E anche la 73esima edizione del Festival di Sanremo la possiamo archiviare, e la possiamo archiviare nel settore “era già tutto previsto”. Cosa quasi incredibile, se si considera il numero altissimo di concorrenti in gara – attenzione, ho parlato di concorrenti e non di canzoni. Ancora più incredibile se si considera le polemicucce che hanno accompagnato le prime due puntate, e anche le settimane precedenti.
Madame, avanti tutta nonostante i guai col vaccino
Andando in ordine: Madame, che è stata ingenuamente considerata a lungo a rischio, per la nota questione dell’inchiesta che la vede indagata per falso ideologico relativa a una falsa vaccinazione attraverso la quale avrebbe avuto accesso a un Green pass a questo punto irregolare, ha cantato, e ha cantato non solo bene, dal punto di vista tecnico e emotivo, ma anche una gran bella canzone, come se salire sul palco dell’Ariston fosse equivalso a una amnistia, nessuno a invocare più la sua esclusione, come in precedenza. Avanti tutta, lei a commuoversi abbracciando Amadeus a fine esibizione proprio per aver insistito a volerla qui.

Rosa Chemical? Più facile diventare gay guardando Paola e Chiara
Rosa Chemical, di cui una deputata di Fratelli di Italia, ancora più ingenuamente, aveva chiesto l’esclusione a causa di certe sue dichiarazioni ritenute poco in linea con un’idea di famiglia settecentesca, lui a parlare di poliamore, porno e OnlyFans (a proposito, ma Alex Mucci dov’è?), ecco, Rosa Chemical ha cantato bene e fatto spettacolo, provocato il giusto, portando sul palco Fedez dopo avergli twerkato seduto sulle gambe, chiudendo poi la performance baciandolo con passione in bocca (roba da 300 punti a FantaSanremo), facendo sbroccare in un fuori onda Chiara Ferragni e regalandoci una delle poche gioie di questo sonnolento Sanremo. Rosa Chemical che fin qui aveva spostato l’attenzione sui piedi, scelta alquanto azzeccata, ma immagino nessuno dei milioni di spettatori sarà diventato di colpo gay a causa sua, molto più facile che lo sia diventato per l’esibizione strepitosa delle redivive Paola e Chiara, che hanno portato le stroboscopiche a Sanremo con la loro Furore, canzone che sarà ballata da qui a quando il mondo esalerà il suo ultimo respiro, almeno quella porzione neanche troppo piccola di mondo che occupo io.

L’artista Anna Oxa ha fatto l’artista Anna Oxa, non interagendo col mondo dei media, con la Rai, con i colleghi: Fedez l’ha “blastata” perché ha saltato la fila alle prove, per altro provocando casini inenarrabili. Si è scoperto – o così ci hanno voluto far credere – che la faccenda della rissa con la già citata Madame era una fake news, insomma, tutto nella quasi norma. Idem per Grignani, entrato a Sanremo col rischio eliminazione a causa della pubblicazione intera del suo brano da parte di Gian Paolo Serino, giornalista rock ‘n’ roll a cui non deve essere andato giù qualcosa del loro rapporto, e ha portato a casa il Festival alla sua maniera, sbrodolando ma anche emozionando: vederlo faticare a sfilarsi la giacca per far vedere la scritta No War sul retro della sua camicia è stato un gesto talmente goffo e ingenuo da aver spinto molti alla commozione.

Fedez ha provato a rubare la scena, lui che quello in fondo sa fare, andando a presentare una cosa che ha poi dichiarato essere una canzone nel cui testo se la prende un po’ con tutti i suoi nemici, un deputato di Fratelli di Italia, che evidentemente vanno molto di moda, il Codacons e non ricordo chi altro, salvo poi dichiarare che la Rai nulla sapeva, non ottenendo però molto di più che un “ah, bene” (sarà altro a riportarlo al centro della scena, portate pazienza e arriva).
Blanco ha fatto un vero casino, previsto o meno
Beh, Blanco ha fatto un vero casino, su questo sembrano tutti concordare. La prima serata, durante l’esibizione del suo ultimo bruttissimo singolo, per problemi legati agli earmonitor non è riuscito a cantare e, non sapendo come passare il tempo, ha ben visto di distruggere tutte le rose che stavano sul palco, calciando, lanciando e strappando. Si mormora che fosse tutto previsto, come l’ingresso di Amadeus su Instagram attraverso le sante manine di Chiara Ferragni, oltre 1 milione e 200 mila follower nel giro di pochi giorni, Ama, ma si sa che la malizia è negli occhi di chi guarda. Diaco ha detto che avrebbe dovuto chiedere scusa e avrei pagato non so cosa per vederglielo fare dal vivo, alla sua maniera, ma anche lì, niente di sconvolgente.

Le coconduttrici in realtà erano solo vallette
La Ferragni, si diceva, lei e le altre coconduttrici hanno dimostrato in maniera incontrovertibile che sì, le coconduttrici in realtà sono le vallette, perché a condurre è Amadeus, che è anche il direttore artistico che ha scelto gli artisti, che ha modificato il regolamento e che ha relegato un ristretto gruppo di giornalisti al Casinò, smantellando la storica Sala Stampa, si dice, a ragione, a causa di un certo suo odio verso la categoria. Vallette che fanno le vallette, come fa la valletta Gianni Morandi, ogni minuto passato sullo schermo sempre più storto, stanco, annoiato. Ci sono certo stati i monologhi, ma a partire da quello declamato con una voce piatta come quella della De Filippi, ma senza la sua allure, e con un testo da testo libero di quarta elementare, passando per tutti gli altri, fatta forse, ma dico forse, eccezione per quello di Paola Egonu. Quello della Francini lo abbiamo già letto e sentito decine di volte, se ne faccia una ragione: neanche in quello è originale, si tratta sempre di brodi riscaldati, recitati male e soprattutto con la puzza incredibile di pinkwashing, cioè relego le donne a bordo campo ma faccio dire loro che sono a bordo campo per colpa di altri uomini.

Un finto scandalo per lo scarso monologo di Angelo Duro
Paola Egonu, ecco, è la sola sorpresa sul lato cast, perché oltre che a essere un’ottima sportiva, non dico nulla di strano, si è dimostrata molto brava a stare sul palco, decisamente più spigliata delle colleghe professioniste di quel settore. Ah, dimenticavo, c’è stato il finto scandalo per il monologo di Angelo Duro, non ho ben capito se ascrivibile al campo dei comici, dei stand up comedian o più semplicemente dei portoghesi, intendendo con questo nome usato proprio con intento denigratorio, e facendo ricorso a un’epoca in cui si poteva insultare una intera nazione per esprimere velocemente un concetto – da noi in Ancona si diceva “’sto figlio de ‘na greca” per indicare un figlio di buona donna – intendendo con questo nome, portoghese, colui che entra senza aver pagato il biglietto. Nel suo caso addirittura pagato per entrare e ammorbarci con un monologo imbarazzante, non per le inesistenti provocazioni e le facili parolacce, figuriamoci, signora mia, ma per la nullità dei contenuti.

Per il resto, che dire, ascolti da record, non avvallati da un controllo incrociato dei numeri, grandi percentuali, sì, ma in calo rispetto al passato passato, ci sta. Puntate lunghissime anche per ottenere quei numeri, perché lo share si ottiene sommando le percentuali di ascolto nelle varie fasce orarie, e più fasce orarie si toccano e più si va verso la notte fonda, dove nessuno guarda la tivù, più è facile sommare percentuali altissime alle prime, decisamente meno impressionanti. Uno spettacolo, nel senso di gag, battute, presentazioni, degno del Bagaglino, e lo si legga senza l’intento sdoganante e di recupero di un Marco Giusti in odore di mistificazione.
Giorgia, a lungo in odore di podio, immeritatamente punita
Poi ci sono state le canzoni, tante, tantissime, e tanto belle, in media, come forse raramente era capitato di sentire negli ultimi anni. Un cast impressionante, questo sì, con un sacco di nomi importanti, ritorni, reunion, nuovi volti di quelli che sbancano su Spotify e riempiono stadi. E alla fine ha vinto lui, Marco Mengoni, entrato a Sanremo papa e uscito da Sanremo papa, per gli sbrocchi del Toto Cutugno del nuovo millennio, Ultimo, stavolta addirittura quarto, sopra Tananai e dopo Mr. Rain e Lazza. Peggio è andata a Giorgia, a lungo in odore di podio, quest’anno a cinque, immeritatamente punita nella serata delle cover, dove avrebbe indubbiamente dovuto vincere per il duetto fatto con Elisa, in buona compagnia con Elodie con Big Mama: ma le donne son buon per fare le vallette, a Sanremo, figurati se possono ambire a vincere una sciocchezza come il Festival della canzone italiana.

Festival della canzone italiana che è in realtà il Festival dei cantanti italiani, perché Mengoni non ha vinto per la canzone, non la migliore di quelle in lizza ma neanche la migliore in assoluto. Decisamente più belle quella dei Coma_Cose che escono da questo ritorno all’Ariston fortificati e con una maturità che rassicura. O quella di Levante, che lascia i suoi mostri alle spalle, si reimpossessa del proprio corpo, e sfoggia un women empowerment da paura. Anche se su questo fronte il top è Elodie, che con la sua due non solo sforna il claim del Festival – “per me le cose sono due, lacrime mie o lacrime tue” -, ma anche la più bella canzone incisa fin qui, assolutamente centrata e perfetta per quel personaggio spigoloso e sensuale che ama presentare in pubblico. Anche lei, ovviamente, deve fare piuttosto paura, perché non ha ricevuto la giusta attenzione.

Ma la lista dei bei brani potrebbe essere lunga, la già citata Madame era in buona compagnia, sul fronte giovani, di Lazza, che ha presentato una base di Dardust strepitosa, ha cantato senza autotune e anche senza concedere a chi fosse nato nel millennio precedente di capire una parola, ma ha comunque sfoggiato una futura hit. Ma la musica non è poi così centrale, e l’abbiamo comunque raccontata a lungo in questi giorni: non sia mai che qualcuno pensi che a Sanremo la musica ha un peso specifico alto, non scherziamo. Anche questo Sanremo ce lo possiamo lasciare alle spalle, è stato un successo, indubbiamente. Dalla prossima settimana potremo tornare a ascoltare quel che ci pare, e anche a parlare di quel che ci pare: sembra che ultimamente il pianeta Terra ci abbia dato a disposizione argomenti di discussione piuttosto interessante.
Mengoni ha dedicato a tutte le donne in gara la sua vittoria
Comunque, ma dirlo adesso e dirlo qui sembra quasi ironico, anche quest’anno molte delle canzoni migliori le hanno presentate le artiste in gara, da Levante a Giorgia, passando per i Coma_Cose, Elodie, Mara Sattei, Madame e Paola & Chiara, tutte debitamente tenute fuori dal podio, addirittura dal podio a cinque ideato da Amadeus. A notarlo il solo Marco Mengoni, che appena indicato come vincitore sottolinea la cosa, eroico, dedicando a tutte le donne in gara la sua vittoria. Però no, tranquilli, non abbiamo un problema di discriminazione di genere, magari anche avallata dal far fare alle donne le vallette che poi fanno monologhi stucchevoli e compiacenti a una visione del mondo maschilista, riproposta in ogni aspetto anche in un luogo come Sanremo: è solo un’impressione.