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L’attacco ipocrita di Salvini a Lamorgese dopo l’indagine sul caporalato

Dopo l’ultima indagine sul caporalato in Puglia, Matteo Salvini ha attaccato la ministra Lamorgese. Nel mirino Michele Di Bari, funzionario del Viminale, la cui moglie risulta coinvolta nella vicenda. A piazzarlo lì, però, era stato proprio il leader del Carroccio.

11 Dicembre 2021 15:555 Febbraio 2022 10:53 Giulio Cavalli
Salvini ha attaccato Lamorgese per il ruolo di Michele Di Bari, in seguito alle indagini sul caporalato, ma era stato lui a volerlo al Viminale

Nostra signora dell’ipocrisia è una sciantosa che sfila tutte le settimane sui quotidiani, indifferente alla logica e alla verità. Questa settimana nostra signoria dell’ipocrisia aleggia, succede spesso, intorno al Viminale dove Matteo Salvini deve avere lasciato un’incontenibile malinconia, se quando qualche allarme si accende da quelle parti non riesce ad arginare la propria rabbia. Solo che è rabbia illogica, controproducente e anche ipocrita, così nostra signora dell’ipocrisia smutanda i personaggi in commedia, lasciando ogni volta una sensazione di disagio difficile perfino da scrivere.

Questa settimana si tratta di attaccare la ministra Lamorgese per le dimissioni del capo dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del ministero dell’Interno, Michele Di Bari, che ha lasciato la sua posizione dopo l’indagine per caporalato a carico della moglie. È accusata di avere sfruttato numerosi braccianti africani che in Puglia dormivano nella baraccopoli di Borgo Mezzanone. Sia chiaro, che la moglie di un funzionario venga indagata per gli stessi fenomeni criminali su cui dovrebbe vigilare il marito è l’ennesimo sturbo provocato dalla politica quando appare debole nei rapporti tra controllati e controllori. Il punto, però, è che nonostante le dimissioni (opportune) di Michele Di Bari, Salvini e la cricca di sovranisti al completo non sono riusciti a trattenere la bile contro il ministero dell’Interno. In una storia in cui ci sono stranieri, per di più neri, soprattutto illegali, c’è anche un presunto lavoro rubato agli italiani e presunti buonisti. Galleggiano, insomma, tutti gli ingredienti per la retorica salviniana.

Salvini ha attaccato Lamorgese per il ruolo di Michele Di Bari, in seguito alle indagini sul caporalato, ma era stato lui a volerlo al Viminale
Michele Di Bari (YouTube)

Il miglior vaccino per tenere lontana l’ipocrisia è la memoria

Il miglior vaccino per tenere lontana nostra signora dell’ipocrisia è la memoria. Esercitarla rimane un allenamento perfetto per smontare la retorica e per possedere gli elementi utili al giudizio. Chi è Michele Di Bari, il presunto buonista che si arricchisce con gli immigrati e che sarebbe nemico della patria? Di Bari è l’ex prefetto di Reggio Calabria che, attraverso i suoi ispettori (e quelli dello Spray inviati dal ministero dell’Interno) si è battuto per smontare Mimmo Lucano e l’esperienza di accoglienza a Riace. Non è una sensazione: il procuratori di Locri Luigi D’Alessio durante la requisitoria del pubblico ministero Michele Permunian – che chiese 7 anni per Mimmo Lucano – disse testualmente che «quello che ha mosso questa indagine è la relazione prefettizia molto dettagliata». Una relazione che già conteneva l’invito di aprire un’indagine («potrebbero emergere anche profili di responsabilità di altra natura di competenza del magistrato penale», si leggeva nelle ultime righe) e che finì in bella mostra sulle pagine de Il Giornale.

Stiamo parlando, insomma, di un prefetto che non era propriamente un buonista e che sicuramente non era celebrato dalla parte dei buonisti. Proprio no. Basti pensare che il viceprefetto Francesco Campolo invece redisse una relazione opposta, che descriveva Lucano come «un uomo che ha dedicato all’accoglienza buona parte della propria vita, combattendo battaglie personali e raccogliendo riconoscimenti internazionali di assoluto prestigio». Ora, attenti a come continua la storia: la relazione positiva del viceprefetto non esce su nessun giornale e Francesco Campolo viene prontamente trasferito dopo essere stato accusato di avere disatteso le aspettative del suo superiore, mentre il suo superiore (proprio Di Bari) viene prontamente promosso con una bella scrivania al Viminale sapete da chi? Dal ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Salvini ha attaccato Lamorgese per il ruolo di Michele Di Bari, in seguito alle indagini sul caporalato, ma era stato lui a volerlo al Viminale
La ministra Luciana Lamorgese (Getty)

Matteo Salvini attacca la ministra Lamorgese per le responsabilità di un uomo che lui stesso ha promosso al ministero

Qual è la morale della favola? Matteo Salvini attacca la ministra Lamorgese per presunte responsabilità sui comportamenti della moglie di un funzionario che lui stesso ha promosso al ministero. E come lo fa? Spostando Di Bari dal cassetto degli amici che si sono messi pancia a terra per smontare la retorica buonista, nel reparto dei buonisti. Quindi se è vero che, secondo il leader della Lega, la situazione al ministero sarebbe disastrosa per colpa di gente come Di Bari, allora Salvini è l’artefice del disastro. Non male, vero? Però, pensateci bene: chi ha il tempo e la voglia di leggersi un pezzo di quasi 700 parole quando basta mettere un cuoricino a un semplice e breve tweet? Con buona pace di nostra signora dell’ipocrisia, che anche oggi ha potuto pascolare tranquilla.

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