«Mentre siamo qui c’è un posto in cui non si può parlare, cantare e vivere liberamente. Un posto in cui i ragazzi muoiono per degli ideali, donna, vita e libertà». Amadeus decide di presentare con queste poche parole l’attivista di origini iraniane Pegah Moshir Pour, ospite a Sanremo al fianco di Drusilla Foer, una delle rivelazioni della passata stagione. Pegah lancia il suo messaggio di libertà, parla dell’Iran e delle proteste che da settembre infiammano il Paese. Lì, dopo la morte di Mahsa Amini, migliaia di ragazze e ragazzi combattono ogni giorno per i proprio diritti e «per la libertà».

Il messaggio di Pegah: «La paura non ci fa più paura»
«In Iran non sarei potuta essere così vestita e truccata», esordisce Pegah, che indossa un vestito sui toni del bordeaux, con le spalle scoperte. L’attivista spiega: «Non avrei potuto parlare di diritti umani da un palcoscenico. Sono parole un po’ forti. Sarei stata arrestata o forse addirittura uccisa. Per questo, come molte altre ragazze e ragazzi ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce a una generazione cresciuta sotto a un regime di paura. In una terra che è uno scrigno». La giovane iraniana continua: «Come si può chiamare un posto dove il regime uccide perfino i bambini? Dal 16 settembre 2022, da quando Mahsa Amini, una ragazza colpevole di essere sospettata di non portare correttamente il velo è stata uccisa dalla polizia morale, il popolo iraniano sta difendendo con il sangue i propri diritti umani». Poi recita, stringendo la mano di Drusilla Foer, la canzone di Shervin Hajipour, Baraye, «che in italiano vuol dire “per”». Un vero e proprio manifesto delle proteste iraniane.

Chi è Pegah Moshir Pour
Pegah Moshir Pour è lucana di origini iraniane. Nata nel 1991, è diventata una famosa attivista grazie ai contenuti veicolati sui social riguardanti le proteste in Iran dopo la morte di Mahsa Amini. Sul sito di Braves, la community di imprenditrici, creative e professioniste di cui fa parte, viene definita «multipotenziale e creativa». Dall’età di 15 anni è attiva in progetti e festival culturali riguardanti politiche di territorio regionale e nazionale. Collabora con enti iraniani e dall’inizio delle proteste è diventata una voce importante che porta in Italia ciò che avviene in Iran, traducendo video e notizie.
Pegah Moshir Pour ha scritto ai rettori
A ottobre Pegah Moshir Pour ha scritto una lettera aperta alle università italiane. Un appello ai rettori che l’attivista, in Italia dal 1998, ha voluto rivolgere perché non rimanessero «in silenzio davanti a quanto sta avvenendo in Iran. Sarebbe un mutismo di ignavia e connivenza, che nulla avrebbe a che vedere con il senso di umanità che la cultura e la scienza perpetuano». La richiesta è stata di «un intervento diretto che dia un segnale forte corale di solidarietà ma anche di azione, dei paesi occidentali e dell’Onu per difendere i cittadini e garantire agli studenti ospitalità presso università europee, creando dei corridoi accademici o borse di studio, non possiamo più tollerare tutto questo, ricordo un episodio simile nel luglio del 1999 sempre a Teheran, non possiamo fare finta di niente».
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