Quanto le sanzioni occidentali stanno pesando davvero sull’economia russa? Difficile calcolarlo con precisione, visto che Mosca ha interrotto o limitato la diffusione dei dati ufficiali. Sicuramente l’ultimo rapporto del Fondo monetario internazionale ha evidenziato come il Paese grazie alla tenuta dell’export energetico frenerà il crollo del Pil al 6 per cento, di fronte a una stima del -8,5 per cento.
Secondo uno studio di Yale, l’economia russa è vicina al collasso
Un recente studio dell’Università di Yale basato su dati di società, banche, consulenti e partner commerciali russi, però dipinge un quadro nettamente diverso. Secondo gli economisti l’economia russa è stata colpita duramente sia dalle sanzioni sia dall’esclusione dal commercio internazionale. Anche se Mosca è stata comunque in grado di guadagnare miliardi di dollari con la vendita di petrolio e gas a prezzi elevati, secondo il report di 118 pagine pubblicato a fine luglio, gran parte della sua attività economica interna è bloccata dall’invasione del 24 febbraio. «I risultati della nostra analisi economica della Russia sono indiscutibili», si legge nel rapporto della Yale School of Management. «Sanzioni e il ritiro di molte aziende straniere hanno completamente paralizzato l’economia a tutti i livelli». Lo sforzo del Cremlino di sostituire attività, prodotti e talenti non ha funzionato. Anche i guadagni realizzati con le esportazioni di combustibile non proteggeranno a lungo l’economia. Secondo gli esperti infatti la dipendenza della Russia dall’Europa per l’acquisto dell’83 per cento delle sue esportazioni di energia la pone a medio termine sotto una maggiore minaccia. In altre parole la Russia è molto più dipendente dall’Europa di quanto lo sia l’Europa dalla Russia. Le decine di miliardi di dollari provenienti ogni mese dalle esportazioni di petrolio e gas non riusciranno a mettere in sicurezza il Pil. Se l’Europa riuscisse a rendersi indipendente dal gas russo, Mosca si troverebbe in un cul de sac. «Qualsiasi diminuzione delle entrate o dei volumi delle esportazioni di petrolio e gas metterebbe immediatamente a dura prova il bilancio del Cremlino».

Con l’addio delle aziende straniere, a rischio oltre 5 milioni di posti di lavoro
Mentre la Federazione è riuscita a superare le sanzioni imposte nel 2014 dopo l’annessione della Crimea, questa volta potrebbe non farcela. Vladimir Putin ha promosso un programma di sostituzione di alcune importazioni con prodotti nazionali e ha creato un cuscino di riserve finanziarie, ma l’industria nazionale era comunque sostenuta da investimenti stranieri e dall’import di componenti tecnologici che ora è bloccato. Secondo il rapporto, circa 1.000 aziende straniere hanno interrotto le loro attività nel Paese, causando la perdita di almeno 5 milioni di posti di lavoro. La produzione industriale è precipitata e le spese dei consumatori sono scese del 15-20 per cento rispetto a un anno fa.
Il crollo del settore automobilistico
A preoccupare sono soprattutto le importazioni, anche quelle dalla Cina che sono scese di oltre il 50 per cento. Per avere il polso della situazione è sufficiente analizzare lo stato di salute del settore automobilistico. Le vendite di auto sono passate da 100 mila a 27 mila al mese e la produzione si è bloccata a causa della mancanza di componenti e macchinari. Senza l’accesso ai componenti importati, i produttori russi stanno realizzando auto senza airbag, moderni freni antibloccaggio o solo con cambio manuale.