Due mesi fa, a Tel Aviv, in seguito a un incidente stradale ho rischiato di morire. Probabilmente i freni della mia macchina sono stati manomessi. Ieri mio padre è stato gambizzato davanti alla clinica dove lavora: «L’agguato ieri sera alle 20 quando il medico, a bordo della sua Porsche Carrera nera, stava uscendo in retromarcia dal portone della clinica Dezza dove visita tutti i pomeriggi. Almeno tre colpi sono andati a segno: lo hanno ferito alle gambe (un femore fratturato) e alle braccia. Buio, per il momento, sul movente», scrive il Corriere della Sera. Anche se io so che c’è di mezzo la mafia. Panico, soffocamenti, sensazione di isolamento insopportabile, così sono fuggito da amici, a Cernobbio, ospite di una palazzina di due piani dove tutto e rigoroso e funzionale e così spazioso che non ci si può nascondere da nessuna parte.
«Buio, per il momento, sul movente», scrive il Corriere della Sera. Anche se io so che c’è di mezzo la mafia
Silvio studia in giardino filosofia in felpa Polo Sport e short grigi un filo troppo arrotolati. Gli altri sono tutti a fare la spesa. Si gela e io sono scosso da brividi incontrollabili. Dal mio zainetto spunta una copia di un libro di un giovane scrittore napoletano, Roberto Saviano, intitolato Gomorra, pubblicato da Mondadori nella collana Strade blu. In un bagno sono andato in fissa su una saponetta appoggiata su un piattino bianco con sopra lo stemma di Villa d’Este mentre aspettavo su un tappetino peloso di riuscire a pisciare. Per il resto della giornata sono rimasto in disparte, a guardare Blow Up di Antonioni sullo schermo del Mac Book, a scrivere sulla Moleskine. La sera arriva gente da Milano, altra gente… e io sono apatico, ho la barba di tre giorni e ceno in pantaloncini e scalzo, anche se ho il pudore di infilarmi la mia maglietta nera da deejay. La notte nella mia stanza ho così freddo che sono costretto a dormire con la Lacoste e il maglioncino. Vengo svegliato bruscamente da un breve sonno senza sogni, da dei rumori assordanti, anche se quando apro gli occhi e mi guardo intorno accanto a me non c’è nessuno.
Dal mio zainetto spunta una copia di un libro di un giovane scrittore napoletano, Roberto Saviano, intitolato Gomorra
All’alba mi tiro su dal letto, vago per il giardino della villa con una tazzina da caffè in mano. Gli altri dormono ancora, anche se qualcuno deve essere già partito perché mancano le moto dal viottolo all’ingresso. Cammino a piedi nudi sull’erba umida e arrivo al molo privato della villa. Come mi metto sulla sdraio a bordo lago mi maledico per aver dimenticato dentro gli occhiali da sole e mi accendo la Gauloise rossa che ho dietro l’orecchio, anche se dopo un paio di boccate inizia a girarmi vorticosamente la testa. Raggiungo la zona pranzo e ci trovo Silvio e Katia che fanno colazione. Katia sorseggia un tè caldo al limone mentre Silvio addenta un toast facendo finta di leggere la Gazzetta dello Sport. Ha i capelli bagnati e la faccia ancora arrossata dalla recente doccia. «Ho voglia di un club sandwich», dico, «buongiorno!». La macchina da presa gira intorno al tavolo e il viso di Katia rimane impassibile, la mano di Silvio trema leggermente quando solleva la tazza da caffè di Hermès. Un cellulare appoggiato sul grosso tavolo di legno comincia a suonare incessantemente ma nessuno dei due fa il gesto di rispondere. Silvio alla fine risponde, e chiude gli occhi verdi, troppo esausto per discutere. «Notte tesa?», domando, un sorriso complice prima di andare verso la grossa sala senza nemmeno ascoltare la risposta. In veranda studio un po’ di storia del cinema per l’esame all’università della settimana prossima e piano piano anche gli altri cominciano a svegliarsi, uno dopo l’altro. Li ignoro, non rivolgo la parola a nessuno fino all’ora di pranzo. Guardo in una videocassetta che qualcuno ha già inserito nel videoregistratore Fino all’ultimo respiro di Godard. Voci nel cortile.
Ce la metto tutta per restare impassibile mentre la conversazione ruota intorno alle prossime elezioni politiche, a dove eravamo negli Anni 90, a che cosa fare quest’estate. Nessuno commenta la notizia dell’agguato a mio padre
Sento un cancello aprirsi e richiudersi. Qualcuno è entrato in cucina dalla porta di servizio. Poi siamo tutti intorno a un tavolo e io ce la metto tutta per restare impassibile mentre la conversazione ruota intorno alle prossime elezioni politiche, a dove eravamo negli Anni 90, a che cosa fare quest’estate. Nessuno commenta la notizia dell’agguato a mio padre. Fuori, oltre la porta a vetri, invidio i minuscoli uccelli riuniti intorno a una fontana d’acciaio lasciata vuota probabilmente da anni. Invidio la loro libertà. Si prendono in considerazione e si scartano tutti gli inviti alle feste di stasera, e tutti decidono di restare a casa perché letteralmente «sono troppo stanchi». Nel tardo pomeriggio arriva anche la bionda da Milano, arrivata l’altro ieri da Bali. All’improvviso mi smarrisco, mi allontano da tutti ancora una volta. Provo a telefonare a mio padre ma ha il cellulare staccato, un brivido mi percorre la schiena. Poi sono seduto a bordo lago con la bionda e il cielo è senza stelle. Io sono strafatto d’erba e lei beve un sacco di vodka lemon. Parla del suo buen retiro a Bali, di sé, dei drastici cambi di pettinatura, della vita da hostess, i voli turbolenti ai Caraibi, il problema di invecchiare, a 28 anni, i fine settimana passati a New York, la sua fondamentale apatia, l’insensatezza delle fasce orarie nel mondo… io dico: «Non ho opinioni in merito».
Ho 26 anni e questa probabilmente sarà l’ultima notte che vivrò libero, senza scorta
Parliamo dell’incidente, della riabilitazione a Sainkt Moritz, della mafia che vuole uccidermi e che ieri ha sparato a mio padre e di come si sia attaccato al clacson dell’auto dopo l’agguato, per attirare l’attenzione. Poi per tirarle su il morale le racconto dell’ultima volta che mi sono fatto di ero con il drugo Fede a Bologna, di come ho rischiato di non svegliarmi la mattina dopo, e era capodanno di quattro o cinque anni fa. Sorride e tocca la mia mano. Dovrei sorridere anch’io, cosa che i riesce abbastanza difficile. Mi si è addormentato un piede e continuo a guardare l’orologio, che tra l’altro non porto. Evito il verde inespressivo dei suoi occhi. Dentro i ragazzi sono impegnati in etilici tornei alla Playstation. Le ragazze fumano erba stese in veranda con giornali di moda sparsi dappertutto. Mi soffio il naso, ridendo infelice. Rimango solo con la bionda, un disco di Amy Winehouse in sottofondo, una bottiglia di Absolut ghiacciata. Nella stanza che dividiamo il letto è già stato preparato per la notte. Sono quasi ubriaco ma non mollo la bottiglia di Absolut, poi scopiamo ma siamo completamente distanti. Poco dopo, nudo, e scomposto in una poltrona di fronte al letto mi rollo l’ennesima canna e le dico cosa non va senza interrompermi. Le parlo di me. Degli attacchi di panico di cui sono vittima sempre più di frequente dopo l’incidente a Tel Aviv che mi ha fatto andare fuori di testa, della mia famiglia che mi ha fatto seguire e fotografare e chissà cos’altro, del fatto che sono innamorato di un’altra ragazza. Dopo questo mi fermo, non sapendo come continuare. Quando mi avvicino incerto al letto la attiro delicatamente a me perché mi sta tornando voglia di scopare ma l’espressione atroce sulla sua faccia mi convince ad indietreggiare. La bionda scende dal letto e corre in bagno, sbattendo la porta. Lo spazio vuoto nel letto mi permette di sdraiarmi sulla schiena e contemplare il soffitto con le luci del Mac portatile che mi guizzano sulla faccia. Un pezzo dei Beastie Boys. Alzare il volume serve a eliminare il rumore che proviene dal bagno. Ho 26 anni e questa probabilmente sarà l’ultima notte che vivrò libero, senza scorta.
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