Non soltanto il liceo del made in Italy. Il ministero dell’Istruzione e del Merito, guidato da Giuseppe Valditara, si prepara a una vera e propria rivoluzione anche all’interno degli istituti professionali, che assumeranno una nuova struttura. I 1.430 istituti attualmente in funzione in Italia, secondo il governo devono essere sfruttati di più e meglio, invertendo così il trend di iscrizioni in calo che ormai va avanti dai primi anni 2000. Per le scuole professionali sarebbe la terza riforma in dieci anni, dopo quella voluta dalla ministra Gelmini nel 2012 e quella del sottosegretario Toccafondi del 2017.
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Gli istituti professionali dureranno 4 anni
Una delle modifiche principali della riforma voluta da Valditara si concentra sulla durata del ciclo scolastico. Si passerà da 5 a 4 anni, uno in meno rispetto alle altre scuole. Ma l’adesione a questa precisa norma, ha spiegato ai sindacati il ministro, «sarà volontaria e sperimentale». Questo aspetto non è da sottovalutare e i sindacati hanno acceso i riflettori sull’aspetto relativo all’inquadramento dei docenti delle scuole che sceglieranno di aderire. Il rischio è che venga ridotto il personale, a scapito, quindi, degli insegnanti.

La Flc Cgil: «Progetto vecchio»
E non tutti apprezzano l’idea. La Flc Cgil, ad esempio, ha già discusso di una «mobilitazione del personale» e ha duramente attaccato la riforma di Valditara. Il sindacato ha spiegato che si tratterebbe di «un progetto vecchio che subordina la formazione degli studenti alle esigenze delle imprese ora e adesso e confonde l’istruzione con l’addestramento senza garantire ai giovani gli strumenti fondamentali per capire l’evoluzione del lavoro. Il concetto di distretto geografico scolastico e industriale». Di fatti, quindi, «è un’idea superata dalla globalizzazione».
Gli Its saranno un’università terziaria
Il ministero incassa le critiche ma non arretra, e pensa anche a come valorizzare il lavoro degli Its, gli Istituti tecnici superiori, che durano due anni dopo il diploma e sono 143 in tutta Italia. Valditara vuole trasformarli in un’università terziaria, non accademica, sfruttando i fondi del Piano nazionale di resilienza e ripresa, il Pnrr, e ritagliare loro un ruolo centrale tra la formazione scolastica e le richieste del mondo del lavoro.
