Salvini e gli scippi musicali: da La Rappresentante di Lista a Vasco

Redazione
04/08/2022

La Rappresentante di Lista contro Salvini per l'utilizzo di CiaoCiao a un comizio. Ma non è la prima volta per il leader della Lega che in passato ha fatto lo stesso con Vasco, Nino D'Angelo e Rovazzi.

Salvini e gli scippi musicali: da La Rappresentante di Lista a Vasco

Matteo Salvini ci è ricascato. O meglio, come direbbe Achille Lauro tanto per stare in tema, «Ci son cascato di nuovo». Già perché usare Ciao Ciao, il successo sanremese del gruppo la Rappresentante di Lista, in un comizio della Lega non è stata proprio un’ideona. Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina non hanno perso tempo e su Twitter hanno ripreso il segretario del Carroccio: «Ci arriva voce che al comizio di Salvini il dj abbia messo #ciaociao. La nostra maledizione sta per abbattersi su di te, becero abusatore di hit».

Salvini ha abbozzato e su Facebook ha risposto: «Cara Rappresentante, onestamente non ci ho fatto caso visto che ero in mezzo a tantissima bella gente. Sperando che la maledizione non abbia effetti, confesso (mea culpa) che la tua #ciaociao mi piace parecchio».

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Vasco Rossi (Getty Images)

I precedenti scippi musicali di Salvini: lo scontro con Vasco

Non ci avrà fatto caso, ma non sarebbe appunto – vedi Lauro sopra – la prima volta che Salvini scippa canzoni per usarle presso il ‘suo’ popolo. L’accusa di essere “abusatore di hit” non è quindi del tutto campata per aria. Lo scontro più acceso, anche mediaticamente, fu quello del Capitano contro il Komandante. Era il 2016 e Salvini aveva scelto C’è chi dice no come colonna sonora della campagna per il no al referendum costituzionale promosso da Renzi. «Mi dissocio dalla facile strumentalizzazione a scopo politico, in questo periodo, della mia canzone C’è chi dice no! La propaganda politica stia alla larga dalle mie canzoni», tuonò Vasco. Che nel 2019 dovette ripetere la ramazina all’allora pentastellato Gianluigi Paragone che aveva preso a prestito i versi della stessa canzone per esprimere il proprio dissenso all’accordo giallo-rosso. Anche quel caso la rockstar di Zocca la citazione non andò giù: «C’è chi dice no lo dico io», mise in chiaro Vasco sui social, «i politici devono mettere giù le mani dalle mie canzoni! Che imparino a usare parole originali loro e a non strumentalizzare la musica! C’è chi usa le mie canzoni per le sue campagne politiche e di opinione. Voglio sia chiaro che io non autorizzo nessuno a farlo e per quello che mi è possibile cerco di impedirlo! Tanto meno si può pensare che io sia d’accordo con le opinioni di chi usa le mia musica per chiarire le sue idee confuse!».

Fabio Rovazzi (Getty Images).

Jamme Ja e Andiamo a comandare: le polemiche con Nino D’Angelo e Rovazzi

Salvini probabilmente farà anche oggi orecchie da mercante, come in passato. Visto che prima che da Vasco era stato stoppato pure da Nino D’Angelo e da Fabio Rovazzi. Nel 2015 il cantante napoletano diffidò Salvini per aver usato un suo brano – Jamme, Ja – negli spot della Lega. «Questo brano non potrebbe essere mai l’inno di chi ha fatto sempre dell’antimeridionalismo il suo punto di forza. Mai. Viva il sud!», puntò i piedi l’ex caschetto biondo. «Non li ho autorizzati a usare la mia musica». Nell’agosto 2016 fu invece Rovazzi a richiamare il leader del Carroccio che al raduno della Lega Nord di Pontirolo, nella Bergamasca, coniò uno nuovo slogan storpiando il suo tormentone Andiamo a comandare in «Andiamo a governare con la ruspa in tangenziale». Scatenandosi poi in un ballo tribale con i suoi sulle stesse note. Rovazzi commentò l’accaduto con una riga sui social: «Credevo di aver visto tutto nella vita ma… MI SBAGLIAVO».

https://www.facebook.com/Fabiorovazzi/videos/732200256918050/

 

A casa nostra qualche guaio l’hanno avuto anche i grillini che, senza chiedere alcuna autorizzazione, nel 2015 avevano preso a prestito Divenire di Ludovico Einaudi usandola per uno spot propagandistico no-euro. Il compositore, tramite il suo staff, ottenne la rimozione. Salvini e grillini ovviamente sono in buona compagnia. Donald Trump, nella campagna 2016 scelse di usare We are the champions dei Queen per il suo teatrale ingresso sul palco. Brian May prese immediatamente le distanze, seguito dalla Sony. Poco dopo nacque una vera e propria campagna contro l’allora candidato – e i politici in generale – al grido di «Don’t Use Our Song» firmato Usher, Sheryl Crow, Josh Groban, Cyndi Lauper e altri artisti. Qualcosa del genere era successo anche a Ronald Reagan che aveva evidentemente travisato Born in the Usa di Bruce Springsteen. Quando si dice il fiuto per la musica.