Da anni i russi convivono con una carenza di farmaci. Una situazione che è sensibilmente peggiorata dopo l’invasione dell’Ucraina. I prezzi infatti sono aumentati vertiginosamente e gli scaffali delle farmacie sono rimasti sforniti. Nonostante i tentativi delle autorità per garantire almeno i farmaci essenziali, i problemi rimangono. Le cause sono molteplici: le sanzioni hanno interrotto le catene di approvvigionamento, molte multinazionali occidentali hanno bloccato gli studi clinici in Russia e le materie prime sono difficili da reperire. E il futuro non promette nulla di buono.
Cialis e Botox scomparsi dalla Russia
Secondo quanto riportato da Meduza, a partire da marzo numerose società farmaceutiche straniere hanno annunciato la sospensione dei test e degli investimenti sul mercato russo. Si va dall’americana Eli Lilly, che ha bloccato i rifornimenti di Cialis, ad AbbVie, che ha adottato la stessa strategia per il Botox, dalla britannica GSK, che non ha più inviato gli stock di vitamine e integratori dietetici alla giapponese Daiichi Sankyo che, secondo i media locali, avrebbe sospeso le vendite di Lixiana, Transamin ed Efient, un anticoagulante che, tuttavia, pare sia registrato anche in Russia con un’altra etichettatura. La statunitense Bristol-Myers Squibb ha deciso di rompere tutti rapporti con la Federazione cedendo la gestione del business a un competitor svizzero, la Swixx BioPharma che, nonostante il conflitto, ha scelto di portare avanti i suoi affari.

Problemi di distribuzione
La scarsità di rifornimenti non si spiega però solo con gli addii delle multinazionali. A spingere la Russia sull’orlo del precipizio, infatti, è stato il blocco logistico determinato dalle sanzioni dell’Ue. Le restrizioni applicate sui trasporti, ad esempio, hanno intasato le dogane portando a inevitabili ritardi nell’arrivo dei farmaci. È proprio quello che è successo a un lotto di Trikafta, farmaco utilizzato nel trattamento della fibrosi cistica e tra quelli forniti da alcune associazioni non profit, le uniche che solitamente riescono a garantire le dosi ai malati che altrimenti dovrebbero spendere cifre da capogiro. Fino alla fine di maggio gli ordinativi sono rimasti bloccati causando problemi ai pazienti.

Tra scorte bloccate e risultati scadenti
Ci sono poi quei medicinali che, pur arrivando a destinazione, rimangono bloccati nei magazzini per un tempo indefinito perché invenduti. «Ci sono un sacco di vaccini per la varicella, ad esempio», ha spiegato Antonina Oblasova, direttrice della non profit Collective Immunity, «pensare che non si esauriscano tranquillizza, ma il fatto che nessun ospedale li acquisti perché i fondi vengono dirottati su altro è un grosso problema». Ma non finisce qui. Al di là dei farmaci importati, la carenza potrebbe presto interessare anche medicinali prodotti in Russia, che rappresentano poco meno della metà del mercato farmaceutico nazionale. A mancare sono le materie prime. Sia perché oltre alle multinazionali, anche diversi produttori hanno lasciato il Paese sia perché le spedizioni si sono completamente fermate.

Pur trattandosi, nella maggior parte dei casi, di sostanze integrative e non di ingredienti base, a farne le spese è la qualità del farmaco. «Sostituire rapidamente i componenti mancanti sarà una vera e propria sfida e, presto, gli impianti saranno costretti a modificare le loro formule», ha sottolineato Ravil Niyazov, esperto di regolamentazione, «in sostanza, dovranno alterare metodi e tecnologie utilizzate su più produzioni. Un processo che richiede da qualche mese a un anno e non garantisce un successo assicurato».