Sanremo 2023, la sbroccata di Blanco meglio dei pippacchioni moralisti

Lia Celi
08/02/2023

La performance dei calci ai fiori, preparata o imprevista, è stata liberatoria dopo il predicozzo civil-motivazionale di Roberto Benigni sulla Costituzione e il poco credibile messaggio sul femminismo della ricca, bianca, etero, cis Chiara Ferragni. Il modo migliore per sottolineare la nobiltà dell'articolo 21.

Sanremo 2023, la sbroccata di Blanco meglio dei pippacchioni moralisti

Le rose per cui Nilla Pizzi ringraziava l’ex, tutte le rose di Orietta Berti. Quelle di Io tu e le rose e quella che di sera non diventa mai nera e caricò la pistola di Tenco. Le rose che Massimo Ranieri ha comprato stasera e quelle che regalava il matto di Simone Cristicchi. E mettiamoci pure le «rose viola stese sulle lenzuola» da Ghemon: a mezzanotte e mezza della prima serata del Festival 2023, Riccardo Fabbriconi aka Blanco ha preso a calci non solo le rose che decoravano il palco, ma tutte quante le rose dei settantatré anni di Sanremo (roba da farci 10 infiorate di Genzano monotematiche) e, in ultima analisi, alla Sanremitudine tout-court. Ha sbroccato davvero a causa di un guasto tecnico della cuffia o dei suoi nervi o era una ben preparata citazione del (bellissimo) video dell’Isola delle rose, in cui si rotola in mutande tra i fiori? Boh. Voluto o imprevisto, il momento-Blanco entrerà non solo nella galleria dei momenti-shock di Sanremo insieme al Wojtylaccio di Benigni, al suicida ammansito da Baudo e al «dov’è Bugo?» di Morgan, ma anche fra le grandi provocazioni artistiche, l’equivalente dell’«uccidiamo il chiaro di luna» di Marinetti.

L’efebico casseur biancosvestito sotto una pioggia di fiori color sangue

Perché sì, prendere a calci le rose nel luogo che le ha celebrate fino alla nausea è un atto di rottura – prova lampante ne erano i fischi del pubblico e le invettive sui social che invitavano il rapper lombardo a vergognarsi, a farsi curare da uno bravo, a non sputare nel piatto in cui ha mangiato ecc. In pochi hanno colto la forza e la bellezza impattante della performance, l’effetto dionisiaco e ammaliante dell’efebico casseur biancosvestito dal sorriso beffardo, che impazzava sotto una pioggia di fiori color sangue. Decisamente liberatorio, dopo la sequenza di pippacchioni moralisti in cui le canzoni in gara si aggiravano isolate, umiliate e sparute, quasi una formalità per giustificare l’ennesima parata delle generazioni che in Italia comandano davvero, quelle dai sessant’anni in su, più in su e meglio è.

Sanremo 2023, la sbroccata di Blanco meglio dei pippacchioni moralisti
Blanco e Amadeus sul palco di Sanremo. (Getty)

Ennesimo predicozzo civil-motivazionale di Roberto Benigni

Perfino la Costituzione, che ha solo due anni in più di Sanremo, trasformata nell’ennesimo predicozzo civil-motivazionale di Roberto Benigni, sembrava un’anziana vedette che torna alla ribalta con la pancera termosaldata sotto l’abito di lustrini, e faceva l’effetto di Katia Ricciarelli al Grande Fratello Vip, con il presidente Sergio Mattarella nel ruolo dell’opinionista piazzato all’Ariston da qualcuno più in alto di lui, e cioè il super agente Lucio Presta. Ma il vero problema non è l’età (anche l’age-shaming fa brutto, quindi niente commenti sull’esibizione dei Buena Vista Social Pooh). È che viene da pensare che, dopo il Paese che non ha bisogno di eroi, il Paese più beato è quello che non ha bisogno di far spiegare la Costituzione da un comico durante un concorso canoro e non lo applaude quando dice che «è una poesia» – perché noi italiani, si sa, siamo un popolo romantico, pure la Carta fondamentale dello Stato dev’essere melodiosa e poetica, altrimenti non la caghiamo.

Per sottolineare la nobiltà dell’articolo 21 sulla libertà di pensiero, il massacro di rose di Blanco era molto più potente dell’evocazione della repressione del dissenso nel Ventennio fatta da Benigni. Sarebbe stata più convincente se questo non fosse lo stesso Festival che non ha accettato di trasmettere un appello video di Volodymyr Zelensky, che non sarà come prelevarlo a casa e farlo sparire come faceva l’Ovra, ma non è proprio il massimo dell’apertura, diciamo.

Perplessità davanti alla singhiozzante Chiara Ferragni

Criiiinge, come ululavano gli adolescenti del mio gruppo d’ascolto. Gli stessi che, pur trovando simpatica Chiara Ferragni e il suo abito con due saliere disegnate ad altezza seno, hanno accolto con espressioni sconcertate e interdette la singhiozzante «lettera a se stessa bambina» che non si sentiva mai adeguata. Ho letto la loro perplessità come un segno incoraggiante, l’alba di un futuro in cui «le lamentele delle star in depre, il nero lutto di chi non ha niente a parte avere tutto» (cit. Caparezza) non faranno più spettacolo. «Pensati libera», esortava la scritta sulla stola della fashion blogger dei record (diventata un meme nel giro di cinque secondi). Bel messaggio per tutte le donne, e pazienza per quelle che trovano più credibile un tizio che vuol vendergli un computer nel parcheggio di un autogrill, che una co-conduttrice di Sanremo etero, bianca e cis firmata dalla testa ai piedi che vuole istruirle nel femminismo.

 

In attesa di un Fratello d’Italia che in giornata accusi i deputati Pd di aver aizzato Blanco su ordine di Cospito in combutta con i mafiosi al 41-bis, prepariamoci alla seconda serata, nel cast i Black Eyed Peas, Massimo Ranieri, Al Bano e, per par condicio con Mattarella e la Costituzione, Emanuele Filiberto di Savoia, per una commemorazione dei 175 anni dello Statuto Albertino. Se rimane tempo, a notte fonda salirà sul palco anche qualche cantante in gara. Tanto, come canta Marco Mengoni (primo nella classifica parziale) «lo so che tu non dormi dormi dormi dormi dormi mai».