Credo che storicamente la prima volta l’abbia fatto Salmo, nel 2016, quando facendo uscire Hellvisback la settimana precedente il Festival della Canzone Italiana, targato per la seconda volta Carlo Conti e vinto poi dagli Stadio (su cui onestamente in pochi avevano e avrebbero scommesso), si posizionò in vetta alla classifica non solo nella settimana della kermesse, ma anche nella successiva, come a dimostrare che del Festival non aveva bisogno e che in tutti i casi a dominare c’era lui e soltanto lui. Dal canto loro, gli Stadio erano a Sanremo per promuovere il loro album, certo, ma talmente poco credevano essi stessi nella loro vittoria da non essersi neanche iscritti all’Eurovision, col risultato che a sostituirli fu la seconda classificata Francesca Michielin (con Nessun grado di separazione) che è un po’ come decidere di giocarsela per il Pallone d’Oro con Petagna. A sostituire Salmo in vetta alle classifiche poi arrivò Capitani coraggiosi, della premiata ditta Morandi-Baglioni, Sanremo proprio non pervenuto. Anche l’anno successivo la faccenda non andò diversamente: a vincere fu Francesco Gabbani, che nel 2016 aveva portato a casa il trofeo nella sezione giovani. Gabbani, trionfatore a sorpresa con Occidentali’s Karma su una basita Fiorella Mannoia, un po’ la Ultimo di quell’edizione, entrata vincitrice e uscita sconfitta, ma con un disco non in uscita. Evidentemente sorpreso a sua volta dagli eventi, Magellano, questo il titolo dell’album, uscì solo un paio di mesi dopo la vittoria sanremese, mentre a dominare le classifiche nella settimana dopo il Festival c’era Tiziano Ferro con Il mestiere della vita. E non è che siamo parlando di un capolavoro. Dietro di lui Fedez in coppia con J-Ax e Mina e Celentano. Il primo album sanremese ad affacciarsi alla classifica fu invece proprio quello di Mannoia.

Con l’ascesa dello streaming l’idea di lanciare a Sanremo un nuovo disco è diventata naif
Da quel momento, complice anche l’ascesa quasi violenta dello streaming, i cd cominciarono a diventare quasi oggetti di modernariato, l’idea di andare a Sanremo con un album nuovo di zecca da promuovere divenne quasi naif: meglio semmai proporre un repackeging, o proprio uscire solo con un singolo, tanto a dominare ci sarà sempre un rapper, un trapper o quel che è, pronto a sfilare il primato a chi si è pappato una settimana di promozione a reti unificate, ma evidentemente non ha esattamente un appeal potentissimo sul mercato. C’è stata l’eccezione del 2018, con Ermal Meta che ha visto il suo Non abbiamo armi partire il suo percorso direttamente alla numero uno, forte del brano vincitore al Festival, Non mi avete fatto niente, in duetto con Fabrizio Moro. Ma già nel 2019 Mahmood, vincitore ancora una volta a sorpresa con Soldi su Ultimo, artista che poi si prenderà la rivincita portando per la prima volta in Italia ben tre dischi a stazionare a lungo nella Top 10 degli album, non aveva neanche un album in uscita. Il suo Gioventù bruciata fu distribuito due settimane dopo la fine del Festival, e chiamarlo album è esercitare piuttosto la fantasia: era già uscito un EP dallo stesso titolo cui la Island aveva appiccicato sopra alcuni inediti, tanto per dare qualcosa in pasto al pubblico. Idem accadrà per Diodato nel 2020, il brano vincitore inserito nel repack del suo album uscito nel 2019 Che vita meravigliosa.

Così la pandemia ha rovesciato il tavolo
Poi c’è stata la pandemia, che in qualche modo ha spazzato via un po’ tutte le regole precedenti. Di colpo tutto si è fermato, il mondo intero, non solo la filiera della discografia, e quindi Sanremo. Anche il Festival senza pubblico, spostato a marzo, con le mascherine e le interviste su Zoom, ha preso un peso altrimenti impensabile, seppur con la gente incattivita a casa. Certo, a Diodato nel 2020 è andata malino, perché il primo lockdown è stato ovviamente un guardarsi dentro, chi se ne frega della musica; mentre dal 2021 la faccenda ha preso davvero una piega diversa: prima i Maneskin, poi l’anno scorso Blanco e Mahmood hanno vinto e non solo all’Ariston. A fine 2022 la loro Brividi è stata la canzone più streammata, indicando una netta inversione di marcia. Inversione che era facilmente intuibile già dalla scelta di un artista come Rkomi: in gara al festival, il suo album Taxi Driver è stato il più venduto nel 2021. Come Lazza quest’anno, il suo Sirio è il più venduto del 2022, proprio sopra Taxi Driver.
Da Tananai a La Rappresentante di Lista: la ritrovata forza di Sanremo
La presenza nella top 10 di vendita di Tananai, che proprio arrivando ultimo a Sanremo ha poi visto deflagrare la propria carriera, e la posizione comunque molto alta di Dargen D’Amico e de La Rappresentante di Lista, rispettivamente terzo con Dove si balla e decimi con Ciao Ciao, cristallizza questa ritrovata forza della kermesse sanremese. Sulla quarta posizione di Farfalle, brano portato in gara da Sangiovanni, credo abbia pesato più l’essere stato vincitore di Amici, perché nel 2021 era proprio lui a svettare con la sua Malibù, mentre i brani sanremesi più in alto erano Zitti e buoni al quarto posto, Musica leggerissima degli outsider Colapesce e Dimartino al settimo, Voce di Madame al decimo.

La difficoltà di lanciare un album dall’Ariston
Innegabile, quindi, che da una parte il Festival abbia di nuovo una sua potenza, come quando l’Italia intera si raccoglieva intorno alla radio per ascoltare Nilla Pizzi cantare di fiori e addii o intorno alla televisione per guardare Modugno allargare le braccia intonando Nel blu dipinto di blu, così come è indubbio che arrivare a Sanremo con l’idea di lanciare un album nuovo è faccenda sempre più rara. Quest’anno sono attesi i lavori di Giorgia, fuori dopo una pausa di oltre sette anni, Levante, Elodie, presente anche con una serie su Prime Video, e pochi altri. Tanta grazia se a funzionare sarà il singolo proposto in gara, ché con 28 artisti la questione è un po’ meno scontata di quanto non potrebbe sembrare. L’idea che anche i negozi del centro di Sanremo, tutti agghindati a festa per la settimana del Festival, non abbiano più album, penso a quando ancora c’erano i vinili da esporre, è sicuramente sintomo di questi tempi liquidi, forse addirittura vaporizzati, tempi dove le canzoni non devono più puntare a farsi fischiettare sotto la doccia, ma a finire dentro i nostri smartphone, per essere messi in una playlist buona per quando cuciniamo o stiamo facendo footing al parco.