Performance insolite, record a grappoli e primati personali abbondantemente ritoccati verso il basso. Dietro l’exploit degli sportivi impegnati nelle gare di atletica leggera all’Olimpiade di Tokyo, secondo molti, ci sarebbero le scarpe. Le Super Spikes, prodotte dalla Nike, grazie alla suola rigida e una tasca d’aria ricavata sotto la pianta del piede esalterebbero le prestazioni di chi le indossa. A ciò si aggiunge l’utilizzo di un nuovo tipo di gel, più morbido e leggero, in grado di restituire al corpo una maggiore energia se messo sotto pressione. A raccontare i segreti delle calzature, alla Cnn, è Geoff Burns, scienziato specializzato nell’attività sportiva presso l’università del Michigan.
Le Super spikes, dalla strada alla pista per risultati sorprendenti
Usate inizialmente per le gare da strada, dove rimangono più performanti, le scarpe sono state successivamente sperimentate in pista, confermandosi strumento innovativo. Qui, soprattutto nelle medie e lunghe distanze riescono a implementare le prestazioni di chi le indossa dell’1-2 per cento. «Dire, invece, quale sia l’impatto su una gara di velocità è ancora troppo complicato», ha dichiarato Burns. Un’affermazione importante che allontana anche le critiche piovute su Marcell Jacobs, il velocista italoamericano oro sui 100 metri.
Sebbene, dunque, non ci siano risposte certe, Karsten Warholm, neo-campione olimpico sui 400 metri ne ha criticato fermamente l’uso, ritenendo le calzature uno strumento in grado di alterare eccessivamente le prestazioni sportive. A differenza delle sue Puma, sviluppate con l’aiuto di Mercedes: «Se vuoi l’ammortizzazione puoi mettere anche un materasso, ma così togli credibilità al nostro sport». Secondo i più critici, d’altronde, gli sviluppi tecnologici sarebbero da paragonare alle sostanze dopanti: «Se si parla di integrità delle prestazioni, vale lo stesso discorso dei medicinali proibiti», ha detto nel 2019 lo scienziato sportivo Ross Tucker.
Critiche, almeno quelle del 25enne norvegese, indirizzate a un destinatario preciso Rai Benjamin, statunitense medaglia d’argento ai mondiali di Doha e, soprattutto, ai Giochi di Tokyo. La replica, naturalmente, non si è fatta attendere: «Qualcuno dice sia la pista, altri quello che indosso. Potrei mettere capi diversi, ma correrei lo stesso più veloce dei miei avversari. Poi è chiaro, avere una buona scarpa e una bella pista è meglio».
La pista Mondo: il segreto dei record
Già, perché non ci sono solo le calzature a tenere banco. Il circuito, prodotto dall’italiana Mondo è stato definito proprio da Warholm «fantastico». E dall’azienda spiegano come sia stato pensato con il solo e preciso obiettivo di migliorare al massimo le prestazioni degli atleti. Non una novità assoluta: prima di Tokyo sulle piste Mondo erano stati infranti ben 280 primati mondiali. Troppo per essere una semplice coincidenza. Dalilah Muhammad, argento nei 400 ostacoli femminili, a tal proposito, ha sostenuto che suoi risultati siano stati effettivamente influenzati dalla pista. «Puoi capire quanto stai andando in fretta, dalla facilità con cui infili i passi tra un ostacolo e il successivo». Le ha fatto eco la medaglia d’oro Sydney McLaughlin: «Molte persone hanno parlato delle scarpe, ma io credo sia il tracciato: restituisce energia e ti spinge». Insomma, prestazioni mostre si raggiungono solo con una combinazione di fattori, sostiene Burns «Chiunque batte i record è consapevole che ci sia il merito suo e di altre componenti. Ogni primato non ha un padrone solo. Sono le regole del gioco, una sorta di patto col diavolo».