, più potente e avanzato è il semiconduttore), simili a quelle che l’azienda taiwanese intende realizzare in una fabbrica che sta sviluppando con Sony in Giappone.

La guerra dei chip e dei semiconduttori sbarca in Occidente
Joe Biden in visita al cantiere del nuovo impianto della TSMC in Arizona (Getty Images).

La variabile Usa e il Chips Act

L’espansione all’estero di TSMC non riguarda però solo l’Europa e arriva nello stesso momento in cui altri produttori di chip, come la citata Intel e Samsung, concorrono per espandersi oltre confine. I tre maggiori produttori al mondo si sono impegnati a investire almeno 380 miliardi di dollari nel prossimo decennio per costruire nuovi stabilimenti a Taiwan, in Corea del Sud, negli Stati Uniti, in Giappone, Germania, Irlanda e Israele. A proposito degli Usa, vale la pena accendere i riflettori sul Chips Act, presentato nel 2020 e approvato dal Congresso lo scorso anno. Il provvedimento ha portato circa 200 miliardi di dollari di investimenti privati nel settore. Risultato: TSMC approderà presto a Phoenix, in Arizona. Sono previsti due step. Nella prima fase, in una struttura da 40 miliardi di dollari, produrrà chip avanzati a 4 nanometri a partire dal 2024, mentre nella seconda fase produrrà chip a 3 nm entro il 2026. L’obiettivo, va da sé, è smarcarsi sempre di più dalla Cina.

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