Seconda serata del Festival di Sanremo andata. Un po’ come succedeva con i giorni della naia, parlo per i boomer, o per quei boomer che andavano a fare il soldato, io ho obiettato, figuriamoci se mettevo una divisa, una tacca per ogni giorno. E se ieri era il turno di Blanco, lì a devastare il palco come un cretinetto, oggi è il giorno di Blanco che, non contento di aver sputtanato un successo arrivato velocemente, scrive una poesia, o se lo fa scrivere dal compagno di classe dei miei figli, 11 anni, che devono aver scritto anche il monologo orribile della Ferragni ieri, il tutto per dire, in fondo, che sì, è un cretinetto. Fortuna però che arriva Oxarte, che l’agenzia che cura la comunicazione per l’artista Anna Oxa, a regalarci il più bel momento del Festival fin qui, andando a esprimere solidarietà a coloro che hanno fatto fatica a comprendere il testo e/o il senso del brano dell’artista Anna Oxa, scritto da Kaballà e Francesco Bianconi, aggiungendo che probabilmente per qualcuno è più agevole un testo meno strutturato in italiano, concludendo con il consiglio di farsi seguire da esperti o ascoltare altro con strutture di testi alla portata delle proprie abilità. Una roba che è una sorta di blastata di portata millenaria, altro che Blanco che fa a pezzi le rose, pura poesia.
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Con gli Articolo 31 e Lazza e Giorgia la serata (canora) decolla
Per il resto? La solita noia, diluita per ore e ore di programma inutile. E dire che quest’anno le canzoni sarebbero pure di buona fattura, alcune proprio belle. A inaugurare la serata canora, perché qui ogni sera tocca distinguere tra le brutture televisive e quelle canore, magari non tutte brutte, Will. E lo fa con un tocco postadolescenziale e la sua faccia da Rooney, la canzone non è indimenticabile, ma è giovane e potrà farsi. Secondi in ordine di scaletta i Modà, che presentano una canzone sulla depressione di cui ha sofferto e ancora un po’ soffre il leader Kekko, brano coraggioso, di spessore. Non così Sethu, cantante giovane, come Will, che spara la parola “merda” sull’Ariston, brano comunque, anche qui, non banale.

Certo poi arrivano Articolo 31, Lazza e soprattutto Giorgia, e la faccenda prende un’altra piega. Perché J-Ax e Dj Jad presentano un brano sull’incedere del tempo e i cambiamenti che questo incedere porta nelle nostre vite, come quelle di due amici che si separano e a un certo punto si ritrovano, cambiati, cresciuti. Lazza porta una canzone con una base strepitosa, del solito Dardust, ma con un testo cantato in una lingua incomprensibile a chi è nato nel Novecento, peccato. Giorgia, invece, è Giorgia, la più grande cantante che l’Italia abbia mai avuto, senza ombra di dubbio, lasciate perdere Mina, Ornella Vanoni o chi che sia, magari non sempre con un repertorio alla sua altezza, ma di una bravura tale che ci rappacifica col mondo e anche col Festival. Non che non siano di livello anche Colapesce e Dimartino, intelligentemente tornati sul luogo del crimine con un brano che dice altro rispetto a Musica leggerissima, qui siamo in zona Battisti Anni 80, e lo dice con la medesima sottile intelligenza.

Vivo di Levante si conferma il testo migliore
Shari, che è nella mia squadra FantaSanremo – non dimenticate mai che il FantaSanremo è un grande volano per i più giovani che schifano la tv – ha un modo particolare di cantare una canzone che non sembra esattamente scritta da Salmo, come più volte sottolineato da Amadeus. Madame che, messe da parte le polemiche legate ai Green pass, presenta una mina di canzone, un chiodo che ti si pianta in testa senza possibilità di rimuoverlo senza fare danni, e poi, a seguire, il più bel testo di Sanremo (insieme ai Coma_Cose), Vivo di Levante, una canzone che dovrebbe essere insegnata a scuola, perché quel che succede a una donna con la maternità è un tema mai affrontato, e comunque mai con tanta lucidità, bellissima.
Tananai stupisce lasciando spazio al personaggio dell’anno: Rosa Chemical
Tananai spiazza, presentando una canzone classica, ben cantata, miracolo, e con qualche bella trovata nel testo, lasciando però poi spazio al personaggio dell’anno, Rosa Chemical, colui che una deputata di Fratelli d’Italia ha provato a far eliminare sulla carta, per questioni di gender fluidità, e che si presenta eccentrico e elegante, con una canzone che spero faccia rizzare i peli del collo di tutti coloro che lo ritengono un pericolo. LDA è figlio d’arte, ma a parte una padronanza di palco che potrebbe essere passato via Dna, ha una cifra e una voce tutta sua, in barba a chi magari aveva qualcosa da ridire. Infine, e che infine, Paola e Chiara, di glitter vestite, sedute su un divano che poi si scopre essere composto da quattro ballerini in t-shirt trasparente. Due regine del pop finalmente tornate tra noi, qualcosa di cui si dovrebbe gioire a reti unificate, altro che scherzi.

Fedez ‘inganna’ la Rai con una canzone terrificante
Poi, ovvio, ci sono i momenti alti, il trio Al Bano, Gianni Morandi e Massimo Ranieri che finge di essere ancora giovane e occupa militarmente l’Ariston per una buona mezzora, Renga e Nek che duettano non proprio esemplarmente dalla piazza Colombo (chi scrive sentirà tutto il set live, visto che è ubicato a poche decine di metri da lì), i Black Eyed Peas che hanno fatto ballare le salme presenti all’Ariston. Gianni Morandi che fa Gianni Morandi, Amadeus che fa Amadeus, le gag che non farebbero ridere manco fossimo all’asilo, come quella che ha introdotto il marchettone fatto al signor Ferragni, a bordo della Costa Crociere che ieri aveva ospitato l’altra marchettona a Salmo. Fedez che prova a occupare la scena, ancora una volta ingannando, dice, la Rai e cantando una canzone non concordata. Una canzone la cui bruttezza, in effetti, la Rai dovrebbe punire con punizioni corporali, o al massimo con pece e piume.

Un enigma chiamato Angelo Duro
E infine il vero enigma italiano, quello su cui Sandro Giacobbo dovrebbe fare una puntata di Voyager, Andrea Purgatori uno speciale su La7 e Red Ronnie uno dei suoi video deliranti, ma mai deliranti quanto quello che appunto abbiamo visto: un monologo di una noia mortale di tale Angelo Duro, presentato come fosse Ricky Gervais, e invece è stato peggio di Jimmy il fenomeno, solo appena appena meno sagace. E dire che quest’anno la qualità delle canzoni sarebbe stata alta, se solo Sanremo fosse un Festival della Canzone Italiana e non un noioso programma televisivo che finisce a orari improbabili (Dio delle città, evita di far fare ancora chiacchierate inutili per allungare il brodo quando siamo già verso l’1 e 30 di notte, c’è gente che lavora). Ultima notazione, prima della buonanotte, constatare che la Sala Stampa esprima immancabilmente giudizi dozzinali, vedi le posizioni di Rosa Chemical, Levante e Paola e Chiara, conferma quanto affidare il voto a chi, in fondo, per dirla con l’ormai stracitato Ultimo, abusa di quel minimo di potere che Sanremo gli mette in mano, sia un errore cui qualcuno prima o poi dovrà porre rimedio.